Cronaca

Bari periferica, campi in degrado eppure frequentati

Prosegue la decadenza dei campi ai margini del capoluogo. Ugualmente un piccolo e fluttuante popolo frequenta luoghi che ci aspetterebbe desolati per lo squallore del panorama (macerie, rifiuti, alberi carbonizzati..). Agli amanti della mountain bike, per esempio, piacciono i resti dei tratturi. Gli appassionati  della fotografia trovano di che esaltarsi tra avanzi di civiltà contadina e spunti di denuncia sociale. E c’è chi ama portarsi dietro il cane e liberarlo (attenzione però a cocci di bottiglia, resti di reticolato abbattuto e coperto dalle erbacce). Non mancano gli spiriti solitari e i ‘cercatori’, quella curiosa genia che arriva a bordo di un tre ruote e carica lavelli, reti da materasso, cerchioni,  mobiletti… (nella stessa categoria possiamo inserire pure chi se la spassa a raccogliere cicoriette, cipolle selvatiche o asparagi). Una volta abbiamo visto arcieri dilettarsi contro un bersaglio appeso a un ramo e sappiamo di ragazzi armati di fucili a piombini o di fionde professionali che fanno strage di bottiglie e ratti (oltre che, purtroppo, di innocue serpi e qualche rapace). Vogliamo dimenticarci delle prostitute?… Giusto per restare in tema di sesso, tra i frequentatori di questi postacci vanno annoverate pure le coppiette, le quali a loro volta devono guardarsi dalla frangia peggiore di questa variegata umanità e che comprende tossici, balordi, guardoni. Inevitabile allora il transito di pattuglie delle forze dell’ordine ; transito che per saltuarietà ed estraneità ai luoghi pattugliati acquista dell’irreale, quasi un’apparizione. I campi in abbandono offrono poi un’inattesa risorsa alimentare. Se nessuno si sogna di spogliare di drupe olivi isolati, tuttavia quei pochi peri rimasti in vita e i più numerosi mandorli rappresentano un’attrazione forte, anche per la comodità di poter consumare sul posto il frutto. Cosa quest’ultima impossibile con i fichi d’india, per portar via i quali gli innocenti predoni si presentano con un secchio e l’apposito arnese asporta-frutto. Le spine delle spatole sono una bella insidia, si sa. Insidia che l’amante del piccolo rischio o del rapporto più naturale con le cose sceglie di affrontare arrangiandosi con un frammento di cartone a mo’ di guanto e una buona dose di abilità. A pungere non sono soltanto i fichi d’india. Ci è rimasta impressa l’immagine di una giovanissima rom che raccoglieva more dentro un fitto cespuglio (quanti ne sorgono intorno ai resti dei franati muri a secco). Priva di guanti, le braccia nude, il busto proteso con prudenza in avanti, rovistava in un mare di spine. La sua era una danza delicata di braccia e mani. Le dita, come api in volo di fiore in fiore, si posavano delicate, stringevano appena il frutto alla base e dopo averlo tirato con delicatezza sgusciavano lievi verso la gonna le cui tasche andavano gonfiandosi. Non era una giornata di sole e intorno era solo squallore. Eppure la ragazza aveva un’aria serena.

Italo Interesse


Pubblicato il 1 Agosto 2012

Articoli Correlati

Pulsante per tornare all'inizio