Cultura e Spettacoli

Un bue fu la salvezza

Cosa sarebbe successo duemila anni fa se si fosse visto un bue uscire dal mare grondante acqua e… uomini, aggrappati alle corna, alla coda…? Si sarebbe senz’altro parlato di prodigio, di uomini temerari e Dei corrucciati, di Poseidone che ci mette lo zampino… Duemila anni dopo la stessa scena avrebbe scatenato reazioni ben diverse… Alle 00:40 del 27 aprile 1915, a sud di Santa Maria di Leuca, mentre era in navigazione verso Antivari, il Lèon Gambetta, un incrociatore corazzato della marina francese, fu attaccato dal sommergibile austro-ungarico U-5. Centrata da due siluri, l’unità francese andò rapidamente a fondo portandosi dietro 684 uomini. Otto ore dopo, 108 naufraghi raggiungevano Leuca stipati all’inverosimile a bordo di una scialuppa. Informata del fatto, l’Autorità del nostro Paese (che in quel momento era ancora in posizione di neutralità) mandava in soccorso due torpediniere che, partite da Brindisi, raggiunsero alle 13:20 il luogo del siluramento dove vennero raccolti 27 naufraghi. Altri marinai vennero “recuperat” in un secondo momento. Quali le circostanze di tale ‘recupero’? Il bollettino ufficiale tace in proposito. Ma ecco in soccorso un’altra testimonianza. La fonte è autorevole, trattandosi di Giulio Menini, allora comandante di un posamine che faceva la spola tra la polveriera di Buffoluto, dove andava ad approvvigionarsi di mine e lo specchio d’acqua di Taranto, in cui posava gli stessi ordigni. La testimonianza è contenuta in ‘Vele, cannoni e cuori sul mare’ (Ed. Cisalpia, Milano 1941) : “Un gruppo di marinai si salvò in modo veramente strano”. A bordo del Leon Gambetta c’era come “carne in piedi” (così venivano chiamati gli animali imbarcati vivi per essere macellati nel corso della navigazione) “un cornutissimo bue”. Nella confusione conseguente al siluramento l’animale cadde in mare. Guidata dall’istinto, la bestia si mise a nuotare verso terra. Alcuni marinai, che “stanchi, stavano per abbandonarsi alla loro triste sorte”, nel vedere il bue “così gagliardamente galleggiare” gli si attaccarono “alla groppa, alla coda e alle corna”. Malgrado il non lieve carico, il bue nuotò per miglia e miglia sino a Santa Maria di Leuca. “Cristiani e bestia ebbero tutte le cure del caso e si riebbero”. Il bue, “che nessuno osò più uccidere”, fu in seguito trasferito alla polveriera di Buffoluto di Taranto dove fu adibito al trasporto di munizioni. Ed ecco spiegata la ‘conoscenza’ tra animale e ufficiale.  Finché visse, il bue fu “molto rispettato e ritenuto un buon portafortuna”.  Torniamo ora al bollettino ufficiale in cui si parla di “recupero” di altri marinai, tacendo a proposito di buoi. In quel ‘recupero’ si può leggere il rifiuto dell’Autorità Militare di abbandonarsi ad una nota di colore e di riconoscere significato al gesto di un animale da presepe invece che dal carattere marziale. Chissà, fosse stato un cavallo avrebbero trovato come decorarlo. Ma un bue… A un bue si poteva al massimo concedere il diritto alla vita, salvo sgobbare sino all’ultimo giorno  trasportando il materiale più pericoloso del mondo.

Italo Interesse

 


Pubblicato il 27 Settembre 2019

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