Cultura e Spettacoli

L’arte scenica è alla frutta?

 

Con un acuto è sceso il sipario su ‘Movimenti teatrali’. L’ultimo atto di questa preziosa rassegna promossa dal Piccolo Teatro di Bari non poteva avere titolo migliore. Così (‘L’ultimo atto’) Antonio Minelli ha voluto battezzare questo suo testo, che egli, con le forze della compagnia Formediterre, ha pure messo in scena  giovedì scorso alla Vallisa. Un Minelli arrabbiatissimo qui si sciacqua la bocca ; ‘L’ultimo atto’ trasuda amarezza dalla prima all’ultima battuta. Ambientata in un futuro “piuttosto prossimo”, l’opera racconta il canto del cigno del teatro, è De Profundis di un’arte strangolata da un sistema di cose demenziale e affatto lungimirante. Il confronto intorno allo specifico teatrale fra i due personaggi in scena (interpretati con generosità da Leonarda Saffi e Barbara Schiavone) riflette una generale antitesi fra scuole di pensiero : quella che sempre più debolmente  insorge contro una civiltà ridotta a “discarica cerebrale” e l’altra, ormai egemone, che perora la causa di un sapere-saponetta e di un’informazione addomesticata. Il confronto ha luogo nel camerino di un’attrice della ‘vecchia guardia’ che attende il suo ultimo chi-è-di-scena? E funziona fino a quando lo scambio di battute poco a poco non evolve in un J’Accuse sacrosanto fin che si vuole ma troppo scoperto, perciò di contenuto effetto teatrale. Migliore il supporto iconografico dello spettacolo, affidato a Carlo Fusca, maturo pittore barese che si è costruito una solida fama con maxi tele dove vengono riprodotte scene di battaglia equestre di gusto grosso modo rinascimentale. Fusca dispone lo spazio scenico a trapezio, delimitandone la geometria con tre pannelli ; su quello di fondo è riprodotta una delle sue tele, mentre uno dei pannelli obliqui funge da schermo sul quale viene proiettata una galleria d’immagini di potente effetto psichedelico ; tutto materiale ricavato rovistando nella variegata produzione di Fusca, alternato coerentemente ad altre, e rielaborate, cose pescate in Rete. Al centro dello spazio scenico, un variopinto tappeto di abiti di scena. L’effetto fa pensare ora a quegli avanzi di naufragio che il mare fa trovare sulla battigia e che raccontano un dramma meglio di qualunque cronaca, ora a un amaro inventario. L’Ultima Attrice raccoglie uno alla volta i suoi ‘stracci’ e li stiva dentro cartoni. La sensazione è che con il culto dell’arte scenica a eclissarsi siano anche i suoi templi, teatri spianati a forza di ruspe per fare spazio a ipermercati, super strade, viadotti per la TAV, capannoni per la produzione in serie o altre cattedrali da deserto. Il mondo del futuro minaccia di fare a meno persino dei cattivi attori, sostituibili con più economiche ed efficienti creazioni virtuali. Tanto orrore non l’aveva immaginato nemmeno Orwell.

 

Italo Interesse


Pubblicato il 20 Marzo 2013

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