Cultura e Spettacoli

‘O cavallina, cavallina storna …”

Il 10 agosto 1867 Ruggero Pascoli, padre del più celebre Giovanni, stava tornando a casa da Cesena quando, all’altezza di San Giovanni in Compito, presso Savignano, venne ucciso con una fucilata. Morì sul colpo e il calesse, tirato dallo spaventato animale, la celebre “cavallina” dal mantello grigio picchiettato di bianco, proseguì ancora per lungo tratto, trasportando il corpo esanime del povero Ruggero. La tragedia, che segnò profondamente la poesia di Giovanni Pascoli, segnò anche la dissoluzione di quella numerosa famiglia. Chi e perché uccise Ruggero Pascoli? A distanza di molti anni dalla perdita del padre, Giovanni Pascoli prese l’abitudine ogni 10 agosto di inviare un biglietto listato a lutto sul quale era scritto solo “p.r.” (per ricordare) a Pietro Cacciaguerra, potente signorotto locale, che alla morte di Ruggero Pascoli gli era subentrato nell’ambita carica di amministratore della tenuta La Torre, dei principi Torlonia. Giovanni sosteneva – e i più condividevano l’idea – che il Cacciaguerra, interessato ad arricchirsi ulteriormente gestendo i beni della famiglia Torlonia, fosse la mente di quel delitto, materialmente realizzato da due criminali comuni : Luigi Pagliarani e Michele Della Rocca. Il caso, che diede vita a tre processi, venne archiviato dalla magistratura come “commesso da ignoti” (in uno di questi processi due altri imputati, Raffaele Dellamotta e Michele Sacchini, dipendenti di casa Torlonia, accusati di essere sicari a pagamento di un ignoto mandante, furono condannati in primo grado e in seguito assolti). In ‘Omicidio Pascoli. Il complotto’ (Mimesis, 2014), Rosita Boschetti disegna bene il quadro sociale in cui si consumò l’omicidio : La Romagna era allora una terra difficile da amministrare, anche sotto il profilo dell’ordine pubblico (in alcune contrade imperversava ancora il brigantaggio). Nello stesso periodo in cui moriva il Pascoli, facevano la stessa fine altri fattori e possidenti e con le stesse modalità da criminalità organizzata. A Savignano e dintorni il clima era omertoso : tutti sapevano chi fosse la mente dell’omicidio Pascoli e tutti tacevano per complicità o paura. Al ritorno dal Sudamerica, e con le tasche piene di soldi non certo puliti, il Cacciaguerra si era dato da fare a consolidare la propria posizione acquistando immobili e spadroneggiando in quello che riteneva il proprio territorio sino al punto da far paura allo stesso principe Torlonia. Un boss, né più, né meno. Per sottomettere i comunque potentissimi Torlonia, Cacciaguerra non aveva che una strada : diventarne amministratore di famiglia. Probabilmente propose al Pascoli una ‘buonuscita’ perché si facesse da parte ; proposta accompagnata da una minaccia. Ma il buon Ruggero, uomo integerrimo, non volle cedere al ricatto e così… – Nell’immagine, Ruggero Pascoli con i figli Giacomo, Luigi e Giovanni. 

Italo Interesse

 


Pubblicato il 10 Agosto 2016

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