Cultura e Spettacoli

Peppì, amore vuol dire sacrificio

Peppino (Peppì per tutti al paese), è un uomo ‘semplice’, non un povero di spirito, tuttavia potrebbe rientrare tra gli aspiranti al Regno dei Cieli. Lo dimostra la freschezza autentica e irresistibile con cui un giorno si mette a ‘conversare’ con la madre. Il dialogo, un monologo per forze di cose, si svolge davanti ad una lapide su cui brilla il sorriso tenero di un’anziana. Solo ora, nel silenzio innevato del camposanto, con rispetto e complicità antica il figlio trova la forza di confessare alla madre, ma senza sensi di colpa, la propria omosessualità. Un non-segreto che per una vita, tacitamente, ha legato una madre e un figlio più di quanto i ristretti costumi morali del tempo potessero separarli (la condizione di ‘diversità’ di Peppino ha inizio nell’entroterra calabrese dei primi anni sessanta). ‘Masculu e fìammina’ si chiude con un senso di lacrimosa leggerezza e di speranza lieta : Peppino, un gay ora pacato e sereno, un gay diciamo ‘fatto grande’, si farebbe ibernare in quella stessa neve pur di risvegliarsi in un mondo diverso, dove l’amore tra uomini finalmente non incontra più ostacoli (magari ancora col sottinteso beneplacito di una madre che, volendo, si può persino immaginare disposta ad accettare di nuovo questa urticante diversità piuttosto che vedersi il figlio portato via da chissà quale donnaccia). Un toccante Saverio La Ruina è l’acclamato protagonista di una produzione Scena Verticale che la settimana scorsa è stata in cartellone al Nuovo Abeliano per la rassegna To The Theatre nell’ambito della stagione di Teatri di Bari. Aiutato da Cecilia Foti, che collabora alla regia, La Ruina si muove con cautela devozionale all’interno di un ristretto cerchio di neve nel quale sembra raccogliersi tutta l’esistenza di Peppino (esistenza anche tragica, vista la fine di Alfredo, il primo, grande ed unico amore). Il lavoro di La Ruina è prezioso anche per il suo essere storicamente trasversale alla sofferta evoluzione dell’identità omosessuale in Italia dal boom economico all’era internet, ovvero dai tempi dei ‘ricchioni’ a quelli dei gay. Un lavoro molto accurato, ma così delicato da non far percepire il peso di tanta meticolosità. Efficace il lessico adoperato, questo imprecisato dialetto dell’area del Pollino italianizzato e leggermente stravolto e dai risvolti buffi che rende bene l’immagine di un giovane dai modesti mezzi culturali, fresco e inerme, pieno di generosità. Apprezzabile anche il lavoro di Gianfranco De Franco (musiche originali), Cristina Ipsaro e Ricccardo De Leo (scene), Danio De Luca (disegno luci), Mario Giordano (disegno luci, luci e audio). – Prossimo appuntamento per la stagione di Teatri di Bari, 8-9-10 marzo al Kismet con ‘Anfitrione’, regia e drammaturgia di Teresa Ludovico.

Italo Interesse

 


Pubblicato il 7 Marzo 2018

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