Cronaca

Le amministrative di Bitonto non saranno l’unico caso a geometria variabile in Puglia

Bitonto non sarà l’unico caso in Puglia e, più in particolare, in Terra di Bari dove le coalizioni a geometria variabile, per le amministrative del 12 giugno prossimo, composte da sigle e personaggi tradizionalmente di centrosinistra che sosteranno un candidato sindaco di centrodestra e viceversa. Ossia un candidato sindaco di centrosinistra che trova il gradimento ed il sostegno di sigle ed esponenti dell’area di centrodestra. Anomalie, queste, che a distanza di circa 30 anni dall’entrata in vigore dell’elezione diretta dei sindaci e del sistema elettorale maggioritario non possono più essere definite un’eccezione, né tantomeno una novità, ma che invece sono ormai un fatto fisiologico o (a secondo dei punti di vista!) patologico di un sistema elettorale che da tempo ha mostrato crepe insanabili e difetti che probabilmente sono ben peggiori dei mali per i quali, nel 1993, fu introdotto nel nostro Paese, in sostituzione – come si ricorderà – del precedente sistema elettorale proporzionale puro e con scelta del sindaco ed assessori in ambito consigliare e, quindi, per via indiretta. Un sistema, quello antecedente, di cui furono “passati ai raggi X” tutti i possibili difetti, o aberrazioni, che esso comportava sia sul piano politico che su quello amministrativo, ma che di certo per quasi un cinquantennio, cioè dal 1946 al 1993, aveva comunque contribuito a costruire e tenere in vita la democrazia in Italia, partendo dal basso, ossia dai cittadini e dall’istituzione più prossima a questi, quali sono per l’appunto i Comuni. Certo, a distanza di quasi cinquant’anni quel vecchio sistema necessitava di qualche ritocco, soprattutto per garantire stabilità e governabilità negli enti locali, che in talune circostanze venivano meno a causa delle fibrillazioni all’interno delle forze politiche presenti in consiglio. Ora, invece, la governabilità nelle istituzioni territoriali è praticamente garantita dall’elezione diretta dei sindaci e presidenti di Regione, però di fatto si è passati da un sistema altamente democratico (il proporzionale puro con elezione assembleare del Primo cittadino) ad uno che di democratico probabilmente ha solo il fatto che i cittadini sono chiamati a scegliersi i consiglieri e ad indicare il loro gradimento per il nome di uno dei candidati a sindaco presenti sulla scheda, ma spesso frutto di scelte ed accordi non sempre trasparenti al corpo elettorale. Il discorso sul tema sarebbe lungo e non semplice per essere affrontato compiutamente in un servizio giornalistico, però macroscopici sono gli effetti e le distorsioni che tale paventato sistema innovativo ha determinato in quasi trent’anni negli enti territoriali del nostro Paese e, soprattutto, i cui mali sono ormai sotto gli occhi di tutti. I più clamorosi dei quali sono il trasformismo politico nelle Assemblee elettive e, in molti casi, la quasi scomparsa, o quantomeno indebolimento, dell’azione di opposizione (e, quindi, anche della vigilanza e controllo sull’attività di gestione dell’esecutivo) nel consiglio. Il tanto propagandato ruolo dei candidati sindaci sconfitti che sarebbero poi divenuti i capi delle opposizioni che fine hanno fatto? Anche su questo il discorso è troppo lungo per essere sviscerato in via giornalistica. Quindi, ciò che si sta assistendo in queste settimane che precedono la presentazione delle candidature per le prossime amministrative, nelle diverse realtà che andranno all’elezione di sindaco e rinnovo dell’Assemblea cittadina, altro non è che il frutto di un sistema elettorale che produce le anomalie che vengono presentate e denunciate come contraddizioni o paradossi politici, ma che in realtà sono il frutto di un modo di considerare la politica ed i partiti come un fatto personalistico e non di certo come schieramento o comunanza di principi e valori democratici. Emblematico, anche se non il più clamoroso in Puglia, il recente “caso Bitonto”, dove il centrosinistra è andato in pezzi per ragioni che evidentemente non sono solo di natura programmatica. Infatti, a sentire qualcuno degli addetti ai lavori anche attraverso post su Facebook, si sarebbe verificate nel centrosinistra inaccettabili pregiudiziali da parte di chi, forse, intende la “coalizione” come una sorta di congrega per la quale si possa scegliere chi deve stare dentro e chi invece deve restare fuori. E ciò perché, verosimilmente, chi deve restare fuori, se fosse eletto in consiglio, potrebbe essere d’intralcio al “manovratore”, ossia all’eventuale futuro sindaco della coalizione. E già questo genere di conseguenza sarebbe un buon motivo su cui riflettere per aprire eventualmente le porte ad una riforma del sistema elettorale per gli enti locali nato nel 1993 in Italia. Però, finora, quelle stesse forze ed esponenti politici che spessano parlano di “anomalia” o “incoerenza” politica, per le coalizioni a geometria variabile, stranamente e paradossalmente tacciono. Ma, forse, sarebbe più serio ed opportuno tacere anche su questo, al pari dei silenzi sui difetti e distorsioni di una legge elettorale che era già vecchia quando nel 1993 fu emanata. Infatti, in Italia il sistema dell’elezione diretta dei sindaci era già stata sperimentata prima dell’avvento del fascismo e non certo con risultati entusiasmanti per i cittadini e gli enti amministrati.

 

Giuseppe Palella


Pubblicato il 23 Aprile 2022

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