Cultura e Spettacoli

Inderogabile il rispetto “erga omnes” gli uomini d’onore e i codici d’onore ?

Dopo aver, martedì, 8 aprile 2014, visionato su “La 7” il Film “Codice d’onore” per la Regia di Rob Reiner, con, tra gli altri, Tom Cruise,  Jak Nicholson,  Demi Moore, CI siamo per una strana coincidenza imbattuti in un breve Scritto del 2011 di Donato Didonna. Quali le Argomentazioni dell’Imprenditore barese, di adozione palermitano? Se solchiamo l’oceano Atlantico, notiamo che espressioni quali ”uomini d’onore” e “codici d’onore”  si differenziano, semanticamente, se usati in sicilia, calabria, campania, prioritariamente (ma, anche, in tutta l’italietta, dal momento che, secondo Sciascia, le palme, anno dopo anno, stanno risalendo, ininterrottamente, la penisola), o in ben identificati ambienti degli “states”. Di tanto Didonna è stato Informato dal Figlio, che Studia a Princeton, il quale Gli ha Riferito che in quella Università vige un “Codice d’Onore” rigorosissimo, per cui gli studenti, nel sostenere  gli esami scritti, sono liberi di “domiciliarsi” ovunque, anche, nelle stanze, quotidianamente, da essi occupate, impegnandosi, però, a non invocare alcun aiutino, a non copiare e di segnalare alle autorità accademiche eventuali altrui violazioni del “Codice”. Che, se dovessero essere messe in atto e scoperte, marchierebbero, senza appello, l’incauto o gli incauti, come inaffidabili. Quindi, massima Fiducia nell’Integrità Etica degli studenti, “sed” minaccia di sanzioni implacabili nel caso qualcuno di essi  s’azzardasse a buttare alle ortiche la sua Reputazione. Che dire di ciò che accade  nell’italietta ? Paesucolo, nel quale la prima domanda, che le mammine – matriarche o le nonnine piccolo – borghesi rivolgono ai loro pargoli, di ritorno da un qualsiasi esame scritto, è codesta: “E’ stata tollerante la commissione ? Vi hanno lasciato copiare ?”. Che dire dei machiavelli elettronici, cibernetici, messi in atto dagli studenti (????), con la  miserabile complicità dei loro genitori e di prezzolati commissari, che negli anni scorsi hanno (attualmente, pare, che chi di dovere abbia approntato adeguate misure per evitare scandalosi brogli o imbrogli)  affrontato le prove per l’accesso alle facoltà a numero chiuso ? Inoltre, essere “uomini d’onore” e tener fede a un “codice d’onore” in tanta parte dello stivale significa appartenere con giuramento ad un gruppo malavitoso che prescrive delle regole ferree di comportamento per cui, se esse dovessero essere trasgredite, si è dal gruppo puniti con la morte. Codesta sottocultura mafiosa, camorristica, ndrina, ha influenzato tutti i condòmini dell’italietta che, giammai, si fecero Italiani, secondo quanto, vanamente, Auspicava Massimo D’Azeglio; che non hanno alcuna Concezione di ciò che è Giusto, oggettivamente, del Bene Comune, degli Interessi Generali della Comunità, sebbene è giusto, è bene ciò che fa la prospera felicità,  l’interesse dell’orticello famigliare, quando giustapposto, quando in associazione, spesso, a delinquere, con altri orticelli famigliari, mafiosamente, camorristicamente, drinamente, comunque, costituiti. Se, poi, i condomini italiettini escono dal ghetto, dal clan famigliare e vanno a far parte di “corpi” trans o sovra famigliari, come ad esempio, i partiti, portano in essi lo spirito di appartenenza mafiosa, al quale sono stati educati in famiglia, e “Per contrasto – Dice Didonna – non posso non pensare al nostro presidente del consiglio e al nostro parlamento dove ben 315  membri, rispondendo a ben altro codice d’onore, questo sì perfettamente comprensibile dalle mie parti (cioè in puglia, in sicilia, in calabria, in campania, NOI Precisiamo) hanno ritenuto di credere che la famosa telefonata in Questura fosse motivata dall’esigenza di evitare un…incidente diplomatico”. Allora, la domanda d’obbligo è codesta: poiché ognuno di quei 315 era seduto sullo scranno di una delle  più alte istituzioni della repubblica italiettina, grazie all’appartenenza al “gruppo”, parlamentare, di cui berlusconi era il “leader”, acclamato dal popolo bue,  aveva il dovere di obbedire al ”dictat” del gruppo di appartenenza che gli imponeva di votare in favore del premier di esso e, quindi, di salvarlo dalle conseguenze morali e penali di una scandalosa menzogna, reiteratamente, pronunciata in più occasioni e a più uffici, pur conoscendo la verità sull’effettivo svolgimento dei fatti, rassegnandosi ad essere un politico, “mafiosamente, d’onore”, ligio ad un “codice d’onore”, percepito secondo lo spirito di una organizzazione mafiosa ? O, con un sussulto di umana Dignità, Elevandosi all’Altezza Costituzionale dell’Assemblea, di cui faceva parte, Disobbedendo ad un ordine che lo abbassava a far parte di un manipolo di sconsiderati cortigiani di un “boss”, avrebbe dovuto Vestire di più nobile Senso, Accezione, Valore l’Essere “Uomo d’Onore” e il Complesso di Regole Etiche a cui Egli, solo, doveva Rispondere, quale stella polare della sua Condotta di Uomo ? Mentre Scriviamo, Apprendiamo da “Rai news 24” che un militare italiano, di stanza nel 2003 nella base di  “nassiriya”, in iraq, a “Le Iene” ha svelato le torture inflitte dagli italiani ai prigionieri per farli parlare durante gli interrogatori. A dire il vero, gli italiani, popolo, a torto, di “brava gente”, secondo la retorica e l’immaginario collettivo, non sono nuovi alle efferatezze che sarebbero state compiute in iraq e nelle napolitaniane missioni di “pace armata”. Infatti, nel 1997 alcuni militari impegnati in somalia furono accusati di violenze e stupri sui somali. Per non parlare dell’inenarrabile che i governi prefascisti e mussolini ordinarono a comandanti delle campagne militari per farci guadagnare, colonialisticamente, “un posto al sole”. E’ ovvio, è indubitabile che  non le supposte, ma le, storicamente documentate, violenze sui prigionieri e sulle popolazioni inermi, perpetrate dai militari italiettini, oltre che “frutto” di, altrettanto, indubitabili ordini superiori, sono e sono state, anche, il portato di possenti lavaggi dei cervelli nell’addestramento degli indossatori di divise con striminzita greca sui “copricervice” d’ordinanza, per cui, al bando tutte le Convenzioni di Ginevra, il prigioniero non è un Uomo, ma un corpo da annientare. Per gli addestratori della truppa l’unico “codice d’onore” è l’obbedienza a tutti gli ordini, anche a quelli che possano apparire disumani, ché l’obbedire produce il bene del reparto, del corpo, della patria, benedetti da dio. “Tamen”, non di rado, avviene che qualche militare, per innumeri motivazioni, rompa il muro di omertà, altrettanto, non di rado, pagando la disubbidienza, eziandio, con la morte, a lui data dagli stessi suoi commilitoni, su ordine, giammai scritto, di un superiore di alto livello gerarchico, per punirlo di aver trasgredito un “codice rosso” non contemplato in alcuna codificazione militare ufficiale. Di tanto e di questo  si tratta nel Film, il cui titolo abbiamo Anticipato nell’ ”incipit” di questo nostro Scritto. Bisogna, preliminarmente, dire che non in tutti gli ambienti degli “states” vengono Messe in Risalto l’Integrità, la Fiducia, la Reputazione, come accade nelle Dinamiche della Vita Accademica. Studiare o Insegnare in una Università più che in un’Altra può, magari, Riempire di Orgoglio uno Studente o un Professore, ma il senso di Appartenenza ad Essa non assume aspetti, caratteristiche schizoidi, paranoici, ossessivi, come quelli che si potrebbero rilevare nei “marines”, ad esempio, il cui addestramento serve, soprattutto, ad inculcare nelle reclute che essi non appartengono ad altro che al “reparto, al corpo, a dio, alla patria”. Di questo mondo, che nel suo imperioso fondamentalismo assume toni da cruenta, feroce barzelletta, è una struggente Denuncia il Film “Codice d’onore” del 1992,  che Rimarca i confini della Legalità e dell’obbedienza acritica di automi, senza porre mente a cosa, a chi si debba ubbidire. Vogliamo, subito, anticipare che si deve all’ottima Prova dei Doppiatori Italiani,  se  “Codice d’onore” è un Film che Appassiona le platee italiettine e ad esse riesce a far godere le battute migliori e i non radi dialoghi pieni di brio, di pronta, vivace sottigliezza. Pur contestualizzando il suo Lavoro filmico nei “topoi”, nei  “cliché” della drammatica giudiziaria, la Regia di Rob Reiner, ammirevolmente, con Acume, con Intelligenza Riesce a dare ampio Respiro ad una meschina, brutale  storia da caserma e a farla Assurgere ad avvilente metafora di tutta la storia degli “states”, dei comportamenti irriguardosi, a dir poco, dei governanti di essi, di ieri e di oggi, nei riguardi della libera Autodeterminazione dei popoli del pianeta. La Sceneggiatura Consegna alla Regia Personaggi ben Disegnati in grado di Trasmettere allo spettatore un’aura di “suspense” che Intriga, senza soluzione di continuità, la sua attenzione. Ottima l’Interpretazione di J. Nicholson nelle epiche Scene in cui è Chiamato a CalarSi nei panni di un militare esaltato e paranoico; appena convincente Tom Cruise, scavezzacollo avvocato, per non faticare troppo, uso a patteggiare con l’accusa le pene da comminare ai suoi assistiti, che, per miracolo, quasi, riesce, catarticamente, a sottrarsi alla superficialità dei suoi limiti caratteriali e a condurre un dibattimento processuale di intrinseco suo coinvolgimento nella disavventura dei suoi assistiti, che rischiavano la pena di morte, sì da farli assolvere; la recitazione della bella Moore non lascia il segno e viene, irrevocabilemete, confinata in un ruolo di secondo piano; “tamen”, nel complesso un cast di attori di buon livello. Per Riassumere: La  “pièce di Aoron Sorkin, Sceneggiatore di “Codice d’onore”, ci ragguaglia di due “marines” della base militare “usa” di guaantànamo a cuba, deferiti al tribunale militare per aver fatto uso del “codice rosso”, causando la morte di un commilitone che minacciava di rendere di pubblico dominio  l’uso, per così dire, avventato, irrituale delle armi nella base. Il trio dei difensori si convince, prima di tutto, che l’applicazione da parte dei due “marines” del ”codice rosso”, la norma non scritta che imponeva correzioni fisiche da parte dei compagni stessi a coloro che sbagliavano, fosse stata autorizzata dai loro superiori e che la morte di  santiago (“Chi cazzo è questo william t. Santiago”, bofonchia  il col. nathan r. jessep, comandante della base di guantànamo) fosse stata determinata da problemi cardiaci, che egli ignorava. La difesa riesce: a far confessare il colonnello jessep di aver ordinato il “codice rosso”; a far assolvere, di conseguenza,  i suoi assistiti dalle accuse più gravi, che avrebbero comportato la pena di morte per essi, ma vengono essi radiati con disonore dal corpo dei “marines”. Abbiamo, precedentemente, Proclamato che una trista storia  casermesca assurge a metafora di tutta le storia di soperchierie, di soprusi, di minacce degli inquilini provvisori della “casa bianca” e delle lobby, specie militari, ad essi sodali, nei confronti dei popoli più deboli, militarmente, che il Film Si Adopra di Stigmatizzare. Ecco come si autogiustifica il colonnello jessep, così come si autogiustificherebbero i presidenti degli “states”, quasi come si autogiustifica il lupo delle angherie sue nei confronti dell’agnello nella famosa Favola di Fedro ”Il lupo e l’agnello: “Tu non puoi reggere la verità. Figliolo, viviamo in un mondo pieno di muri e quei muri devono essere sorvegliati da uomini col fucile. Chi lo fa questo lavoro?…La morte di Santiago, nella sua tragicità, probabilmente, ha salvato delle vite… Io non ho né il tempo, né la voglia di venire qui a spiegare me stesso a un uomo che passa la sua vita a dormire sotto la coperta di quella libertà che io gli fornisco. E poi contesta il modo in cui io gliela fornisco”.      

Pietro Aretino, già Detto Avena Gaetano

pietroaretino38@alice.it       

 


Pubblicato il 11 Aprile 2014

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