Cultura e Spettacoli

Minima moralia (Meditazioni sulla Vita Offesa. T. Adorno) (120)

Se non si è conosciuto l’Inferno della umiliazione, della sofferenza fisica e spirituale, della solitudine culturale, specie tra genitori, esclusivamente, biologici e germani e nepoti e pronepoti, altrettanto, biologici, con i loro degni affini, non si può Ascendere al Sublime dell’Arte e della Poesia, ove hanno Diritto di Cittadinanza l’Immaginazione e l’Utopia di una Vita Nova, di una Convivenza Nova con il Prossimo, di una Città Nova, di un Mondo Novo. Invito i Miei 25 Lettori a TrasformarSi in topi di/da biblioteca, per ImpossessarSi dei Dati Biografici di Dante, ad esempio, di Leopardi, di Oscar Wilde, di G.Lorca, di Leonardo, di Caravaggio, Poeti e Artisti, che in quest’ora MI Vengono in  Mente, ché Possano, con le loro Ricerche, Inverare il Mio Drammatico Convincimento.

 

Quando nacque, negli anni ’70 del secolo scorso, più non s’usava fasciare i bambini, inutile tortura, alla quale si sottoponevano i neonati nel timore che, per un movimento inconsulto, potessero incorrere nella frattura del gambette o potessero incorrere nell’inestetismo, ancora, a quel tempo, non si sa per quale motivo, corrente, delle gambe storte. Ma al “loro”, cioè, al venerato dai cortigiani, la genitrice volle perseverare nel tormento della fasciatura e il putto, amore della mammina, crebbe ritto, che era un piacere a/nel vederlo, come un maestoso pino silvestre, sì che, quando si fece fotografare con un eccellente graduato, qualcosa meno di 1,67 d’altezza, formavano, entrambi, un fotogenico articolo”il”.  Ma crebbe il “loro” con la fisima della fasciatura, cioè,  con la ridicola brama di ornarsi di qualche fascia, fosse quella di capo condòmino o quella di presidente dell’associazione dei presunti abbelliti dal sembiante da/di pino silvestre o di presidente dell’associazione dei golosi di ricci di mare, accompagnati da qualche fetta di provolone auricchio piccante e da oceani di birra alla spina. Alla fine, dopo tanto sperare, attendere, improvvisamente, sul pianeta “Terra” spuntò una nova alba e il “loro”, che si presentò, per due volte, ai suoi elettori, gloriandosi di essere un albico predestinato, fu eletto priore della numerosissima, potentissima congrega dei procopiani, anche se il santo protettore e intercessore di essi  era un petrarchiano ”sine nomine”. Fu tale e tanta la goduria, la sghezza di potere indossare una fascia  che il ”loro”, pur non facendosi vedere più tra i suoi procopiani, ingrato nei loro riguardi, indossava la fascia a letto, quando andava al bagno, quando s’ingolfava di ricci di mare (aveva, come Dicemmo,  aspirato alla presidenza dei golosi della leccornia, di cui sopra), quando, soprattutto, c’era da fare finta di versare la lacrimuccia,  in occasione delle esequie di una vittima, tra i procopiani, di un cruento atto proditorio, il cui olocausto era stato (dis)onorato dalla interessata visibilità, organizzata dai pennivendoli di cartacei notiziari e dalle voci catodiche, in vista della vendita di qualche copia di carta igienica in più o in vista di un aumento dell’”audience”, che avrebbe persuaso qualche salumiere o qualche macellaio a farsi pubblicizzare, tramite esse, la loro bottega. Oppure, quando il “loro”, pur non essendo, assolutamente, amante delle “belle lettere”, faceva il sacrificio di scomodarsi dalla poltrona di rappresentanza e si recava a un incontro pseudoletterario su una chiatta, posta sugli scogli di una marina, dove uno scrittorello avrebbe presentato un libercolo di locali piccinerie a un pubblico di gente di novello lignaggio piccolo borghese, illetterata, come nel suo passato da indigente, ma che, comunque, costituiva carne, merce, che il priore avrebbe utilizzato,  per  soddisfare la sua   fecale urgenza di visibilità, essendo  un’occasione irripetibile per mostrare” urbi et orbi” la sua amata fascia di leader dei procopiani. Ma il “loro” si superò, quando, lacrimando per finta, proprio lui, che era diventato l’araba fenice per i procopiani, alla morte di uno di essi, sorpreso dalla violenza di un palestrato, se ne uscì con una frase che sintetizzava la sua impolitica sottocultura da acchiappa immeritati  consensi: “O amato procopiano, ti chiedo  venia per il fatto che sei morto tu, in solitudine, e non io”. Behh, il deceduto che, nel frattempo, era, già, in paradiso, abbracciato e coccolato da tutti i meritevoli di esso, nel sentire quelle parole,  avrebbe voluto chiedere al capo dell’al di là di poter ritornare per una decina di minuti in “Terra” col proposito di prendere a pernacchie il ”loro”, ma dal “lui” dell’al di là il permesso gli fu negato, in quanto egli era, per sempre, morto e, secondo Totò, pur Egli Morto, “Chi alla Morte Appartiene  Riceve, immediatamente, lo Stimma della Serietà”, se, anche, all’inferno sia destinato. E ritornare tra i vivi, non seri, pur per lanciare una onesta, giusta pernacchia a un imperterrito, impenitente facitore di gesti, di parole ipocrite, non era dei Morti degno. Ovviamente, qualsiasi riferimento a fatti, persone, cose della realtà è ascrivibile alla casualità, non rara, delle/nelle umane vicende.

 

Dai sondaggi del giorno 12 settembre 2021 si rileva che”fdl” vola, arrancano “pd” e “lega”, mentre  è in leggero rialzo il “m5s”.  IO, mo’, carico d’anni, devo correre il rischio, come una ciliegina avvelenata sulla torta, pur essa, avvelenata della mia vita, dopo essere vissuto, essendo nato nel 1938, l’anno delle famigerate leggi razziali, per 7 anni, a Dire il Vero, inconsapevolmente, quasi, nell’inferno del regime mussoliniano; dopo avere  vomitato per 50 anni, a causa della corruzione del regime dei democattolici che, dopo avere evacuato la merda della loro avarizia, la recavano in vaticano a pretendere “pro essa” le indulgenze, per smacchiarla  dei loro peccati mortali; dopo avere assistito, impotente, per una decina d’anni, all’incretinimento della plebaglia italiettina, operata dal regime berlusconiano con le televisioni del nuovo, mendace messia; dopo avere, drammaticamente, fortemente, temuto che il pulzello renzi, con la sua riforma dello stato, operasse un, pur non cruento, colpo di stato, ora, devo temere che la meloni, la “pulzella de Trastevere”, in compagnia di salvini, cioè, dell’eterno nullafacente, per sua esplicita ammissione, vincano le prossime elezioni politiche e, grazie a un popolicchio irresponsabile, ignaro, ché, non solo, politicamente,  analfabeta, si sistemino a ”palazzo chigi” a decidere su come IO debba trascorrere i miei ultimi giorni di vita. Non ci posso pensare, ma, se non avviene il miracolo che la suburra impolitica italiettina rinsavisca, il provabilissimo si tramuterà in dolorosa certezza.

 

Un ex assessore, al comune di bitonto, di rifondazione comunista, ma incardinato nella fu giunta di centro destra (nanz capisc chiù nud, geremidiava uno strillone barese), presieduta dall’ex prefetto valla, con un “post su facebook” ha invitato l’attuale giunta comunale a fare redigere dall’ufficio tecnico comunale il progetto di recupero delle “chianche”, non coperte dal bitume, nel centro storico. Ahimè, quale delitto fu perpetrato alla fine degli anni 50 da un sindaco socialista, che autorizzò la copertura di esse nel centro storico (ad esempio: da piazza cavour fino al ponte che porta al liceo classico ”carmine sylos”). La Verità è che nessuno a bitonto, e non solo a bitonto, sia così, eticamente, adamantino da essere in grado di scagliare la prima pietra.. Non era di proprietà di un socialista, più volte assessore, per non poco tempo presidente dell’ormai, dismesso nosocomio bitontino, una villetta d’autore, abbattuta, su cui sorse un condominio ”monstrum”? Via Matteotti era lastricata di ”chianche”. In estate, uno squadrone di scalpellini era impegnato al/nel restauro di esse, in soccorso dei cavalli, che solcando le ”chianche” lisce avrebbero potuto correre il rischio di scivolare. Via Matteotti, criminalmente, fu coperta di bitume non dai fascisti ma da un’amministrazione social – comunista. Evidentemente, non pochi ”bituminosi o bituminanti” avevano la tessera dei due partiti, detti di sinistra. A onore del vero, anche i democattolici, quando i socialisti si stancarono di “ bituminare” con i comunisti, non si trassero indietro nell’individuare una buona fetta dell’ ”urbs butuntina” da bituminare, in quando anch’essi avevano tra i loro ranghi esperti “bituminanti”.

 

Quando le parole, specie quelle rivolte, che riguardano i giovani, sono vento di favonio, che intorpidisce “cerebra” di chi le pronuncia e i destinatari di esse. Ecco un esempio di quelle che non significano un bel nulla e, pertanto, sono, pure, esteticamente brutte, germinate dalla bocca della senatrice, liliana segre: “O giovani, siate consapevoli della vostra forza, grazie alla vostra età e alla vita, che avete davanti”. Se i giovani hanno una forza di cui, delittuosamente, sono consapevoli, al di là delle sviolinate nei loro riguardi della segre, è quella del numero che, benedetta dai loro genitori irresponsabili, permette loro di arrivare dalla materna alla maturità o al diploma, senza avere aperto un Libro e avendo assistito a pochissime lezioni, si fa per Dire, nel quinquennio della secondaria di secondo grado.. Forza del numero, che permette, ha permesso loro, dal ’68 del secolo scorso ad oggi, di occupare scuole, di vandalizzarle, di astenersi dalle lezioni, si fa per Dire; di essere responsabili di interruzione di pubblico servizio, senza che le autorità scolastiche, dai presidi ai ministri della pubblica distruzione, prendessero, prendano provvedimenti amministrativi e denunciassero, denuncino i loro caporioni alla magistratura. A bitonto si dice che” non si nasce saputi” , quindi, il Compito di Chi loro Parla non è quello di magnificare, apoliticamente, Doti e Virtù, che gli imberbi o gli, appena, impelati non hanno innate, ”sed”, di Richiamare, in continuazione, alla loro mente l’Appello Socratico ”Gnoti Seautòn, Conosci Te Stesso, umilmente, che, per ora, non sei niente e nessuno, ma, certamente, Potrai Essere Tanto, in quanto Infinite Sono le Tue Potenzialità, se, Alfierianamente, ti Legherai a una sedia e con la ’Divina Commedia’ in mano, Alternerai, RecitandoLo, ad alta voce, un Verso del Divino a  ‘Volli, sempre Volli, fortissimamente, Volli’ ”. L’Etica Canoscenza di se stessi, di seguito, Condurrà il giovane ad allenarSI alla Consapevolezza che la Forza del Sapere e, quindi della Saggezza, Sta nel ”Sapere di non Sapere”, che nella Vita, tanta vita, a loro disposizione, Potrebbe Essere il Sublime Stimolo a Perseverare nella Coscienza di “ non Sapere”, per Tentare di Prosciugare brandelli di” non Sapere “pro Se atque pro Aliis”.

Pietro Aretino

 

 


Pubblicato il 21 Settembre 2021

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