O i ducati o la testa dell’ostaggio…
L’Unità d’Italia restituì fiducia a quei cultori del Grand Tour curiosi del Mezzogiorno, fino a quel momento escluso dai percorsi dei viaggiatori tedeschi e britannici per una serie ragioni. La paura, ragionevole come vedremo, dei briganti era stata sino a quel momento superiore alle non meno ragionevoli incognite di ordine igienico e logistico (pessima qualità di strade, trasporti e strutture ricettive). Confidando nella migliore efficienza dei tutori dell’ordine del neonato Regno d’Italia rispetto ai loro predecessori stipendiati dal Regno Duosiciliano, frotte di viaggiatori, specie britannici, si avventurarono nelle contrade del meridione, attratti dal carattere ‘esotico’ che esse promettevano. Almeno in Puglia, nessuno di costoro ebbe a patire brutte avventure, soprattutto a causa di malfattori da strada. Altrove non andò così. Fu questo il caso, occorso nel 1865, a danno di Williams Moens e sua moglie Anne Walters (va precisato che nel 1865 la ribellione armata dei cafoni era stata sedata, per cui il rischio più grave che il viaggiatore correva era quello d’incappare in bande di malviventi che vivevano alla macchia, ovvero ‘briganti’ in senso stretto). Sbarcati a Palermo il 12 gennaio di quell’anno, i coniugi ebbero agio di visitare il Mezzogiorno, risalendo lo stivale. Il 15 maggio, accompagnati da un’altra coppia inglese, gli Aynsley, i Moens si avventurarono sulla via che da Salerno conduce a Paestum. Ma strada facendo, ecco la sorpresa : Briganti armati sbucano da nascondigli e intimano al cocchiere di fermarsi. L’uomo non può che obbedire. Dopo di che, sempre sotto la minaccia delle armi, i malviventi obbligano i due inglesi a seguirli, scomparendo con essi tra la boscaglia. Superato lo choc, le due signore raggiungono il centro abitato più vicino, Battipaglia, e allertano l’Autorità. La risposta del governo locale è lenta, incerta e disorganizzata. Mentre con 24 ore di ritardo parte un telegramma alla volta di Firenze, in quel momento capitale del Regno d’Italia, Mr Aynsley viene liberato. Il gentiluomo inglese è stato rimesso in libertà al solo scopo di facilitare il pagamento del riscatto (i briganti avevano trattenuto Moens avendolo scambiato per Lord Pembroke, un facoltoso possidente che doveva recarsi a Paestum proprio lo stesso giorno). Chiarito l’equivoco, i rapitori hanno ridimensionano le loro richieste dichiarandosi disposti ad accontentarsi di ‘soli’ 30mila ducati, pari a un 5mila sterline. Niente scherzi, però, intimano per il tramite di un missiva fatta pervenire attraverso la solita rete di manutengoli : Pagare subito e senza mettere in mezzo la Legge, altrimenti la signora Moens si vedrà recapitare la testa del marito. Dopo frenetici contatti con famigliari e amici, la povera signora mette assieme la cifra richiesta, che affida a tale Manzo, intermediario della banda. Finalmente nella notte tra il 25 e il 26 agosto, dopo 72 giorni di prigionia, William Monens può riabbracciare l’adorata moglie. Una storia a lieto fine, che tuttavia suscitò oltre-Manica un violento sdegno. Tale sentimento fu alleviato più avanti dalla notizia che la banda era stata assicurata alla Giustizia. Furono tutti condannati ai lavori forzati a vita. Quella gentaglia, però, riuscì a evadere dal penitenziario di Chieti nel 1871. Tornati a piede libero gli sventurati si ricostituirono in banda armata. Morirono tutti il 20 agosto 1873 nei pressi di Avellino in un conflitto con le forze dell’ordine.
Italo Interesse
Pubblicato il 29 Novembre 2018