Cultura e Spettacoli

Le mummie di Barletta

Nel 1888 Janet Ross visitò la Puglia, del quale viaggio stese un dettagliato e pittoresco resoconto. Quando visitò Barletta, la gentildonna inglese e i suoi accompagnatori, vennero invitati da un fiaccheraio a visitare  la chiesa dei Teatini, dove – assicurava l’uomo – c’era “bella roba” da vedere. Ma quella bella roba “consisteva in certi orribili corpi mummificati che si conservano nella cripta”. La mummificazione spontanea è quel fenomeno per il quale, a seguito di una rapida e massiccia disidratrazione, i tessuti anziché decomporsi, restano ‘fissati’. Una delle condizioni ambientali favorevoli allo sviluppo del singolare fenomeno è l’inumazione in terreni particolarmente asciutti, capaci di assorbire i liquidi in grande quantità. E un terreno di questo tipo, piuttosto argilloso e povero di ferro, è presente nel barlettano. La Ross e compagni si ritrovarono dinanzi allo ‘spettacolo’ di salme incartapecorite forse già da molti anni e che, non più decomponibili e troppo ingombranti per essere deposte nell’ossario comune, erano state traslate dalle loro fosse (anche due secoli fa certi ‘spazi’ erano risicati) e conservate a devozione dei congiunti in quella cripta. Nel quale greve costume si può leggere tutta la storica difficoltà di rapportarsi alla morte che è rimasto tipico delle popolazioni del nostro Mezzogiorno. L’uso della doppia sepoltura (prima l’inumazione, poi la traslazione delle ossa nelle nicchie) è indicativo del fatto che, anticamente, il periodo di decomposizione veniva interpretato dai superstiti come espressione di trapasso incompleto, per cui il defunto continuava ad aggirarsi come ombra non placata nel mondo terreno ‘contaminando’ i più stretti congiunti. I tabù e le prescrizioni stabilite nel periodo di lutto avevano l’unico scopo di ricordare a tutti questa condivisa condizione di transizione. Quando dopo la decomposizione, metafora dell’anima in cammino verso l’Altrove, si concludeva nella “stabilità minerale dello scheletro” (Hertz), allora si poteva dare avvio alla fase conclusiva del rito funebre. Con la seconda e definitiva sepoltura la salma, depurata di ogni residuo marcescibile, poteva trovare collocazione accanto ai resti degli ascendenti defunti. Parallelamente si considerava compiuto il cammino dell’anima, finalmente aggregata al regno dei morti, presenza pacificata ed evoluta in nume protettore: i congiunti finalmente potevano liberarsi del contatto con forze pericolose e porre fine al loro isolamento reintegrandosi nella comunità. Ma se il cadavere ‘rifiutava’ di decomporsi?… Ecco allora emergere come il ‘sospetto’ di un indecifrabile segno del Cielo. Prudentemente, i nostri avi in questi casi facevano di alcune cripte una sorta di limbo dove esporre, con macabro senso dello spettacolo, anomalie della carne e, forse, anche dello spirito. Il caso di Barletta (chissà che fine hanno fatto quei resti) non è ’unico in Puglia ; la foto posta a corredo di questo articolo ritrae le mummie in esposizione nel sotterraneo della Cattedrale di Oria.

Italo Interesse

 


Pubblicato il 22 Maggio 2014

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