Cronaca

Emiliano: “In Puglia Rt è 1,06, tra i più bassi”

”Il dato dell’Rt è 1.06, tra i più bassi d’Italia e abbiamo un numero ancora elevato di terapie intensive disponibili in caso di bisogno”, ha fatto sapere ieri via tubo catodico (oramai le televisioni, pubbliche e private, sono il suo pulpito) il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano. Il quale non ha perso occasione su Sky24 di dilungarsi sull’argomento più gettonato dell’anno. ”L’ospedale della Fiera – ha spiegato ancora l’ex magistrato – non ha la funzione di  supportare le terapie intensive che devono essere dispiegate entro la  fine del mese secondo il nostro piano, servono soprattutto a consentire agli ospedali più importanti, che hanno dovuto sospendere  le attività ordinarie, a riprenderle nei mesi che verranno, e quindi al trasferimento di tutti i pazienti di terapia intensiva in strutture più grandi,  che consentano a un minor numero di anestesisti di presidiare più pazienti”. Emiliano come al solito parla senza spiegarsi bene, o meglio sperando che anche chi ascolta le sue dichiarazioni sia una specie di ‘tuttologo’. Ad esempio senza dire che l’acronimo <<Rt>> rappresenta il valore che indica come varia lo stato di contagiosità in una zona (a seconda del campione che si sceglie, in questo caso regionale) al variare del tempo. Una variabile che a sua volta dipenderà da quali misure le regioni mettono in campo. Questo significa che l’indice Rt permette di monitorare l’efficacia degli interventi nel corso di un’epidemia. Va anche detto che la soglia indicata per l’allerta ad aprile scorso era Rt minore o uguale a 1, ma se superiore a 1 (come oggi, a fine novembre e presumibilmente i primi giorni di dicembre), scatta l’allarme, in quanto con le misure vigenti ogni persona ne potrebbe aver contagiato un’altra. E quindi, come dice il presidente pugliese, non bisogna abbassare la guardia, stando bene attenti a non inasprire i ricoveri negli ospedali. Anche il fido assessore alla Sanità Pier Luigi Lopalco ieri ha parlato naturalmente di contagi, paure e pandemie, ma non i televisione stavolta. “Finora abbiamo dei dati di fatto che ci dicono che il contagio e’ ripartito da quando si sono riaperte le scuole ed e’ ripartito in maniera sproporzionata nella fascia di età scolare: ossia chi andava a scuola si e’ contagiato di più rispetto ad altre fasce di età”. Così ha parlato l’epidemiologo ieri nel corso del confronto conclusivo della tre giorni di ‘Aspettando la notte’, organizzato dall’Università di Foggia.   “Accanto a questa osservazione abbiamo anche assistito all’evidenza che la seconda ondata di coronavirus e’ stata sostenuta principalmente da focolai famigliari – ha continuato Sono ancora una volta convinto che la scuola sia un aggregatore sociale troppo importante in tempi di pandemia”. E ancora: “Con questo non vogliamo dire che i contagi avvengono in aula ma possono avvenire fuori dai cancelli, sull’autobus, al bar, quando i ragazzi si riuniscono a fare i compiti”, ha spiegato e ha concluso: “Ecco perchè terrei ancora la didattica a distanza come standard e la didattica in presenza solo come estrema ‘ratio’ per le famiglie che non possono permettersi di tenere i bambini in casa. Ma e’ chiaro che dietro questa scelta ci sono anche valutazioni politiche da fare”.

 

Francesco De Martino


Pubblicato il 28 Novembre 2020

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