Cultura e Spettacoli

Gli ‘idrofobi’ di Polignano

A tre km a sud di Polignano, a pochi metri dal mare, si leva l’abbazia di San Vito. Vuole la leggenda che essa sorga nel punto dove Florenza, una pia matrona romana, nascose i resti di San Vito. Nella cappella di questo luogo di culto, dove sarebbe conservato un osso del braccio del giovane martire, nel Seicento venivano in pellegrinaggio persone colpite da una singolare forma di agitazione e tremore ; l’appuntamento aveva luogo in un determinato periodo dell’anno e si protraeva per tre sabati consecutivi, durante i quali questi sventurati percorrevano di notte Polignano recitando un incantesimo. Poiché l’atteggiamento di costoro ricordava quello, incontenibile, degli affetti da rabbia, essi vennero impropriamente chiamati ‘idrofobi’. Il richiamo all’idrofobia non è comunque del tutto fuori luogo dal momento che  ancora la leggenda vuole che un giorno san Vito, avendo incontrato pastori disperati perché alcuni dei loro cani in preda alla rabbia avevano sbranato un bambino, richiamò le bestie, si fece dalle stesse restituire i resti del corpo del bambino cui ridonò la vita. Ma cos’era questa forma di agitazione e tremore che spingeva a Polignano centinaia di infelici? Ernesto De Martino mette l’immagine del  cane rabido sullo stesso piano simbolico della taranta, dello scorpione, della serpe, del basilisco e di altre creauture orride in grado di suggestionare soggetti superstiziosi e tendenzialmente labili. In effetti va ricordato che San Vito è lo stesso Santo che nell’Europa settentrionale, durante il rinascimento fu invocato per sedare un’improvvisa e vasta epidemia nervosa che presentava i caratteri di ‘agitazione coreiforme’. Esiste dunque un nesso tra gli ‘idrofobi’ che a Polignano chiedevano aiuto a San Vito e i ‘tarantati’ che a  Galatina si mettevano sotto la protezione di San Paolo? Forse sì, considerando che entrambi trovavano sollievo nella danza durante la quale, attraverso l’imponente sudorazione che si accompagnava al movimento, essi si liberavano degli influssi nefasti dai quali erano tormentati, di natura fisiologica o no che fossero. Tale nesso però andrebbe considerato alla luce di una comune e più vasta interpretazione : La Chiesa snaturò importanti rituali catartici dell’era pagana voltandoli in chiave cristiana. La forzatura portò a reazioni incontrollate e variegate a seconda delle aree geografiche cui faceva da innesco la fissa del Maligno. E poiché era più facile riconoscere il Male in animali ributtanti o terrifici come un ragno o un cane idrofobo, bastava un contatto anche solo ravvicinato (quanti entrarono in crisi alla sola vista di uno scorpione, di una serpe) per cadere in preda ad un languore melanconico o ad una frenesia che solo una danza personalizzata (la pizzica) poteva sedare.
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Pubblicato il 24 Ottobre 2011

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