Cultura e Spettacoli

Spigolature di fatti e misfatti (14)

La potenza della “telecrazia” e, ancora di più oggi, dei “social”, di cui, profeticamente, quasi 50 anni fa, Si Lamentava  Pasolini! Essa ed essi non solo ci impongono il modo di comunicare,”sed etiam” le parole, le aggettivazioni di esse, le espressioni che, a furia di essere ripetute, continuamente, e anche, inconsapevolmente, diventano irritanti “mantra” o  tormentoni. Per non parlare degli strafalcioni grammaticali che diventano “mantra” e tormentoni sulla bocca di chi vuol apparire nella comunicazione, saccentemente, “à la page”, aggiornato, al corrente, alla moda. Ad esempio: l’aggettivo “inclusivo”(dal Lat. Mediev.”inclusivus”), che include o non include; che comprende o non comprende qualcosa. ”Il prezzo del biglietto è inclusivo o non è inclusivo; comprende o non comprende della/la tassa erariale”. Con frequenza è, anche, adoperato l’avverbio “inclusivamente” o ”incluso”. “Bisognerebbe studiare da pag.1 a pag.10, inclusivamente, o, non inclusivamente, pag. 10; incluso pag. 10 o non incluso pag.10”. Come si può rilevare, evincere dagli esempi testé citati; come, inoltre, si può rilevare, evincere, se si Consultano i Dizionari della Lingua italiana, il lemma “inclusivo”, con i suoi derivati ”inclusivamente” o “incluso”, includono o escludono “qualcosa” (oggetti, pagine di libri, tasse, ecc.,ecc., ecc.), non “qualcuno” o alcuno o alcuni. I nazisti avevano progettato e costruito campi di concentramento “inclusivi” di carne da macello, che avevano marchiato, stimmato, numerato appartenente a Uomini, Donne, di tutte le Età, di razza (loro dicevano) ebraica; di etnia rom; mentre gli Uomini di Buona Volontà hanno un Cuore che Ama, che Accoglie, che Aiuta, che Conforta, che Comprende, che Simpatizza, che Si Confronta, che S’Incontra, che S’Esteriorizza, totalmente, con il/al Prossimo. I nostri 25 Lettori, dalle Azioni che abbiamo, appena, Elencato, Si saranno Resi Conto, dalla varietà dei verbi che abbiamo Usato, della Varietà dei Comportamenti, degli Atteggiamenti, comunque, positivi, che ogni Uomo ha il Dovere Mettere in Atto nei confronti dell’Altro Uomo o degli Altri Uomini, in quanto ”Tutti… hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.”, Proclama la Costituzione Italiana, all’Art. 3, Comma 1. Invece, la fretta, la pigrizia mentale,  il deserto dei Sentimenti, che alberga nell’animo dei molti massificati, omologati, riuniti in gruppi, più o meno grandi, in comunità di più o meno qualificato o squalificato spessore economico, politico, pseudoculturale, in istituzioni centrali o periferiche, amministrative, giudiziarie, militari, culturali (scuole, università) sentono il bisogno, l’esigenza razzistica di precisare, di puntualizzare che esse sono “inclusive” o, addirittura, “non inclusive”, per quanto possa essere loro possibile, di alcune Umane Particolarità. Hitler suicidò, forse, il suo corpo, ma con esso non, certamente, la malattia del suo spirito, che continuò ad infettare i posteri e non solo tedeschi! Un’altra espressione in voga, grazie, si fa per dire, ai “media”, sulla bocca dei massificati, degli omologati è “stare, essere sul pezzo”. Non da molto tempo, però, in quanto la sua diffusione sui giornali, in televisione, nelle conversazioni degli omuncoli è recente e non è attestata in Testi Letterari. Fui messo a parte di codesto obbrobrio espressivo, per la prima volta, in una intervista rilasciata, qualche anno fa, a un cronista sportivo da un tecnico calcistico di un importante “club” calcistico. Non poteva essere altrimenti, dal momento che burattini e burattinai, protagonisti nel circo calcistico, subitamente, facilmente, s’impregnano di ciò che il convento mediatico loro passa, ché non sia incentivato in loro un pur minimo bagaglio linguistico e, quindi, il Pensiero Critico. Alcuni opinano che l’espressione ”essere o stare sul pezzo” possa avere un qualche nesso con gli ambienti militari. Infatti, veniva, viene raccomandato ai soldati di “non allontanarsi, di stare vicino al pezzo di artiglieria loro affidato. Altri segnalano la coincidenza di ”pezzo” con l’oggetto lavorato dall’operaio nella catena produttiva. Infatti, ciascun operaio doveva, deve essere, diligentemente, attento ché il “pezzo” prosegua il suo viatico senza difetti, secondo i tempi stabiliti dalla kafkiana regia sfruttatrice. Altri, ancora, ipotizzano che l’espressione debba essere collegata alle esigenze giornalistiche, per le quali “essere sul pezzo” diventa una sorta di invito a seguire, costantemente,  un fatto, ché l’informazione su di esso sia il più possibile esaustiva o  di essere, ognora, aggiornati e al passo con i tempi. Che dire, poi, di quella peculiarità di eunuchi, ai quali non i genitali sono stati evirati, sebbene il cervello, tanto  da essere  privi di resilienza intellettiva, sì che, per non far torto o non essere esclusi al/dal branco,  temendo di essere considerati, linguisticamente, “d’antan”, si rassegnano ad una oratoria stafalcionata e sostuiscono la “o” congiunzione con l’avverbio “piuttosto”: vivere o (piuttosto????) vegetare o (piuttosto???) morire; mandami l’uno o (piuttosto????) l’altro; o franco o (piuttosto???) giorgio? ”Importante” è l’aggettivo – chiave che, semanticamente, connota qualsiasi “fare” dei pedatori della “pelota”, a mo’ di galeotti tatuati e a mo’ di galli crestati. La partita da giocare è importante; gli investimenti sono stati importanti; si ripromettono di fare qualcosa di importante; le reti che segnano sono importanti, ecc.,ecc., ecc. Reticenza ignava, per non rischiare di essere smentiti; per non calpestare i piedi sensibili di qualcuno, di cui un giorno potrebbero essere servi. Per questi e tanti altri motivi è meglio, loro bofonchiano, nascondere  i loro progetti, le loro impressioni, le loro decisioni dietro la foglia di fico di un aggettivo che vuole tutto significare e il contrario di tutto. L’uso, ossessivamente, iterato dell’aggettivo “importante”, da parte di coloro che vivono da sultani con i piedi, è plagiato dalla comunicazione prudente, pietosa, compassionevole dei medici che, per non spaventare i malati e i loro famigliari, nascondono la gravità della malattia nella genericità dell’aggettivo “importante”. Ma nella vaghezza, ambiguità espressiva dei protagonisti (tecnici, calciatori) degli odierni agoni di calci, gomitate, pedate si cela solo il timore di mettere a repentaglio i milioni di immeritati “sghei”. Per finire, oggi  i quaquaraqua, di genere maschile e femminile, non s’impegnano, non si sacrificano, non si avventurano, insomma, non agiscono, ma “si spendono”, a mo’ di euro, di dollari, di marchi; si disumanizzano, regredendo a moneta o a mezzo delle infinite transazioni nel mercato globale. L’unica loro valoriarità sta nel quanto di essi, nel quando, nel come essi si monetizzano o vengono monetizzati nello “spendersi” o, peggio, nel vendersi. La morte improvvisa nel sonno di davide astori, che i “media” e i “social”, sostituendosi ai tribunali cattolici, hanno elevato agli altari, ci ha insegnato, in realtà, e ricordato che impietoso è ”il passo della morte su ciò/ che, frale, non può  al Nulla resistere /in quanto esiste…”(Autocitazione). Ma oscena è stata la massificata teatralizzazione, sollecitata, ispirata dia “media” e dai “social”, del turbamento, della commozione, del dolore, l’ostentazione delle lacrime per la morte di un giovane di 31 anni, che non aveva altro merito nel suo “curriculum vitae”, se non quello di esercitare la professione di mercenario della/con la palla di cuoio; di appartenere ad una casta di privilegiati giovanotti, rea di requisire  gran parte delle risorse del sistema calcio mondiale e di dissiparle in bolidi lussuosi, in barche, in vite da nababbi, sottraendole a finalità, scopi più nobili, come dotare  l’italietta e altre nazioni di strutture, di centri sportivi in grado di accogliere, particolarmente, i ragazzi a rischio, sottraendoli a un destino di cancelli e, perfino, di morte. Campionati di calcio sospesi, il sindaco di firenze (nella cui squadra di calcio astori militava) sollecito nel decretare il lutto cittadino; i funerali celebrati nella basilica fiorentina di “santa croce”(presieduti, addirittura, dal cardinale giuseppe betori) ove, tra tanti Uomini forti, per Dirla con il Foscolo, sono Sepolti: Galileo Galilei, Ugo Foscolo, Vittorio Alfieri, Niccolò Machiavelli, Michelangelo Buonarroti, seppure non il più Grande di Tutti, quel Dante Alighieri che i fiorentini costrinsero all’esilio ed è, da morto, ancora in esilio in una Tomba di Ravenna. Quella Firenze che, con le sue gerarchie politiche e religiose, ha fatto finta di piangere il morto di serie “a” e ha, letteralmente, snobbato il Morto di serie “B”, non sapendo offrire pietosa Carità e nemmeno un lume e un fiore ad un onesto Senegalese, massacrato da un fiorentino, per il solo fatto di essere stato dal caso prescelto, ché S’incontrasse con un fallito, disperato e folle. Sig. betori, astori la luce? Di cosa, per illuminare chi? Per offrire ai ragazzini un modello di vita dissipata, nella quale corpi senz’anima si mettono all’asta e si alienano al miglior offerente? Sig betori, Capisco ché lei non abbia parlato nell’omelia sua in “santa croce” di Dante, quale Esempio massimo di un’ Esistenza che Accese e, ancora, Accende l’Animo dei Forti a Cose egregie. Ha voluto essere solidale con i suoi predecessori, papi, cardinali, che Dante, il “Ghibellin fuggiasco, soprattutto per loro malanimo, giustamente, Situò nei più miserabili gironi infernali. I 31 anni di davide astori sono stati pochi per vivere, ma molti ed eloquenti per Spingerci a Riflettere  che la Morte, come la Definiva il divino Totò, è una “livella” che tutto e tutti azzera: giovinezza, vecchiezza e ciò che orna  o disadorna il vissuto di chiunque. La memoria, non mistificata, di coloro,  a cui essa non ha ancora tagliato i fili  dell’essere e dell’esserci, può salvare le opere, i tratti esistenziali,  caratteristici di coloro che si sono inabissati nel Nulla, a patto che tacciano i “media”, i “social”, i sepolcri imbiancati. Le orme di davide astori devono, ormai,  per Parafrasare  Giorgio Caproni, farci battere il cuore, ma non devono ascoltare e diffondere altra voce se non quella della ”nottola”. Saremo, così, più giusti con tutti e per tutti. E tutti Ameremo.

Pietro Aretino, già detto Avena Gaetano


Pubblicato il 14 Marzo 2018

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