Cronaca

Il flop dell’anguria contro natura

E’ il tempo dell’anguria mangiata per strada, fresca, a sera, su tavolini alla buona. Una tradizione qui a Sud. Un piacere ad esaltare il quale concorre l’idea di fecondità che s’accompagna ai colori di questo frutto meraviglioso dalla superficie levigata come la pelle di un bimbo. Il bello dell’anguria è che non ne trovi una uguale all’altra. Ma sferiche oppure oblunghe, ad accomunare le angurie è la stessa generosa rotondità. Per cui, nostrane o che vengano da chissà quale angolo di mondo, esse si distinguono per quel loro assembrarsi in composizioni irregolari a perenne rischio rotolio. E pensare che si è corso il rischio, negli ipermercati, sulle bancarelle o nei chioschi alla buona di cui si diceva in apertura, di vedere angurie composte con la stessa regolarità con cui si impilano partite di merce imballata. E’ stata davvero una fortuna che l’anguria quadrata non abbia attecchito da noi. Sei anni fa sembrava che il mondo dovesse arrendersi a questa grande novità, dettata soprattutto dalla necessità di ottimizzare spazi e quindi ridurre all’estremo costi di carico e di percorrenza. Angurie quadrate, sissignore, il lettore ha letto bene. La paternità della trovata è di incerta attribuzione. Si parla dei soliti giapponesi, per quanto un imprenditore italiano (Franco Feroldi) avanzi i propri diritti ; la sua domanda di brevetto avanzata nel nostri paese nel 2000 venne respinta con la testuale dicitura : “mancanza di attività inventiva”. Anguria quadrata, dunque. Qui però l’ingegneria genetica non c’entra. Per far crescere in termini ‘spigolosi’ ciò che in natura nasce tondo non servono diavolerie da laboratorio o serre iper tecnologiche. Basta inserire il frutto quando è all’inizio dello sviluppo dentro uno stampo in legno (un risultato che un po’ ricorda l’effetto degli anelli dorati che in certi paesi del terzo mondo vengono applicati al collo delle bambine per allungarlo innaturalmente). Volendo si potrebbe ‘quadrare’ anche mele, pere, arance, zucchine, cetrioli… Se si preferisce forzare la natura con le sole angurie è perché il peso, quindi la resa del singolo frutto promette costi e ricavati ben più convenienti che nel caso di susine, carote o cespi d’insalata. Quello dell’anguria quadrata, più che un flop è stato un rifiuto a priori, almeno se parliamo di Italia e del nostro Mezzogiorno. L’idea è stata respinta in partenza dai grandi distributori, i quali mostrano così di conoscere bene i consumatori. Quando si muove fra le scansie di un ipermercato il consumatore si rivela infantile, perciò indolente, viziato o viziabile, anche ignorante, mai stupido. Sa ancora distinguere tra un prodotto di qualità e uno scadente. E possiede ancora sufficiente carica umana per respingere l’oltraggio a madre natura quando spinto oltre il sostenibile. Un’anguria si mangia prima con gli occhi. Un’anguria quadrata non stimola l’appetito.

 

Italo Interesse

 


Pubblicato il 5 Luglio 2012

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