Cultura e Spettacoli

Quella farina di segale era ‘tagliata’?

Sta accadendo qualcosa di nuovo nei panifici : è norma adesso per chi arriva tardi non trovare più pane fresco. Non che in giro ci sia meno farina, non allarmiamoci, semplicemente a tavola si comincia a non gettare più il pane con la deprecabile leggerezza di una volta. Per cui i panettieri se non vogliono piangersi rosette e filoni (o ricorrere alla bassezza di congelare l’invenduto per smerciarlo l’indomani spacciandolo per fresco) si vedono costretti a produrre di meno. Era ora che lo spreco dell’alimento base avesse termine. Perché se ieri il pane duro veniva grattugiato, voltato in frise o destinato a galline e conigli, al presente si calcola che ogni famiglia continui a gettare nella spazzatura dai 150 ai 200 gr. giornalieri di pane. Un mal vezzo che suona come uno schiaffo alla miseria o alla memoria dei nostri vecchi. Quante volte abbiamo sbuffato nel sentirli brontolare di quando “ai tempi di guerra” con la carta annonaria (la tessera) più di 150 gr. di pane a testa al giorno non ti davano. Non minore noia continua a darci il racconto tante volte ripetuto dello stupore dinanzi al pane bianco distribuito senza risparmio dagli Alleati… Ma bisogna capire. Quel poco che i nostri padri avevano mangiato sotto le bombe non era pane bianco, cioè fatto con farina di grano (quello era finito subito con l’entrata in guerra), bensì nero perché ricavato impastando farina di segale. Era sgradevole, si appiccicava al coltello e non saziava. Chi lo soppesava in mano, poi, fiutava aria d’imbroglio. E si diceva in giro : può una fettina così sottile pesare ben 150 grammi? Poco a poco cominciò a circolare una voce imbarazzante : I fornai ‘tagliavano’ la farina di segale con polvere di marmo… Siccome certe cose non si potevano dire e tanto meno scrivere (salvo finire dentro per ‘comportamento disfattista’), il sospetto circolava solo fra crocchi fidati e all’interno delle mura di casa. Fu autentica voce di popolo che, fortissima e originaria di chissà quale città, si diffuse come un virus in tutta Italia. Fu pure voce di Dio? Nessun campione di pane sospetto venne sottoposto ad esame. Forse c’era troppa fame in giro per sprecare 150 grammi di sostentamento. E poi, quand’anche un esperto avesse effettivamente riscontrato nel pane la presenza di polvere di marmo, avrebbe mai potuto raccontarlo in giro ad alta voce? Fu forse quel sospetto odioso a risvegliare, nelle casalinghe soprattutto, memoria di antichissimi succedanei del pane. Durante la guerra si fece farina con la crusca o macinando ceci, castagne, persino ghiande. E patate e fave concorsero a dare consistenza a pugni di farina ‘dubbia’ (quella buona costava un cifra al mercato nero). Ovvio che dopo un lustro di guerra – peraltro preceduto da un altro e ben restrittivo lustro di Sanzioni – ai nostri anziani gli occhi luccicassero di gioia nel vedersi regalato pane bianco. Ma queste cose non vogliamo sentirle e sgarbatamente chiudiamo la bocca ai nostri grilli parlanti. Forse abbiamo paura.

Italo Interesse

 


Pubblicato il 15 Settembre 2012

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