Cultura e Spettacoli

Pignataro e l’ascendente nobile

Un povero-a-lui che accumula ‘copponi’ e arrangia lavando portoni (ma per una questione d’immagine dice d’essere nel ‘ramo immobiliare’) ha il vizio di alzare le mani sulla moglie. Stanca, un giorno la moglie decide di vendicarsi. Giocando sugli equivoci fa girare la voce che il marito sarebbe un talento della medicina. Qualcuno abbocca. Coinvolto suo malgrado, il manesco deve stare al gioco e cominciare a vedersela con loschi figuri, innamorati segreti, malattie inspiegabili… Alla fine, e dopo ripetuti (e formativi) carichi di botte, deve gettare la maschera. Gliene verrà comunque qualche beneficio, a cominciare dall’aver fatta sua un’importante lezione : Le donne, mogli incluse, non si sfiorano nemmeno con una rosa. Questo in sintesi ‘U Dottor Babbisce guarisce e non capisce’, il nuovo lavoro di e con Nicola Pignataro in cartellone al Purgatorio (fanno cornice a Pignataro: Annalena Gardenio, Nicola Traversa, Ileana Pepe, Giuliano Ciliberti e Brando Rossi). Dopo tre anni di ‘purgatorio’,  rinnovata e più efficiente, ha ripreso a macinare spettacolo la storica struttura di via Pietrocola per la gioia di tutta Bari e quella in particolare di uno stuolo di fedelissimi, felici d’aver ritrovato il loro beniamino, in grande spolvero, soprattutto fedele ad un modello abbracciato in origine e mai rinnegato. Dalla metà degli anni sessanta, infatti, il popolare comico barese ripropone un personaggio la cui origine si perde nel passato precristiano. Tramanda Tito Livio che nel IV sec. a.C., proveniente da Atella, una città campana oggi scomparsa, si affermò a Roma un nuovo tipo di spettacolo teatrale, detto poi ‘atellana’. L’atellana, di genere lieto e anche licenzioso, presentava la novità di schemi e canovacci intorno ai quali gli attori potevano improvvisare (tant’è che molti studiosi vedono nell’atellana, la madre della commedia dell’arte). Un altro elemento di distinzione dell’atellana era la presenza di quattro personaggi fissi :  Bucco, Pappus, Dossenus e Maccus. Il primo è il fanfarone, lo spaccone, il guappo ; cattivo con i deboli, è invece servile nei confronti del padrone, del quale patisce silenziosamente il bastone. Pappus sta per il vecchio ricco e avaro, vanitoso e concupiscente. Dossenus rappresenta l’imbroglione che vuole apparire sapiente. E Maccus? Ecco il classico uomo della strada, il popolano sciocco e pasticcione, per di più perseguitato dalla sfortuna. Capitano tutte a lui, ma alla fine ne esce sempre. Per ritrovare il sorriso gli basta ingozzarsi di vino e cibo… Ebbene, non c’è del Maccus nel personaggio di Pignataro? Tracce di questo ascendente arcaico conferiscono nobiltà al lavoro di un teatrante che, piaccia o no, da cinquant’anni si conferma coerente con sé stesso, col proprio pubblico e persino con i propri detrattori.

Italo Interesse

 

 


Pubblicato il 4 Novembre 2016

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