Cultura e Spettacoli

Caduti, reduci e dispersi, il prezzo iniquo della guerra

Quale potente motivo di suggestione, per chi sappia coglierne il senso, può esercitare il Passato. Sentimento che si fa irresistibile se accompagnato da immagini, se vissuto attraverso il contatto con documenti d’epoca o, meglio ancora, con i luoghi dove uomini grandi e piccoli hanno scritto la Storia. L’emozione infine tocca l’apice allora che una sorte benigna consente di stringere la mano a un reduce di guerra. Quanti applausi avantieri nella Sala Consiliare del Comune di Cassano Murge dove Leonardo Massaro, uno tra i pochissimi superstiti della strage di Cefalonia, ha ricevuto una targa. Nato a Cassano il 4 gennaio 1923, il Caporale Leonardo Massaro fu tra le migliaia di soldati della Divisione Acqui che i tedeschi misero al muro nell’isola greca. Ma per un caso fortunatissimo fu solo sfiorato dalla scarica fatale. Creduto morto, non venne finito. Ciò gli permise di sopravvivere. Tornato in Patria al termine di un calvario di tradotte, campi di concentramento e di lavoro, il Nostro  riprese “la dura vita di prima, arrangiamenti e sacrifici” ; trovò lavoro, mise sù famiglia. Impresa che ha dell’eroico, considerando tanto stress anche ‘morale’. Come non manifestare gratitudine verso tanto esempio? La cerimonia ha avuto luogo nel corso di altro evento, ‘coerente’ col dramma di Massaro : la presentazione  di ‘Il massacro della Divisione Acqui’, un testo scritto da Vitoronzo Pastore ed edito qualche mese fa da Suma. Frutto di uno sforzo enorme il libro getta nuova luce su una vicenda fosca e tristissima. Ma nonostante tutta la dedizione dello storico di Casamassima, restano in piedi ancora dubbi e sospetti a proposito di Cefalonia. L’unica certezza è che nell’indegna incertezza di quei giorni persero la vita migliaia di innocenti. Giovani in gran parte rimasti senza sepoltura e andati a gonfiare la lista imponente dei dispersi italiani nell’ultima guerra. A consolazione dei parenti, di tanto in tanto emergono tracce di questi uomini ingoiati dal buio. L’ultima traccia riguarda un altro pugliese, Antonio Bardicchia, un bersagliere nato a San Donaci il 29 luglio 1922 e scomparso in URSS dopo l’8 novembre 1942, giorno della sua ultima missiva. Nei disordini della guerra quella lettera non giunse mai a destinazione. Chissà come, qualche anno fa, la lettera ha fatto capolino in Rete, su una bancarella virtuale. Individuato da Christian Carbotti, un associato di Fonte Rivalis, Associazione di San Donaci che si adopera per la valorizzazione del territorio da più punti di vista, il prezioso documento è stato consegnato alcuni giorni fa a un pronipote di Bardicchia nel corso di una toccante cerimonia (è quanto apprendiamo da un puntuale articolo a firma della collega Roberta Del Prete e apparso su Quotidiano di Brindisi l’1 ottobre di quest’anno). Una lettera straziante nella quale un povero coscritto, un altro pezzetto di carne da cannone scrive a casa che gli mandino un chilo di fichi secchi, tabacco, sigarette, cartine e cerini in un pacco che non superi i 2 kg, pena il mancato inoltro. Chissà, per una questione di qualche etto, quanti di quei pacchi non giunsero a destinazione. Che fine fecero? Ecco i piccoli misteri sui quali non conviene sollevare sipari. La miseria morale che la guerra accende negli ‘uomini piccoli’ è la più greve cornice alla follia, alla pochezza, all’egoismo di capi di stato, duci e generali (i ‘grandi’).

Italo Interesse

 


Pubblicato il 7 Novembre 2013

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