Cultura e Spettacoli

La neviera di San Magno

A una quindicina di chilometri a sud di Corato, in aperta campagna, si erge una ben conservata chiesetta in pietra a secco. Lo stato di conservazione è tanto più degno di meraviglia se si considera la vetustà del piccolo tempio, del quale si fa cenno nel IX volume del Codice Diplomatico Barese, un importantissimo atto notarile del 1128. Si tratta della chiesa di San Magno. E’ quanto resta dell’antico, omonimo villaggio, distrutto dai saraceni sul finire del secolo X. Ma le origini dell’abitato sono assai più remote, come testimonia la presenza di una necropoli composta da un’ottantina di sepolcri a tumulo di tipo dolmeico realizzati con grandi lastre calcaree. Dal sepolcreto sono emersi reperti del VII-VI secolo avanti Cristo: oggetti in ferro e vasellame sia non decorato che dipinto a figure geometriche, fibule e braccialetti: i corredi funerari sono oggi custoditi presso il Museo della Città e del territorio di Corato. La vastità della necropoli, estesa su una superficie di due chilometri quadrati, fa pensare a comunità assai più consistenti nel passato precristiano. Là dove oggi si parla di San Magno, tribù daune dovevano prosperare praticando la pastorizia, l’agricoltura e il commercio. Una prosperità resa possibile dal poter disporre della madre di tutti i beni: l’acqua. A pochissima distanza da San Magno si apre una vasta dolina priva di inghiottitoi che si allaga nella stagione invernale e il cui toponimo spiega molte cose: Pescara degli Antichi. Evidentemente per millenni questo impluvio naturale ha rappresentato una delle maggiori risorse dell’Alta Murgia inducendo popolazioni a stabilirsi. Tornando alla chiesetta di San Magno, è interessante notare sulla facciata orientata ad ovest, a circa mezzo metro da terra, la presenza di un finestrone: esso consente l’accesso ad un sottano dalla volta a botte. Un tempo quel locale era preposto alla conservazione della neve. Quando non esistevano i frigoriferi (il che vuol dire sino alla fine dell’Ottocento), per conservare il pesce o preparare gelati si faceva ricorso alla neve. Ma dove trovarla in estate ? I nostri avi, ben più ingegnosi di quanto la nostra arroganza tecnologica ci consenta d’immaginare, usavano stipare la neve in seminterrati o sotterranei sul cui pavimento fosse disteso uno strato di paglia. Ricoperta da un secondo strato di paglia, la neve si conservava perfettamente. Con le stesse cautele, compressa dentro ceste di vimini ancora foderate di paglia, la neve raggiungeva intatta le località di mare. Li veniva smerciata al minuto oppure era  trasferita in altre neviere. A Bari, a due passi dalla Cattedrale esiste l’Arco della Neve, segno che sotto quelle volte esisteva un basso adibito all’immagazzinamento della neve.

 

Italo Interesse

 


Pubblicato il 8 Maggio 2021

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