Cultura e Spettacoli

“Senza arte ne’ parte”: superficiale il conflitto tra precari e intenditori d’arte contemporanea

L’assunto di fondo è che le opere d’arte contemporanea (Paladino, Pascali, Manzoni ecc.) sono facilmente falsificabili. Dei precari, assunti come guardiani, ci provano per rimpinguare le 400 euro di paga. Riusciranno a ingannare un notaio, intenditore di Lecce (Guglielmo Ferraiola) e stanno per averla vinta anchea Roma. Qui una collezionista francese estrae il portafogli e paga:lo stesso direttore dà un congruo anticipo. Insomma si tratta di esperti stupidi e ‘snob’, molto propensi ad alleggerirsi le tasche da sé. Tutto sembra un gioco per i piccoli malfattori tra cui particolarmente fastidioso, con la risata sempre stampata in faccia, è l’indiano HassaniShapi (di solito interprete di parti di maggiordomo). Non c’è, quindi, nella truffa ‘suspense’ perché le vittime sono troppo imbecilli (se si salveranno dallo smacco finale sarà per un caso). Quindi, come riempire i buchi di sceneggiattura? Con i ‘cliché’. Ancora una volta siamo in n pastificio del Salento dove si accavallano le pronuncie in base all’origine degli attori: napoletani, siciliani, lombardi, baresi, leccesi. Altri stereotipi riguardano la malattia. Dopo il Salvatores di “Happy Family” incontriamo in un film italiano un’altra vecchina (Mariolina De Fano) che con i suoi comportamenti fa della dememza senile un nuovo oggetto di sberleffo (l’anziana condisce gli spaghetti col sapone grattuggiato). A questo nuovo sberleffo si aggiunge quello antiquato che riguarda l’omossessualità. Donatella Finocchiaro non riesce a sedurre un vigilante perché ‘gay’: sarà mandato Giuseppe Battiston ad assolvere alla bisogna. Insomma quando il soggetto è solo apparentemente stuzzichevole (ma questo è più chesuperato) e la sceneggiatura si basa su beceri ‘sketch’, è scontato che film e regia latitino. A vivacizzare il legame col territorio (e quindi la pellicola),non essendovi riuscite le diverse, gratuite, parlate regionali, si ricorre a un po’ di pubblicità, una sorta di ‘product placement’politico. Il quotidiano “Il Riformista” termina così la sua recensione: “Se l’idea era di aggiornare “La banda degli onesti” all’Italia odierna, vorace e berlusconiana, ironizzando sulla riproducibilità dell’arte concettuale,il gioco non riesce. Però si vedono molti manifesti elettorali di Vendola”. Noi ne abbiamo visto uno, al giornalaio presso cui siedono i protagonisti. Diceva: “Poli: come ‘leader’ io voterei Vendola”.
Gaetano D’Elia
 
 
 


Pubblicato il 10 Maggio 2011

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