Cultura e Spettacoli

L’arciprete intervenne e da Porta Bari…

Non è mai stato possibile stabilire l’esatto numero dei morti della rivoluzione di Altamura del 1799. Ma furono tanti. Avrebbero potuto essere tantissimi senza l’intervento di un alto prelato…  Tutto ebbe inizio a febbraio di quell’anno, quando  giunse ad Altamura la notizia del Re in fuga a Palermo  : Erano arrivati i francesi a sostegno della neonata Repubblica Partenopea. Alla nuova, il popolo altamurano abbracciò l’ideale rivoluzionario e subito innalzò l’Albero della Libertà, che di quel nuovo ordine era l’emblema. Sappiamo quale sviluppo ebbero le cose. Da Palermo, Ferdinando diede carta bianca al cardinale Ruffo il quale, assoldati plebei e malviventi, mise insieme un temibile esercito, poi battezzato ‘Della Santa Fede’. Invece di sfidare i francesi in campo aperto, i Sanfedisti trovavano più utile attaccare le città ribelli meno difese, metterle a sacco, punire esemplarmente i rivoluzioni e ristabilire il potere di re Ferdinando. Dopo Matera, il mattino del 9 maggio fu la volta di Altamura, che fu messa sotto assedio. Armati alla meglio, gli altamurani opposero una fiera resistenza. Ma già nel pomeriggio era evidente che presto l’orda sanfedista avrebbe preso la città. L’eccidio era nell’aria. Ecco allora intervenire l’arciprete della Cattedrale, Gioacchino De Gemmis. Nato a Terlizzi il 4 ottobre del 1746 (ricorre oggi il 273esimo anniversario della nascita), De Gemmis era figlio del barone Tommaso De Gemmis e di donna Francesca Bruni dei baroni di Cannavalle. Come tale, era destinato ad una brillantissima carriera ecclesiastica (sarebbe infatti diventato Vescovo). Il prestigio di cui godeva era tale che potette lasciare la città per avere un incontro con Ruffo, il quale occupava una tenda del vasto accampamento sanfedista. De Gemmis invocò clemenza ma Ruffo rispose che avrebbe risparmiato la città solo se tutti avessero deposto le armi, spalancate le porte e ‘i colpevoli’ si fossero sottoposti al giudizio di un tribunale sanfedista. Una richiesta ovviamente inaccettabile, poiché di fatto equivale a mettere a morte tutti gli altamurani senza nemmeno prendersi la briga di ingaggiare combattimento. De Gemmis, tuttavia, non rientrò in Altamura scoraggiato. Sapendo che il cardinale aveva a cuore, sì, di consegnare la città al Borbone, non di legare il proprio nome ad un bagno di sangue di portata storica e che alla lunga gli avrebbe nuociuto, aveva abilmente fatto leva su questo punto. Qualcosa poteva ancora succedere… E qualcosa successe. Verso le 22:30 le truppe che assediavano Porta Bari ebbero l’inspiegabile ordine di allontanarsi. Increduli, gli altamurani titubarono prima di osare. Poi osarono. Indisturbati, ebbero modo di fuggire. E lo fecero in massa. Quelli che non ne ebbero il tempo, che non seppero o che non vollero fuggire patirono l’indomani lo strazio della devastazione della più efferata vendetta. Comunque una carneficina di gran lunga inferiore a quella che si annunciava. De Gemmis, che era rimasto al suo posto, venne risparmiato. Passata poi la gran buriana, fu promosso vescovo di Melfi e Rapolla. Morì a Terlizzi nel 1822.

 

Italo Interesse


Pubblicato il 4 Ottobre 2019

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