Cultura e Spettacoli

La scheggia fra i chianconi

E’ calato il sipario su Focus Puglia, la rassegna di Teatro che in tre giorni ha visto   forze di casa nostra impegnate sul palcoscenico del Kismet. Su tutti Roberto Corradino ha lasciato un segno profondo, un graffio somigliante a quelle fratture nella roccia che contraddistinguono la nostra Murgia. Non a caso questa nuova produzione Reggimenti Carri s’intitola ‘Skàusche’, che in lingua murgiana vuol dire scheggia, bruscolo, pagliuzza, cosa da niente. ‘Skàusche’ doveva essere un film in memoria di Michele C. prima che ragioni diverse inducessero Corradino a sterzare verso il teatro di narrazione. Svolta felicissima e nella quale non va letta alcuna soluzione di ripiego. Qui si racconta la storia di Angelino, la cui tragedia si consuma a cavallo degli anni settanta, periodo nel quale non furono pochi i suicidi fra i pastorelli di Altamura e dintorni, queste povere ‘skàusche’ di umanità schiavizzate all’età di otto anni e protagoniste di gesti di muta ribellione ad un costume secolare. Quella di Angelino è parabola breve, amara dall’inizio alla fine. La sua è un’altra vita bruciata, derubata del colore già dalla culla. Questa condizione ‘daltonica’ fa attrito con l’incredibile dimensione cromatica di questa terra meravigliosa al poeta ma  tormentosa al pastorello cresciuto sotto lo schiaffo del padrone, del massaro e dei genitori. Parafrasando Levi, Cristo si è fermato alle propaggini di questo ‘inferno’ silenzioso e spopolato, dominato dal verde, dalle pietre, dal vento, dal cielo. Se nasci dalla parte sbagliata, non puoi che lasciare anzitempo la pelle sulla Murgia. Malgrado i molti spunti comici, ma dal retrogusto amarissimo, ‘Skausche’ ha il suono del silenzio al cospetto di una lapide. Nel finale la voce del Jim Morrison di ‘The end’ lacera il silenzio con la forza di un lamento funebre, ha il fruscio del sudario adagiato sul crocifisso di turno. Corradino è toccante. La sua liturgia del racconto ha sapore vagamente blues.  – Focus Puglia ha visto in cartellone altri due lavori, ‘A casa’ (Teatro dell’Altopiano) e ‘L’agnello di Dio’ (compagnia CasaTeatro).  Il primo lavoro si incentra su un testo di Donatella Caprioglio che indaga nella psiche femminile, senza però lasciare il segno. La regia di Carlo Formigoni e la generosità delle interpreti (Angelica Schiavone, Renza De Cesare e Antonella Colucci) cavano dalla noia qualche spunto interessante. – ‘L’agnello di Dio’ racconta di una donna che, sulle tracce di Dio, si consuma una solitudine impotente. Lello Tedeschi, sfrutta un’idea di Piera del Giudice e costruisce intorno alla stessa giovane, generosa e promettente interprete un testo opportuno.

 

Italo Interesse

 

 

 


Pubblicato il 8 Marzo 2017

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