Primo Piano

Interporto: a un anno dall’approvazione delle varianti è ancora tutto fermo

S’intensifica l’azione amministrativa per far decollare finalmente l’interporto di Bari,

un’opera in eterno ritardo che doveva essere completata ed entrare a pieno regime già da diverso tempo, mentre la società per azioni presieduta da Lello Degennaro, politico e imprenditore capo dell’omonimo gruppo edile, assomiglia sempre più a un’aquila che però, come scritto su queste colonne in passato, non riesce a spiccare il volo. E cioè a completare il grande progetto di mettere la Città di Bari, come detto, al centro dei collegamenti su rotaia e gomma. Degennaro sta portando avanti il suo piano per una struttura che si estenderà su una superficie di 500mila metri quadri (di cui 90mila coperti) all’interno della quale ci sarà uno scalo ferroviario intermodale di circa 6 chilometri con un investimento da ben 120 milioni di euro. Un investimento sostenuto da capitali privati e pubblici, con in prima fila la Regione Puglia di Nichi Vendola e Guglielmo Minervini, l’assessore tornato da poco ai Trasporti. Un progetto ambizioso, dunque, con una lunga serie di magazzini per stipare le merci trasportate, come detto, gomma e ferro, con tanto di centro direzionale, attrezzature per le merci, officine, celle frigorifero, impianto per il lavaggio e, se tutto andrà come nei piani, albergo e mensa. Tanti i servizi che offrirà l’Interporto dei Degennaro, quando sarà completato e a regime: bar e ristoranti, ma anche sportelli bancari e postale per un’unica area intermodale che sarà in grado di raddoppiare l’attuale, un primo stralcio costituito da 22mila metri quadri coperti e 130mila metri di piazzale. Ma i tempi che sembravano accorciarsi, dopo che il 24 luglio dello scorso anno il Consiglio Comunale ha approvato le tre varianti per cominciare l’iter espropriativo di alcuni suoli agricoli ricompresi nell’area intermodale nei pressi della Scalo Ferruccio, al rione San Paolo, per cui i finanziamenti che interessano tanto i Degennaro sono salvi. Eppure, anche se perfino qualche consigliere di Minoranza non s’è opposto all’approvazione di varianti che interessano suoli agricoli (fatti passare l’anno scorso senza colpo ferire da una giunta che ha fatto la “guerra santa” su altri suoli a verde, quelli interessati dalla lottizzazione al Tondo di Carbonara dove dovrebbe sorgere la Cittadella della Giustizia…) c’è ancora chi giura che anche quest’opera non rappresenti altro che il solito, grande “bluff” per drenare finanziamenti e appalti. Tutto senza alcun beneficio per operatori e territorio. In effetti, a sette anni dall’inaugurazione, l’Interporto Regionale della Puglia, beneficiario di oltre 73 milioni di euro di fondi pubblici (gran parte dei quali europei), non potrebbe essere neppure considerato un vero e proprio interporto, mancando della connessione alla rete ferroviaria, bensì una semplice piattaforma logistica utilizzabile solo via gomma. Tante, troppe le promesse a vuoto dell’assessore pugliese ai trasporti sulla messa in opera del raccordo fra Interporto e ferrovia, anche se proprio la prossima settimana scadono i termini per le offerte di binari e traversine, necessarie all’attivazione dell’eterna incompiuta, appesantita da un fardello di finanziamenti giunti a circa 150 milioni di euro. Cifre da capogiro che non reggono il confronto dinanzi al bilancio di Interporto, società controllata per oltre il 99% da una finanziaria di famiglia dei Degennaro: per il secondo esercizio consecutivo, infatti, il 2010 si è chiuso con una perdita di circa 2,8 milioni di euro, con un’esposizione debitoria che ha superato gli 85 milioni di euro. Come dire che il grande sogno dell’intermodalità barese è affidata ad un colosso dai piedi di argilla…..

 

Francesco De Martino


Pubblicato il 23 Maggio 2014

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