Cultura e Spettacoli

Sbattere il mostro nella baracca

Nato nel 1956 come radiodramma, ‘Tutti quelli che cadono’ confermò anche via etere il talento di Samuel Beckett, talento di recente consacrato grazie al successo di  ‘Aspettando Godot’. Questa volta a far parlare di Beckett fu l’impiego di suoni riprodotti in diretta invece di ricorrere a quelli presenti in archivio e registrati dal vivo. Il disegno era scansare la piattezza omologata di questi ultimi e conferire al lavoro dei ‘rumoristi’ lo stesso spessore del lavoro degli interpreti : l’energia sprigionata dalla novità doveva amplificare il potere evocativo affidato alle voci. Quando poi ‘Tutti quelli che cadono’ approdò in teatro, quella preziosa alchimia andò perduta. Nell’idea di riacciuffarla, nel suo ‘L’ultimo atto’ Carlo Formigoni adotta modalità originalissime : colloca i protagonisti, i coniugi Rooney (interpretati dallo stesso Formigoni e da Angelica Schiavone), entro una baracca da burattini e lì li lascia per tutta la durata dello spettacolo a dare vita, a mezzo busto, al loro dialogare ora tenero, ora polemico, sempre sospeso sull’orlo del mondo. A parte qualche intromissione anche esterna del simpatico Giovanni Calella nei panni ora di Tyler ora di Barrel, rispettivamente un ciclista e un capostazione, tutto si consuma all’interno del rettangolo scenico della baracca, che a questo punto un poco evoca le suggestioni del quadro luminoso della radio su cui una volta per istinto concentravano lo sguardo gli ascoltatori più rapiti. Quanto al treno che passa, la pioggia che batte o il vento che soffia provvedono a turno gli stessi interpreti, mai operando a vista. Così ‘ridotta’, la mostruosità di Mr, Rooney si mimetizza dietro tinte pastello. Chi mai andrebbe a immaginare l’abominio in un uomo che, invelenito dalla cecità è diventato un bisbetico e che per quanto detesti il tran-tran famigliare (“gli orridi verbi della vita domestica”) ambisce ad andarsene in pensione per passare il tempo in casa, steso sul letto? Non di meno di tanto in tanto egli lancia messaggi inquietanti, specie quando dà la stura al rancore verso il Cielo e il prossimo, soprattutto i bambini, uccidere i quali equivale a “stroncare un disastro sul nascere”… ‘L’ultimo atto’, allora assume cadenze da giallo. L’idea che il marito della tenera Miss Rooney nasconda qualcosa s’insinua poco a poco nello spettatore e strisciando  lentamente assume spessore sino alla traumatica rivelazione finale. Appassionante, ma di non facile fruizione, ‘L’ultimo atto’ chiede molto alla platea, che però ripaga con larghezza, sempre che la stessa voglia abbandonarsi fiduciosa a questo flusso di parole e di scene e gesti concentrati. Ben calati nelle parti e in perfetto affiatamento, Carlo Formigoni e Angelica Schiavone brillano. – Costruzione metallica : Sandrino Crescenza ; dipinti : Giovanni Calella ; assistente alla regia : Ada Totero.

Italo Interesse

 


Pubblicato il 16 Settembre 2015

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