Cultura e Spettacoli

Ingegneria naturalistica, il mea culpa dell’uomo

Le ferite inferte all’ambiente non sono granché dissimili da quella inferte a un corpo umano. Quando non irrimediabili, quest’ultimi traumi possono sanare spontaneamente o per intervento della medicina. Allo stesso modo a devastazioni ambientali sostenibili accade che conseguano fenomeni di rinaturalizzazione spontanea o indotta. Nel primo caso le forme vegetali riprendono il sopravvento adattandosi al nuovo stato di cose imposto dall’Uomo. Nel secondo, si cerca con materiali vivi (piante), inerti/naturali (legname, pietrame e ibre) e industriali (ferro, fibre sintetiche) di ripristinare lo status quo ante o di mitigare l’impatto ambientale prodotto da infrastrutture invasive come dighe e viadotti. A tale proposito si parla di ‘ingegneria naturalistica’. Nei casi più complessi questa nuova disciplina tecnico-scientifica interviene solo a consolidare o incentivare il ritorno della natura. La Puglia è stata spesso testimone di questo fai-e-disfa. Si pensi soprattutto alle tante voragini prodotte nel terreno o nei fianchi delle alture per ricavare pietra. La maggior parte di queste cave è in abbandono. Uno spettacolo miserando. Alcune di queste, però, presentano un aspetto meno sconfortante di quello che offrivano all’indomani del termine dell’attività estrattiva e ciò per effetto della mano congiunta dell’uomo e della natura. E’ il caso delle dismesse Cave di San Samuele di Cafiero, in contrada San Samuele, a 3,5 chilometri da San Ferdinando. Cominciarono a funzionare agli inizi dell’Ottocento quando Luigi Cafiero, un possidente di origini nobiliari, decise d’ investire nell’attività estrattiva sfruttando quei dieci ettari di terreno di cui era proprietario.Ma le modalità di estrazione (l’uso massiccio della dinamite per avere ragione di una roccia particolarmente compatta) anticiparono l’esaurirsi del giacimento. Negli anni sessanta l’attività estrattiva s’interruppe per sempre e quei dieci ettari vennero abbandonati a se stessi. L’abbandono produsse nel tempo un massiccio fenomeno di rinaturalizzazione (e offrì anche il destro ai soliti incivili per trasformare il sito in discarica). Poi, con l’istituzione del Parco la stessa area divenne prima oggetto di un lavoro di bonifica del costo di 285mila euro, poi di importanti interventi di ingegneria naturalistica. Risultato finale, una piccola area forestale di grande valore strategico. La risorsa è stata di recente valorizzata da una serie di piccole opere : un centro visite a beneficio di scolaresche e visitatori, un’altana in legno per l’osservazione dell’avifauna acquatica e un piccolo anfiteatro in pietra per manifestazioni. Si pensa pure di adibire una delle cave a specchio d’acqua per l’avifauna migratoria e di restaurare a scopo didattico un reperto di tecnologia industriale, un frantoio del 1932 a trazione animale pensato per frantumare i blocchi di pietra e ricavarne breccia. – Nell’immagine, lavori di ingegneria naturalistica per ricostruire una porzione di montagna asportata da una cava.

 

Italo Interesse

 


Pubblicato il 12 Marzo 2021

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