Cultura e Spettacoli

Tintoretto e i dubbi

Nella prima metà del Cinquecento l’Italia, come tutta l’Europa, fu a più riprese falcidiata dalla peste. Nell’impotenza della medicina, la gente si aggrappava ai Santi. Il più invocato in quel periodo fu San Rocco, per il fatto che nel corso della sua breve vita (1350-1379) aveva guarito migliaia di appestati tracciando un segno di croce sulla loro fonte. La riconoscenza popolare trovò espressione in numerosi dipinti. Il più celebre di questi, intitolato ‘San Rocco risana gli appestati’, è conservato a Venezia, proprio nella chiesa dedicata al pellegrino taumaturgo di Montpellier. La vasta tela (304×673 cm.), realizzata nel 1549, reca la firma del Tintoretto. E’ possibile che il celebre pittore veneto abbia dedicato allo stesso tema altre opere. Una di queste, una pala d’altare di cm. 315×915,  sarebbe conservata nella Pinacoteca Metropolitana di Bari Corrado Giaquinto. Il condizionale nasce dal fatto che di recente sono emersi dubbi ragionevoli sulla paternità di quest’opera. Commissionata forse dalla facoltosa famiglia Effrem, l’opera fu rinvenuta – e così malridotta che l’arcivescovo Clary ne dispose il restauro – nel 1882 nell’Archivio della Cattedrale di Bari. L’opera recava la firma del Tintoretto e l’anno di realizzazione : 1595. Ma il grande pittore veneto era morto l’anno prima…  Durante il restauro del 1950, poi, emerse la natura apocrifa di quella firma. Infine l’opera presenta qua e là significative differenze stilistiche. Sulla base di queste incongruenze, alcuni studiosi giunsero a questa conclusione : Morendo, il Tintoretto non portò l’opera a termine, per cui essa dovette essere completata da altra mano. Si fece il nome del figlio Domenico, il quale affiancò il padre nel lavoro di bottega, aiutandolo sempre più con l’avanzare dell’età (alla morte del Maestro, Domenico, gli si sostituì nel raccogliere commissioni, ma con assai meno fortuna ; più che nelle grandi composizioni con diverse figure, eccelse invece nei ritratti, come quello di Galileo Galilei, datato 1605). E si fece anche il nome di Jacopo Palma il Giovane, altro coevo esponente della scuola veneta. Altri studiosi (Clara Gelao) sostengono che l’opera fu invece eseguita nel 1577, ventisei anni dopo la realizzazione della tela conservata a Venezia, quando il Maestro aveva ancora davanti a sé diciassette anni di vita. Provando a mettere assieme le cose si può pensare che il Tintoretto, forse perché avanti con gli anni e perciò assai provato, abbia dovuto abbandonare la pala. Per rispetto verso il padre, il figlio Domenico ne attese la morte per completare l’opera (ecco spiegato quell’impossibile 1595), cui appose anche, falsificandola, la firma del Maestro. Fu malizia, avidità, bisogno di non perdere un facoltoso compratore ? Certi sospetti sono mortificanti.

 

Italo Interesse

 

 


Pubblicato il 11 Maggio 2022

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