Primo Piano

A sinistra, dopo l’appello di Zingaretti al M5S, si potrebbe riaprire la partita per le regionali

Si dovrebbe chiudere nella giornata odierna (il condizionale però è d’obbligo, visto l’esito dei precedenti incontri!) il nodo dei candidati governatori del centrodestra alle Regionali del 2020. E l’accordo già raggiunto a inizio ottobre dello scorso anno, tra i maggiori leader del centrodestra (ossia Matteo Salvini della Lega, Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia e Sivio Berlusconi di Forza Italia), dovrebbe essere sostanzialmente confermato anche nell’incontro previsto in serata di oggi a Roma, tra Salvini, Meloni ed il vice di Berlusconi, Antonio Tajani, i quali, dopo l’incontro tenutosi lunedì sera, hanno sostanzialmente chiuso il cerchio intorno a quanto già concordato in largo anticipo prima delle regionali di Emilia-Romagna e Calabria. Come è noto, infatti, l’intesa raggiunta nel centrodestra lo scorso autunno era stata messa in discussione dal segretario leghista dopo la mancata elezione a governatore della leghista Lucia Borgonzoni in Emilia-Romagna a fine gennaio. Salvini – come si ricorderà –   aveva poi chiesto candidati diversi da quelli già concordati e proposti da Fratelli d’Italia e Forza Italia, in Puglia e Campania.  Però, il capo del patito con sede in via Bellerio a Milano si è scontrato con l’intransigenza i colleghi dei suoi due tradizionali partiti alleati che, sondaggi alla mano, non hanno mai ceduto di un solo millimetro sui nomi dei loro rispettivi candidati già lanciati per due Regioni del Sud, Puglia e Campania per l’appunto, e una del centro, le Marche, che andranno prossimamente al voto insieme a Toscana, Veneto e Liguria.  Scontata la corsa dei governatori uscenti, il leghista Luca Zaia in Veneto e l’ex forzista Giovanni Toti in Liguria. Quindi,  Salvini, Meloni e Tajani  entro oggi dovrebbero confermare le candidature, per Fdi, di Francesco Acquaroli nelle Marche e Raffaele Fitto in Puglia; e, per Fi, di Stefano Caldoro in Campania. Dovrebbe essere confermata anche la candidatura dell’europarlamentare leghista Susanna Ceccardi in Toscana (anche se  quest’ultima non è stata mai messa in discussione, se non come ipotetica ‘casella’ di scambio per i salviniani, che avrebbero voluto invece un proprio candidato in una delle due regioni del Sud chiamate al voto o nelle Marche). L’accordo definitivo del centrodestra dovrebbe essere siglato nell’ambito di un pacchetto complessivo di indicazioni che sarebbe bilanciato anche con la suddivisione delle candidature a sindaco alle  amministrative, previste contestualmente alle regionali, nei Comuni capoluogo dei 129 centri con più di 15mila abitanti chiamati a rinnovare il Primo cittadino ed i rispettivi consigli comunali. Anche se, secondo qualche bene informato, una sparuta parte interna al ‘Carroccio’ spera in extremis di poter ancora riuscire  a ‘strappare’ una candidatura a governatore nelle citate tre regioni del Centro-Sud agli alleati di Fdi o Fi. Infatti, come è pure già noto, nelle Marche i leghisti vorrebbero far correre come candidato presidente il sindaco di Jesi, Massimo Bacci, mentre in Puglia hanno già lanciato la corsa del presidente dell’Invimit, Nuccio Altieri, ed in Campania sognavano di schierare il magistrato-scrittore Catello Maresca o l’ex rettore dell’Università di Salerno, Aurelio Tommasetti. Ma – come detto –  il “cerchio” dovrebbe essere stato chiuso già lunedì scorso, quando gli alleati della Lega hanno fatto muro attorno ai loro candidati, Acquaroli, Fitto e Caldoro, già lanciati da tempo, respingendo, con sondaggi alla mano, le critiche dei leghisti. Critiche, d’altronde, che lo stesso Salvini aveva respinto al mittente, quando erano stati gli alleati a polemizzare sulla scelta della leghista Lucia Borgonzoni in Emilia-Romagna, poi – come è noto – sconfitta dal governatore Dem uscente, Stefano Bonaccini. Infatti, a chi nel partito degli ex lumbard pretenderebbe ancora di ‘sottrarre’ una candidatura a Fdi, il segretario leghista pare che abbia già spento ogni velleità rispondendo che, al posto di Meloni, anche lui si sarebbe comportato allo stesso identico modo. Ossia, rivendicando, a questo giro, due candidature (al momento a Fdi, nella spartizione, dei governi regionali è andato solo l’Abruzzo con Marco Marsilio). Quindi, il risultato finale del lungo braccio di ferro della Lega all’interno del centrodestra per le candidature a governatore di Puglia, Campania e Marche dovrebbe probabilmente concludersi entro oggi con le lancette riportate indietro di circa otto mesi, se si confermeranno gli accordi già presi lo scorso autunno da Salvini, Meloni e Berlusconi, anche se con la differenza che la Lega avrà dalla sua un certo numero di candidati sindaci nei principali Comuni che andranno al voto insieme alle prossime regionali. Infatti, lo slittamento lunedì sera di altre 48 ore dell’ufficializzazione dell’accordo per le regionali all’interno del centrodestra sarebbe avvenuto proprio per mettere a punto la mappa dei Comuni in cui assegnare la trazione leghista per la guida della coalizione alle amministrative. Invece, per quanto riguarda la data della consultazione, l’emendamento presentato dal forzista barese Francesco Paolo Sisto ed approvato lunedì scorso alla Camera ha verosimilmente ‘blindato’ di fatto l’election day  per il 20 e 21 settembre, come indicato da governo Conte e dalla maggioranza “giallo-rossa”, in quanto ha spostato la finestra elettorale per le Regioni individuando la data del 20 settembre come prima domenica utile in cui votare, e non più prima, come invece avevano chiesto a gran voce alcuni dei sei governatori uscenti, tra cui il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano. Sull’emendamento di Sisto il centrodestra nell’Aula di Montecitorio si è presentato diviso, perché Fi ha votato a favore, la Lega si è astenuta, mentre Fdi da sola ha votato contro. L’emendamento è poi stato accolto grazie ai voti della maggioranza che, a quel punto, è stato del tutto evidente di essersi accordata prima (ossia in Commissione Affari costituzionali) con parte dell’opposizione, per evitare il voto in estate e togliere così le “castagne” dal fuoco sia al Governo che ad una parte dell’opposizione, che da giorni erano sotto pressione da parte di qualche loro esponente che avrebbe voluto invece assecondare i governatori (Emiliano, De Luca, Zaia e Toti) che chiedevano il voto a fine luglio o, al più il 6 settembre. Ma se nel centrodestra la partita delle candidature a governatore sembra ormai definita, nel centrosinistra, e in particolar modo in Puglia, sembrerebbe invece potersi forse riaprirsi. Infatti, dopo l’invito del segretario del Pd, Nicola Zingaretti, al M5S  per formare alle prossime elezioni locali alleanze omogenee alla coalizione di governo nazionale, anche nella nostra regione il quadro delle candidature a livello comunale, ma anche regionale, potrebbe forse riaprirsi. E l’appello di Zingaretti in Puglia è già stato rilanciato con forza dal deputato Alberto Losacco del Pd, che ha prontamente rilevato: “L’unità delle destre è una scelta politica di contrapposizione al Governo voluto e sostenuto dalle nostre forze”, commentando: “A questo s’aggiunge che i prossimi anni richiederanno un Governo della Regione a forte vocazione politica, in grado di dialogare e stabilire una forte collaborazione istituzionale con quello nazionale”. Quindi, ha concluso seccamente Losacco: “Il Partito Democratico pugliese metta in campo una forte iniziativa per cercare fino all’ultimo una convergenza programmatica con gli alleati di Governo. Non farlo potrebbe rivelarsi un drammatico errore”. E questo altro non sarebbe che un messaggio fin troppo chiaro del Pd nazionale per il governatore pugliese uscente, Emiliano, che (stando – tra l’altro – notoriamente in svantaggio nei sondaggi con lo sfidante del centrodestra ormai certo, Fitto) con la sua ricandidatura potrebbe mettere fortemente a rischio le possibilità di vittoria del centrosinistra in assenza di una solida alleanza elettorale con i “5 Stelle” alle prossime regionali. Intesa, questa del Pd con i pentastellati, che però in Puglia sul nome di Emiliano sarebbe verosimilmente difficile, se non addirittura impossibile, da raggiungere. A meno che i “5 Stelle” pugliesi non abbiano la particolare vocazione all’auto-estinzione nelle urne. Cosa quasi impossibile da immaginare ed a non capirne i perché. Ma un’eventuale messa in discussione della ricandidatura Emiliano e l’ipotesi di una possibile alleanza elettorale tra Pd ed M5S sancirebbe sicuramente il fallimento del segretario pugliese del Pd, Marco Lacarra, che in precedenza è stato di fatto il “braccio” operativo per la ricandidatura di Emiliano attraverso le primarie. Per cui un eventuale rimescolamento delle “carte” nel campo del centrosinistra pugliese dovrebbe passare necessariamente attraverso un’immediata uscita di scena di Lacarra dalla guida del partito. Ma questa è solo un’ipotesi. Anche se non del tutto inverosimile.

 

Giuseppe Palella


Pubblicato il 10 Giugno 2020

Articoli Correlati

Pulsante per tornare all'inizio