Cultura e Spettacoli

San Vito protegge i danzatori

Vuole una leggenda che l’abbazia di San Vito, a tre chilometri a sud di Polignano, sorga nel punto in cui Florenza, una pia matrona romana, nascose i resti del martire. In questo luogo nel Seicento giungevano in pellegrinaggio frotte di persone colpite da una singolare forma di agitazione e tremore ; l’appuntamento aveva luogo in un determinato periodo dell’anno e si protraeva per tre sabati consecutivi, durante i quali questi sventurati percorrevano di notte Polignano recitando contro-incantesimi. Poiché l’atteggiamento di costoro ricordava quello, incontenibile, degli affetti da rabbia, essi vennero impropriamente chiamati ‘idrofobi’. Ma di cosa soffrivano questi infelici che si davano convegno all’Abbazia di San Vito? Ernesto De Martino mette l’immagine del  cane rabido sullo stesso piano simbolico della taranta, dello scorpione, della serpe, del basilisco e di altre creature sgradite e in grado di suggestionare soggetti superstiziosi e tendenzialmente labili. Alla base del disturbo, dunque, dovrebbe essere ancora l’elemento isterico. Ma qui c’è qualcos’altro. San Vito è lo stesso martire che in precedenza, nell’Europa settentrionale, era stato invocato per sedare un’improvvisa, inspiegabile e vasta epidemia nervosa che presentava caratteri di ‘agitazione coreiforme’. La gente all’improvviso si metteva a ‘ballare’, indipendentemente da uno stimolo musicale e non riusciva a smettere. Molti morivano per collasso. Questa epidemia, che aveva colpito il Belgio, la Francia nordorientale e il Lussemburgo nel 1374, si era ripresentata prima a Strasburgo nel 1518 e poi nelle Fiandre nel 1564. Si parlò di avvelenamento collettivo da segale cornuta, non si escluse il ‘contagio diabolico’. Si sarebbe venuti a capo del mistero solo un secolo dopo, quando Thomas Sydenham, uno scienziato inglese, individuò in quel fenomeno le conseguenze di un’epidemia encefalitica (poi battezzata, ballo di San Vito) che compare in soggetti con patologie reumatiche e caratterizzata da movimenti a scatto e incontrollabili di mani e piedi. Questo muoversi scomposto, erroneamente intenso come ansia coreutica, venne curato – e con esiti disastrosi – attraverso il ricorso alla musica, come si sarebbe fatto – e con ottimi risultati – nei casi di tarantismo. Con la differenza che i tarantati avevano bisogno dei musici, che invocavano per liberarsi (danzando) del “pernicioso umore”, gli ammalati del ballo di San Vito, no. Tant’è che tutti i sopravvissuti a quelle epidemie dissero di non aver avvertito affatto il bisogno di danzare, e tanto meno della musica, per tutta la durata del contagio.Una curiosità : San Vito è il protettore dei danzatori…

Italo Interesse


Pubblicato il 5 Ottobre 2018

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