Cultura e Spettacoli

Il respiro dei versi della sera

 

Avvolti da nemici e al veleno degli stessi impermeabili, i poeti de La Vallisa procedono lungo la loro strada. Il più recente acuto (risale al mese scorso) si chiama ‘Flatus Versuum Vespertinus, un’antologia di sedici liriche tradotte in latino da Vitantonio Sirago (il quale preferisce la qualifica di ‘translator’). Un capriccio, una trovata per attirare i riflettori? Daniele Giancane e compagni scoprono il petto ai dardi degli immancabili detrattori e parlano apertamente di provocazione : Rilanciare la parola dei Cesari, proporla quale lingua ufficiale UE e così superare  la “Babele inestricabile” delle 25 lingue ufficiali parlate nella parte ‘unita’ del vecchio continente. “Un’utopia, un sogno, una follia? Forse sì, forse no”. Prendiamola come un’intrigante novità : Sedici poeti (Nicola Accettura, Donato Altomare, Domenico Amato, Enrico Bagnato, Rino Bizzarro, Gaetano Bucci, Angela De Leo, Giulia Poli Di Santo, Zaccaria Gallo, Daniele Giancane, Angela Giannelli, Renato Greco, Loredana Pietrafesa, Gianni Antonio Palumbo e Anna Santoliquido) si propongono con altrettante brevi liriche, ognuna tradotta non secondo i canoni della metrica classica bensì con l’impiego del verso libero, aperto a una musicalità di gusto post-moderno. Quest’ultimo punto è di importanza fondamentale. La lettura in latino produce un effetto curioso : spegne la curiosità di leggere il testo originale e spinge ad abbandonarsi alle lusinghe armoniche di una lingua forse datata eppure capace ancora di una vis seduttiva irresistibile. Neanche la scuola peggiore ha saputo strappare il rispetto alla voce d’Orazio e di Virgilio. Rilassa questo abbandonarsi alla lettura in latino senza la necessità di ricorrere alla pronta soluzione d’ogni enigma posta in appendice al libro. Perché qui, finalmente, la ‘traduzione’ non è d’obbligo (quale ristoro per animi afflitti da traumi scolastici). ‘Flatus Versuum Vespertinus’  non sarebbe piaciuto ai rapaci dittatori da cattedra ancora in servizio sino agli anni sessanta e che nel nome di Cicerone e Tito Livio, di una cultura elitaria e nozionista e del più distorto dovere formativo si facevano un punto d’onore di tormentare legioni di studenti (studenti peraltro disposti ad amare un Catullo o un Ennio Quinto quando ‘serviti’ con serenità umile e fertile invece che con modalità da esecuzione capitale). C’è in questo ‘respiro dei versi della sera’ (in latino : flatus versuum vespertinus) una grandezza che, senza essere magniloquente, tocca. E tale sentire porta alla fantasia che sedici noti poeti pugliesi abbiano tradotto in italiano, con esiti diversi caso per caso, una silloge di Vitus Antonius Sirago, questo ‘doctor Litterarum in Neapolitana Universitate’ che, divenuto in ‘tarda aetate’ docente di Storia Romana ‘in Universitate Barensi, un giorno, ‘sponsore Daniele Giancane’ assunse l’incarico di trascrivere in latino sedici ‘carmina scripta’ nella convinzione che il ‘Latinum sermonem parimonium’ debba essere ‘in orbe diffusum’.

Italo Interesse

 


Pubblicato il 21 Marzo 2014

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