Cultura e Spettacoli

Il Muro della Peste

Non poche volte nel corso della sua storia la Puglia ha dovuto patire epidemie di peste. Una cosa imputabile in buona parte alla sua posizione geografica, che da sempre fa di questa terra la cerniera tra Occidente e Oriente e quindi il motivo di transito per masse enormi di uomini, animali e merci. Quella del 1656 fu particolarmente virulenta, anche per aver trovate impreparate Autorità e popolazione. La cattiva esperienza fu d’aiuto trentaquattro anni dopo, quando l’orribile morbo si ripresentò. Questa volta la peste non procurò gli stessi danni che in passato, vuoi per la minore diffusione del fenomeno, rimasta circoscritta a Conversano, Monopoli, Polignano, Mola, Fasano e Castellana, vuoi per le rigorose misure assunte. La più severa di queste consisteva nel ‘muro della peste’, ovvero una cintura sanitaria stretta intorno ai centri abitati colpiti. Nessuno poteva oltrepassarla in un verso o nell’altro, a meno di volersi buscare una palla nella schiena da parte dei soldati posti di sentinella. Restava però il problema delle salme. Se già in condizioni di normalità era un azzardo seppellire i morti nei sotterranei delle chiese, durante una pestilenza lo stesso costume diventava delittuoso. Ma non era uno scherzo individuare a poca distanza dai paesi colpiti terreni incolti e comunque disabitati dove scavare fosse comuni e riempirle di cadaveri intervallati da strati di calce viva. A Fasano scelsero di ‘conferire’ quei poveri resti in una grave che si apre a meno di tre chilometri dall’abitato e che da allora ha preso il sinistro nome di Grave degli Appestati (fonte : ‘Selva d’oro’, di Leonardo Chirullo, sacerdote monopolitano). A differenza di quanto accadrebbe oggi, la soluzione non indignò alcuno, essendo allora la norma usare questi crepacci come discariche. Ancora oggi c’è chi pretende – ovviamente di notte e magari quando c’è la luna piena  – di udire lamenti provenire dagli ingressi di quella grave… Recenti ispezioni speleologiche non hanno portato alla luce resti umani. Non si può però escludere che strati di ossa umane giacciano sotto una pesante coltre di materiale lapideo ricavato dallo spietramento dei terreni circostanti. Il caso della Grotta degli Appestati non è unico in Puglia. In circostanze analoghe e in periodi differenti alla stessa dolorosa bisogna furono destinate anche la ‘cisterna’ della Madonna dell’Altomare  (Andria ) e la Grotta presso la Cappella di San Gusmano (Conversano). Quest’ultima, secondo Sante Simone, architetto conversanese vissuto tra il 1823 e il 1894, fu “riempita dai cadaveri degli appestati; una parte della quale (grotta) fu messa allo scoperto dalla trincea praticata colà nella costruzione della strada Conversano – Polignano a Mare. Nessuno prese cura a ricoprirla, permettendo che i ragazzi andassero a baloccarsi con gli stinchi ed i crani di quei poveri martiri.”

 

Italo Interesse

 


Pubblicato il 3 Maggio 2019

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