Cronaca

“Le mense dei poveri diventino un punto di scelta”

Qualche giorno fa il Circolo Acli Dalfino lanciava il suo SOS : a Bari ad agosto i poveri rischiano di digiunare. Chiusa ogni mensa parrocchiale, resta solo la possibilità di un pasto a sera in piazza Moro offerto da un’associazione di volontari.  Troppo poco per quella che è la nona città italiana per popolazione. Si sta facendo spinoso nel capoluogo pugliese il problema degli indigenti e di quelli che non hanno un tetto. A quest’ultimo proposito, concediamoci una breve digressione. A chi si prendesse la briga di studiare i documenti pubblici relativi ai disgraziati senza residenza, non sfuggirà che l’antica dizione “senza fissa dimora” è stata sostituita da quest’altra dizione : “senza dimora”. L’assenza di quell’aggettivo segnala un fatto importante : se in passato i poveri vagavano di dimora in dimora, ovvero erano saltuariamente ospiti di parenti, amici o conoscenti, oggi essi vagano tra roulotte e container, vagoni ferroviari e dormitori, grotte e panchine di giardini. In altre parole, non hanno più alcuna dimora di riferimento. La società globale ha armato di un piccone il povero di ieri. Che scavi per scendere ancora più in basso (ma attenzione che non gli salti in testa di fare di un piccone un’arma da rivoluzione…).  Insomma, si allarga il popolo dei derelitti e soprattutto cambia pelle. Cala l’età media del clochard, sale il suo livello di scolarizzazione. Sta diventando facile trovare giovani di trent’anni diplomati e qualche volta persino in possesso del diploma di laurea in mezzo a gente travolta da tragedie famigliari (separazioni), lavorative (perdita del posto), giudiziarie (ex detenuti), bancarie (case pignorate dagli istituti di credito)… Tutta gente che se già non tossica, alcolista o alle prese con problemi mentali, presto finisce col precipitare dentro queste altre spirali funeste. Tralasciando il caso dei furbetti senza dignità che per scroccare un pasto si mescolano al popolo degli indigenti e scansando sterili disquisizioni inerenti il concetto di povertà relativa ed assoluta, il problema che qui si pone è di natura morale. E’ giusto aiutare i poveri affinché permangano nei termini di una povertà ‘sostenibile’? C’è chi sconsiglia l’esercizio della carità in favore dell’obbligo morale a carico dei benestanti di provvedere a fornire i diseredati degli strumenti utili alla conquista della dignità e del  benessere. E Confucio consigliava di regalare all’affamato un amo piuttosto che un pesce. Restando al problema mense, ci pare utile ricordare alcune parole di Don Oreste Benzi : Le mense dei poveri diventino un punto di scelta per inviare i poveri nelle famiglie. Le mense funzioneranno bene quando avranno operato in modo che ogni povero trovi una famiglia che gli dia da mangiare, rendendo inutile la mensa dei poveri. E questa è giustizia. Invito tutti a stringere la mano a un povero, almeno una volta alla settimana e qualche volta a portare qualche barbone alla propria mensa.

 

Italo Interesse

 


Pubblicato il 10 Agosto 2013

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