Cronaca

Pomodoro padano, pomodoro cafone

Bufera sulla Pomì, nota impresa conserviera che ha sede legale a Rivarolo del Re CR) e lo stabilimento a Felegara (PR), centri abitati del sedicente ‘territorio padano’. Con istinto rapace l’impresa in questione ha colto il destro per speculare a proposito delle recenti e ‘roventi’ polemiche a proposito della Terra dei Fuochi ; locuzione, quest’ultima, con cui si designa una vasta area compresa tra Napoli e Caserta caratterizzata dalla presenza dannosissima di roghi di rifiuti (anche tossici) ; la locuzione riprende il titolo dell’XI ed ultimo capitolo di ‘Gomorra’, di Roberto Saviano. L’ultima trovata pubblicitaria dell’impresa in questione consiste in un’immagine stilizzata dell’Italia dove, al centro di un’area evidenziata e comprendente Piemonte, Veneto, Lombardia, Emilia-Romagna, quindi al centro della pianura padana, brilla un pomodoro accompagnato dallo slogan : ‘Solo da qui. Solo Pomì’. Un atto ‘contra legem’ quello della Pomì, ricorrendo gli estremi del reato di concorrenza sleale. Un atto anche ipocrita, dal momento che molti di quei rifiuti (specialmente i più delicati scarti di lavorazione) vengono proprio da imprese del nord entrate in affari con la camorra. Va’ a vedere poi se il sottosuolo di Emilia, Veneto e Lombardia è davvero immacolato. L’azione della Pomì è oltretutto vile e per un altro motivo : Tirare in mezzo la Terra dei Fuochi equivale a mettere in guardia il consumatore italiano contro la qualità del pomodoro ‘cafone’ in genere. Come a dire che questo ortaggio è migliore là dove la luce è meno intensa, dove le gelate sono di casa e il terreno presenta un’irrisoria quantità di ferro. Ma parliamo di un pensiero industrial-leghista, di cosa vogliamo meravigliarci? Piuttosto, evitiamo che tanto e sfacciato cattivo esempio non attecchisca da noi. Evitiamo, cioè, di fare il gioco di chi non ci ama (e che può stare dentro come fuori casa nostra) e perciò fomenta l’endemica tendenza alla disgregazione che ci connota. Sarebbe spiacevole se in questo clima malato un produttore di salsa del Salento, arrampicandosi sui propri specchi, trovasse come denigrare salsa prodotta nel barese (e viceversa). Uno stato di cose che solo in parte si spiega con una crisi economica capace di spingere la lotta per la sopravvivenza ai limiti dell’intollerabile. Qui c’è di mezzo una perfidia antica che 152 anni fa non avrebbe avuto ragione di esistere. I guasti di un’arbitraria e sbrigativa Unità sono ora più palpabili che nel secondo dopoguerra. Nel clima presente basta il più debole appiglio (il pomodoro, per esempio) per ribadire ‘distanze’ più elevate di quelle chilometriche. Cos’altro hanno in mente a Nord? Ci auguriamo non si arrivi a speculare anche sul disastro ambientale (quindi anche agricolo) che ha colpito il tarantino a seguito della recente alluvione.

Italo Interesse


Pubblicato il 6 Novembre 2013

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