Cultura e Spettacoli

L’aviere depose i pennelli e incrociò le braccia

Il 24 ottobre del 1978, trentasette anni fa, si spegneva a Bari Roberto De Robertis, pittore ; era nato a Gravina di Puglia il 5 aprile 1910. Cominciò a soli tredici anni a manovrare i pennelli andando ‘a bottega’ da Mario Prayer, all’epoca (il 1923) tra i più affermati pittori pugliesi. Depose i pennelli solo poco prima di morire, dopo  cinquantacinque anni consacrati alla pittura e all’impegno culturale (fu tra i fautori del Maggio Barese, contribuì all’istituzione nel 1953 dell’Istituto d’Arte e nel 1970 dell’Accademia delle Belle Arti.). La sua ultima opera – incompiuta – s’intitola ‘Colombe sul cestino’. Dopo i ritratti di donna, furono le colombe il soggetto più amato da De Robertis, un soggetto ricorrente in questo artista che amava impostare le forme con pochi e solidi tratti, talora con asprezza sommaria e cromatismo aggressivo. Nel suo mezzo secolo di pittura, però, De Robertis non si espresse mai in maniera univoca e definitiva :  dal novecentismo passò alla cultura impressionista, prima di imboccare la strada dell’espressionismo. Tenne numerose personali ed ebbe rapporti di affettuosa amicizia con Guttuso e Cantatore. Sue tele sono conservate presso la Pinacoteca Provinciale Corrado Giaquinto di Bari. Altre cose, dipinte in termini non convenzionali, sono andate perdute. Ci riferiamo al ruolo di ‘decoratore’ che De Robertis ebbe durante la guerra. Arruolatosi in Aeronautica allo scoppio delle ostilità, svolse presso il suo reparto la funzione di ‘disegnatore’.  Non essendo un ingegnere aeronautico e non potendo perciò disegnare in termini progettuali  caccia, bombardieri o aerosiluranti, dovette – immaginiamo – decorare le fusoliere di quegli apparecchi secondo una prassi scaramantica diffusa anche presso altre aeronautiche, come quella nazista o anglo-americana. Si trattava, cioè, di ornare il tratto di fusoliera compreso tra l’elica e la cabina di pilotaggio del segno distintivo della squadriglia : un drago, un aquila, uno squalo, una tigre… Abitualmente queste immagini erano dipinte alla men peggio da avieri volenterosi. De Robertis, che non era tipo da fare cose alla buona, dovette dipingere capolavori che volarono in tutti i cieli. E’ una vera disdetta che di quelle cose non sia rimasta traccia. Rimane invece traccia delle molte tele dipinte in parallelo (e non destinate alla causa militare) di soggetto aeronautico, tra cui diverse varianti de ‘Il pilota ferito’. Escludiamo che il Nostro abbia anche ‘abbellito’ bombe. E’ poco noto che gli equipaggi dei bombardieri si divertivano a corredare gli ordigni che scagliavano contro il nemico di messaggi affatto carini (beccati questa Churchill, A morte i nemici della Patria, Crepate carogne…). Spesso questi messaggi erano accompagnati da figurazioni volgarucce e dal significato esplicito. Ma De Robertis era un artista. Lo immaginiamo scuotere il capo, deporre i pennelli e incrociare le braccia : Della robaccia si occupi un altro!… Era un artista lui.

Italo Interesse

 


Pubblicato il 24 Ottobre 2015

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