Cronaca

Benny, un ‘barivecchiano’ ucciso negli ‘anni di piombo’

Domani alle dieci in punto, in occasione del quarantaquattresimo anniversario dell’omicidio di Benedetto Petrone, l’amministrazione comunale deporrà una corona di fiori nella via a lui intitolata nei pressi del Palazzo del Governo e, a seguire, un’altra corona presso una lapide in piazza Prefettura. Alla cerimonia parteciperanno il sindaco Antonio Decaro, i familiari di Benedetto e i rappresentanti del Comitato XXVIII novembre che si ritrovano ormai da oltre quarant’anni per dimenticare un episodio di violenza come ce n’erano tanti in quegli anni che tutti chiamammo di piombo, in Italia. E il 28 novembre 1977, Benny come lo chiamavano tutti allora, fu assassinato a Bari proprio dalle parti dove si terrà la cerimonia di domani mattina, al termine di un inseguimento d’una squadraccia della sezione missina ‘Passaquindici’ di Bari/Carrassi. Una “squadraccia” come la chiamarono tutti che, purtroppo, lui non riuscì a distanziare, in quanto claudicante. Eggià, Benny era poliomielitico, ‘barivecchiano’ doc e per di più comunista, un ‘cocktail’ che lo aveva reso più che mai inviso a chi faceva politica dall’altra parte della barricata nella Bari che solo qualche mese dopo avrebbe conosciuto il rapimento e e poi l’assassinio dello statista e figlio adottivo Aldo Moro. E nella Bari di quello scorcio finale di 1977 i giovani di destra e di sinistra avevano le loro radio libere, i loro territori e le zone che, se qualcuno le valicava, lo faceva a suo rischio e pericolo: Carrassi, Poggiofranco e parte del centro, almeno fino al Bar ‘Esperia’ erano terra dei ‘fasci’, mentre il Borgo Antico e parte di Murat, fino al ‘giardino’ di piazza Umberto, erano territorio esclusivo dei ‘compagni’. E nel tardo pomeriggio di quel 28 novembre, dopo qualche sfottò e scaramuccia, roba normale come detto per quei tempi, forse qualche parola di troppo, in più forse vecchie ruggini tra alcuni dei militanti della Federazione Comunista e quelli della sezione missina di fronte alla Casa circondariale, dalle parole si passò ai fatti. E cioè alle coltellate che costarono la vita a Benny Petrone, provocando una reazione compatta dell’intera Città qualche ora dopo, al mattino. Non s’è mai più visto, infatti, un corteo spontaneo (c’era stato il tamtam per tutta la notte di Radio Radicale di Via Suppa, a Bari) come quello del 29 novembre. Un corteo ripreso e documentato da un bellissimo film/lungometraggio di un Nico Cirasola che conoscevano ancora in pochissimi, con quasi tremila persone tra studenti, lavoratori e semplici cittadini. Che, alla fine, si ritrovarono in mezzo alle cariche della polizia e dei lacrimogeni. E infatti gli autonomi si erano staccati dalla manifestazione – fino a quel momento pacifica – e avevano assaltato la sede della Cisnal in via Niccolò Piccinni, sindacato di riferimento del Movimento Sociale Italiano. Nei giorni successivi si scatenò ancor più la rabbia degli amici e compagni di Benny, una rabbia sconfinata che sfociò in un altro assalto, stavolta alla sede della sezione ‘Andrea Passaquindici’ che fu incendiata. Fino a un anno dopo, quando Giuseppe Piccolo, estradato dalla Germania dove aveva cercato rifugio dopo l’uccisione del giovane comunista di barivecchia, venne processato e condannato dalla Corte di Assise a vent’anni di carcere per l’omicidio che ricorderemo tutti domani mattina. Una pena che Pino Piccolo non ha mai espiato, suicida in cella…

Francesco De Martino


Pubblicato il 27 Novembre 2021

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