Cultura e Spettacoli

Kore, la Luce e l’Ombra

Con un doppio allestimento della compagnia Virgilio Sieni si è chiuso al Kismet l’edizione 2015 di ‘danzAbari’. Giovedì 23 è andato in scena ‘Dolce vita – Archeologia della passione’, venerdì è toccato a ‘Kore’. Due cose ben diverse e che hanno diviso la platea. Il primo lavoro, coreografato da Virgilio Sieni è racconto  in cinque quadri del senso della comunità in parallelo alla cronaca evangelica della Passione. Ciò avviene attraverso la scarna e lacerante essenzialità del gesto di giovani che si avvicinano, si sfiorano, si riconoscono, solidarizzano e dopo vanno in diaspora prima di tornare ad avvicinarsi, ritrovarsi e così via. Un angelo smarrito è l’Annunciazione ; candidi cappelli a cono segnano il martirio (Crocifissione) ; intorno ad assi di legno si reitera, differenziata, la Deposizione ; su un tappeto bianco come una Sindone si consuma la Pietà ; infine un’incredulità ariosa saluta la Resurrezione. Ad avvolgere il tutto, musiche anche ossessive e avare di speranza eseguite dal vivo e al contrabbasso dallo stesso autore, Daniele Roccato. Un lavoro irrorato da una luce quasi sempre statica e che quasi mai disegna ombre. Otto danzatori si consumano in un movimento per lo più agitato, teso, senza sorriso. Nel complesso un lavoro nitido, ma spigoloso ed algido. Tutt’altra cosa ‘Kore’, liberamente tratto da ‘La ragazza indicibile. Mito e mistero di Kore’, di Giorgio Agamben e Monica Ferrando, un saggio che si ispira alla figura di Persefone. Racconta il mito che Persefone (detta anche Kore, cioè fanciulla), figlia di Zeus e Demetra, la dea dell’agricoltura, venne rapita da Ades, il dio dei morti, e condotta nell’Oltretomba, di cui divenne regina. Disperata, Demetra rese sterile la terra. Allora, per scongiurare la fine della vita, Zeus intervenne disponendo che Persefone trascorresse nel mondo dei vivi due terzi dell’anno e che il restante terzo, cioè quei mesi in cui la natura rimane spoglia, lo passasse nel regno dei morti accanto al marito. Qui Sieni (ancora suo il disegno coreografico) frange la performance in tre frazioni : il rapimento di Kore, il suo ritrovarsi nel mondo del buio e il ritorno alla luce. Così, una bravissima Ramona Caia è prima una bambolina strapazzata e smarrita di cui non si scorge il volto, poi un’ombra tormentata, quindi una donna finalmente a viso scoperto ma con una traccia di languore. Un dire delicatissimo, quello della Caia, aiutata in questo da felici scelte musicali. Un motivo struggente si alterna con grande risultato ad un rombo confuso, sordo e lontano che richiama l’idea degli Inferi. Meritati applausi ad un’opera insignita del Premio Danza&Danza come migliore produzione italiana del 2012.

Italo Interesse

 


Pubblicato il 28 Aprile 2015

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