Cultura e Spettacoli

Tra le righe la Patria alle pezze

 
 
Nella Sala delle Cerimonie del Municipio di Castellana Grotte si presenta oggi un libro del nostro Vitoronzo Pastore che raccoglie documenti e testimonianze dei soldati italiani che furono prigionieri degli Alleati o che vennero internati dai Tedeschi all’indomani dell’8 settembre. Edito da Suma, “Dietro il filo spinato” è libro toccante che si distingue pure per l’enorme contributo iconografico. Un patrimonio di circa duemila  tra foto, cartoline, biglietti postali, schede di cattura, schede fotografiche… In mezzo a tanto materiale non potevano mancare stralci di corrispondenza. Si tratta di documenti che meritano attenzione anche al di là del fatto strettamente umano per la capacità che hanno di raccontare una generazione e il segmento storico di appartenenza da un’ottica inattesa. Per esempio, quasi mai il supporto (la carta) è di buona qualità. Le speciali ‘cartoline postali per Forze Armate’ non sono mai bianche, ma di colore vario, forse allo scopo di mascherare la grossolanità di materiale fabbricato autarchicamente. E i motti, gli slogan immancabili riportati su questi cartoncini segnalano l’inconsistenza economica di una Patria pezzente e viziosa quanto basta per sfidare le massime “plutocrazie” del mondo (‘Chi non risparmia offende i supremi interessi della Patria’, ‘Senza grasso il cannone non spara’, ‘Rinunzia al superfluo perché il soldato abbia il necessario’…). Altri slogan – che sollecitano a tacere ‘persino a tua madre’ tutto ciò che riguarda il servizio poiché ‘anche il segreto militare è un’arma’, il nemico ‘ti ascolta’, ‘ha informatori ovunque’… – la dicono lunga sulla nostra impotenza dinanzi allo strapotere industriale dello spionaggio nemico, inglese soprattutto. Venendo all’aspetto strettamente ‘tecnico’ dei testi, emerge la chiarezza della calligrafia pur a fronte di un italiano piuttosto sgrammaticato. Segno che la nostra scuola, anche quando doveva fermarsi alla terza elementare (cosa frequentissima fra la truppa), riusciva ad essere  ‘formativa’. Guarda oggi. I nostri diplomati mettono assieme pensieri altrettanto approssimativi che i nostri soldati dell’ultima guerra eppure la loro grafia è indecifrabile. Spesso scrivono a stampatello ; altre volte, per capriccio o per sbrigarsi, sostituiscono ‘ch’ con ‘k’, ‘per’ con ‘x’… La stessa difficoltà comunicativa presente tra mail e sms (e sarebbe interessante studiare i messaggi spediti a casa dai nostri militari in servizio in Iraq, in Afghanistan). Infine l’intensità del tratto grafico. A parte quelle scritte a matita, sono ben leggibili anche le parole scritte in azzurro (che ha resistito agli oltraggi del tempo). Questo perché all’epoca non esistevano le bic ma penne stilografiche caricate con inchiostro di qualità ; lo stesso inchiostro dove venivano intinte asticciole in punta alle quali pennini si producevano anche in virtuosismi degni d’un Ufficiale di Scrittura. Matite, stilografiche, asticciole che possiamo immaginare passate cento volte di mano in mano (al fronte o in prigionia  c’era penuria anche di queste cose) per rassicurare cari in ambascia a costo di bugie pietose : ‘godo ottima salute’, ‘me la passo molto bene’, ‘ci trattano bene’… Che abisso ci separa da quei poveri giovani. Un abisso ben più profondo e ampio dei sessanta, settant’anni che sono passati dai giorni di coscritti male armati e peggio equipaggiati, mandati a spezzare le reni al mondo al puro scopo di offrire alla Patria “qualche migliaio di morti da mettere sul tavolo delle trattative di pace”.
 
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Pubblicato il 3 Novembre 2011

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