Cronaca

Anche a Bari la manifestazione del comitato “L’ora della Verità“

Nessuno di noi era a Bologna” è questo lo slogan della manifestazione organizzata dal Comitato “l’Ora della Verità” in oltre 30 piazze italiane. Anche a Bari, in piazza Diaz, gli attivisti dell’associazione – nata nel 2005 per sensibilizzare l’opinione pubblica nella ricerca della verità sulla strage avvenuta a Bologna il 2 agosto 1980, per la quale furono condannati alcuni esponenti dei NAR, i quali però si sono sempre dichiarati estranei a quella tragica vicenda – hanno osservato due minuti di silenzio: uno per le vittime e un altro per chiedere piena luce sul sanguinoso attentato. I presenti hanno manifestato in maniera silenziosa e ordinata indossando la pettorina con le scritte “Nessuno di noi c’era” e “Strage di Bologna 40 anni di bugie” per ribadire che i colpevoli di comodo non rendono giustizia alle vittime e che la verità giudiziaria emersa fino ad oggi è ben lontana da ciò che è accaduto davvero in quella calda giornata di quarant’anni fa. Tra le 85 vittime della bomba alla stazione, 7 erano baresi: Sonia Burri, Francesco Cesare Diomede Fresa, Vito Diomede Fresa, Enrica Frigerio, Patrizia Messineo, Silvana Serravalli in Barbera e Giuseppe Patruno. Una lapide posta sul muro di Palazzo di Città ne custodisce il perenne ricordo. Tante sono ancora le domande senza risposta su quest’atto terroristico. Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel suo discorso in occasione delle commemorazioni istituzionali ha riaffermato “Il dovere della memoria, l’esigenza di piena verità e giustizia con ogni elemento documentale e non documentale, e la necessità di una instancabile opera di difesa dei principi di libertà e democrazia”, parole che hanno spinto Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, condannati all’ergastolo per quella strage, a scrivere una lettera aperta all’Adnkronos nella quale, ribadendo ancora una volta la loro innocenza per quei fatti e mutuando le parole di Mattarella spiegano che: “Dei documenti molto interessanti giacciono al Senato. Chi li ha letti dice che raccontano di minacce esplicite contro l’Italia. Considerato che noi siamo stati condannati, ma fino ad oggi nessuna sentenza ha individuato una motivazione coerente sul vantaggio che un piccolo gruppo di destra avrebbe mai potuto trarre dal colpire dei connazionali diretti al mare o in montagna, i documenti della stazione di Beirut dei nostri servizi segreti un ‘movente’ sembrano invece servirlo su un vassoio d’argento. Questi documenti sono ‘segreti’ ormai solo formalmente, in molti li hanno visti, sono anche stati allegati ad alcuni processi, ma a Bologna la magistratura li ritiene ‘ininfluenti’. Talmente ininfluenti da non volerli nemmeno vedere, come dire, ininfluenti ‘a prescindere’. Ora – proseguono – il comitato parlamentare che vigila sui servizi segreti, il Copasir, ha dato parere favorevole alla richiesta di alcuni parlamentari di poter consegnare questi documenti a degli storici perché ne valutino il valore. La Presidente del Senato, la Casellati ha sottoscritto questo parere favorevole. Manca una terza firma perché la desecretazione abbia luogo: manca la firma del Presidente del Consiglio, Conte. Ecco l’importanza delle parole ‘complete’ di Mattarella: alla verità si arriva attraverso ulteriori atti ‘documentali o non documentali’. Gli atti ‘documentali’ sono alla firma del Presidente del Consiglio: speriamo che ascolti le esortazioni del Presidente della Repubblica, e firmi. Poi gli storici, di qualsiasi tendenza, diranno la loro. Poi ci saranno gli ‘atti non documentali’. Come è noto – ricordano – in una bara è stato trovato il volto di una giovane donna che, dopo un test del Dna, si è scoperto essere incompatibile con la persona che avrebbe dovuto essere lì sepolta. Gran sorpresa dei familiari, che in alcune interviste hanno raccontato dello sconcerto di aver portato fiori per 39 anni a una persona che credevano fosse la figlia, e invece non lo era. A Bologna i giudici hanno minimizzato la cosa, ipotizzando qualche pasticcio nelle autopsie. Gli esperti hanno spiegato loro (ma anche ad alcuni giornali) che, dopo aver esaminato tutti i rapporti delle autopsie, potrebbero essere 7 le donne che, avendo riportato ferite al capo, potrebbero essere eventualmente le ‘proprietarie’ del volto misterioso. Gli stessi esperti hanno detto che 7 a voler essere esaustivi, ma in realtà i casi possibili in via teorica sono 2, al massimo 3. Hanno anche spiegato che non ci sarebbe bisogno di disseppellire nessuno: basterebbe fare il Dna ai parenti delle donne con ferite al capo: costo stimato complessivo, attorno ai 1500/2000 euro. 3.500 se si volessero raccogliere tutti e 7 i Dna. Se tutti i Dna risultassero negativi si avrebbe la prova scientifica di una vittima in più, di una 86a vittima misteriosa di cui nessuno ha mai denunciato la scomparsa. E siccome il perito esplosivista ha ribadito che questo ‘volto’ appartiene sicuramente ad una persona ‘vicinissima al luogo dell’esplosione, la più vicina tra tutte le vittime’ chiunque abbia un po’ di buon senso capisce che potrebbe trattarsi di chi portava un pacco di esplosivo, e sicuramente non aveva messo in preventivo che il suo trasporto finisse lì, quel giorno, nella sala d’attesa di 2° classe della stazione ferroviaria di Bologna. Ricordiamocelo. E – concludono – ricordiamolo a chi di dovere: scandagliare ‘ogni elemento, documentale o non documentale, che possa contribuire a raggiungere pienamente la verità. ‘Scandagliare’ ha detto Mattarella, non archiviare come vorrebbero continuare a fare a Bologna […]”.

 

Maria Giovanna Depalma


Pubblicato il 4 Agosto 2020

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