Cultura e Spettacoli

La carta ‘della gioia’ e quella ‘del dolore’

Chi non conosce il Mercante in Fiera, questo gioco tipicamente nostrano e natalizio? Impossibile risalire al suo inventore. Non meno facile è trovare tutti d’accordo in merito alle regole, che nessuno ha mai codificato. Per cui si può dire che, con infinite varianti, esiste un ‘Mercante’ per ogni nucleo famigliare. Il successo di questo gioco si spiega anche con la sua capacità d’essere personalizzato a seconda del contesto in cui lo si pratica. Esiste però una sorta di spartiacque al suo interno da cui discendono due scuole di pensiero, cioè : il Mercante deve solo condurre il gioco avendo come unico scopo raccogliere il più alto montepremi,  oppure è in diritto di dirigere l’asta a proprio vantaggio? Nel primo caso ne guadagna la spettacolarità del gioco, nel secondo – predominando l’istinto mercantile – il gioco è più coerente col suo stesso nome. E poi, le carte a disposizione vanno tutte battute all’asta o solo in parte? Qui prevale la linea di mezzo, per cui un parte delle carte – esigua o non esigua – viene venduta a prezzo fisso e le altre a stock, a prezzo ovviamente variabile. A quest’ultimo proposito emerge un’altra vexata questio, ovvero se l’entità dello stock sia o meno totalmente a discrezione del cartaro (altrimenti detto Mercante). Se il cartaro ha da questo punto di vista carta bianca, deve però (e qui tutti convengono) ‘dare un’idea’ dell’entità dello stock. Il problema il più delle volte si risolve con l’obbligo a carico del Mercante di agitare in uno scatolino di cartone (chiuso) le carte messe in vendita. Chi abbia l’orecchio attento può farsi un’idea se la ‘partita di merce’ in vendita è un bidone o un affare. E infine il numero dei premi. Se la partita è a colore assolutamente domestico si cerca di fissare in quattro, cinque (anche sei) il numero delle carte vincenti ; è un modo ‘democratico’ per scontentare il minor numero di giocatori. Ma se fra questi si fanno largo i lupi del panno verde le cose cambiano : Non più di tre premi, di cui il primo altissimo, il secondo pari a un quarto del montepremi e l’ultimo ridotto ad una manciata di spiccioli. Quella pagata in modo vile è la cosiddetta ‘carta scattacore’. Sua funzione (in verità crudele) è aumentare la suspence e, tra l’altro, regalare una perfida soddisfazione a chi – escluso dal gioco – provi invidia verso chi sia andato sino in fondo col gioco. E non basta. Al momento della resa dei conti è il premio di mezzo ad essere scoperto per primo, e col costume dello spulciare la carta. Infine le carte maledette, quella ‘della gioia’ e quella ‘del dolore’. Vengono rivoltate di botto e contemporaneamente in mezzo al massimo clamore. A meno che i giocatori rimasti in lizza, temendo la carta del dolore, non arrivino a patteggiare : Fare un tutt’uno e spartire equamente.
Italo Interesse
 
 
 
 
 
 


Pubblicato il 28 Dicembre 2011

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