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La “tegola” di Pate per Decaro e quella di Tupputi per Emiliano

Nei giorni scorsi il Sindaco di Bari, Antonio Decaro, ha rimosso dall’incarico l’assessore al Bilancio e Tributi, Alessandro D’Adamo, subito dopo aver appreso che quest’ultimo è indagato per truffa nell’ambito della sua attività personale d’impresa. Ieri, invece, un altro esponente di spicco del sottogoverno comunale barese, Paolo Pate, nominato sempre dal Primo cittadino barese, prima alla guida del Consorzio di Sviluppo industriale di Bari, l’Asi, e da ultimo alla guida dell’Amiu spa, ossia dell’azienda partecipata dei Comuni di Bari e Foggia per il servizio di igiene e raccolta dei rifiuti solidi urbani nelle due città capoluogo, si è dimesso dall’incarico perché imputato per false comunicazioni sociali in concorso con i fratelli Cavallari, in un’indagine afferente la sua attività professionale di commercialista e non di presidente dell’Amiu. Pate, al fine di non mettere in imbarazzo le amministrazioni comunali di Bari e Foggia, ha ritenuto opportuno rimettere il mandato ricevuto qualche anno fa dal sindaco Decaro che, come si ricorderà, aveva “promosso” Pate dalla presidenza dell’Asi a quella dell’Amiu e contestualmente aveva spostato l’avvocato Persichella dalla presidenza dell’Amiu a quella dell’Amtab spa, dove lo stesso Persichella appena qualche mese dopo, mentre l’allora presidente dell’Amtab, l’avvocato Vulcano, venne spostato al posto di Pate alla guida dell’Asi, dove è tuttora in carica. Decaro ha spiegato la rimozione di D’Adamo (che è indagato ma non ancora imputato!) sostenendo che “l’esercizio di importanti funzioni pubbliche deve essere privo di qualsiasi sospetto”. Ebbene se così è (e tale dovrebbe essere!) per chi ricopre funzioni pubbliche o, comunque, di affidamento pubblico, come nel caso della presidenza dell’Amiu che, pur essendo una funzione di natura privatistica perché trattasi di una spa, trattasi comunque di una partecipata al 100% di proprietà pubblica e, quindi, nella fattispecie di un incarico pagato interamente con soldi dei cittadini, allora il sindaco Decaro dovrebbe chiarire come mai Pate, che già all’epoca della sua nomina all’Asi prima ed all’Amiu dopo, era indagato per l’ipotesi di reato per cui oggi risulta imputato fu scelto dal Primo cittadino barese per una così importante funzione? Infatti, alla luce della scelta operata qualche giorno fa da Decaro per l’assessore D’Adamo, qualcosa non quadra nel ragionamento sia logico che etico perseguito in precedentemente dal sindaco di Bari. Infatti, siamo in presenza di una clamorosa contraddizione da parte di Decaro anche perché non può di certo trincerarsi dietro la nota locuzione che “poteva non sapere” su Pate, visto che l’incresciosa vicenda giudiziaria di quest’ultimo, già all’epoca della sua “promozione” alla presidenza dell’Amiu era un fatto di dominio pubblico. Quindi, Decaro all’epoca ignorò la “questione morale” e decise di nominare ugualmente Pate alla guida della partecipata comunale. Oggi, invece, ha ritenuto di rimuovere D’Adamo per evidenti motivi di opportunità morale. In definitiva, “due pesi e due misure” rispetto al tempo in cui fu scelto Pate per la presidenza Asi prima ed Amiu dopo. E – sostengono in molti – “di tale marchiana contraddizione, oltre che della scelta infelice operata, il Primo cittadino barese non può di certo non farsi carico sia come la responsabilità politica che morale”. Pertanto, alla luce di tale semplice considerazione, anche la recente notizia delle dimissioni (spontanee?) del presidente dell’Amiu rappresenta una “tegola” che a Bari ha sfiorato il decennio di amministrazione Decaro. Da non sottovalutare, inoltre, che lo stesso Pate, appena qualche giorni fa, aveva annunciato la partecipazione di una lista civica da lui organizzata, “Popolari per Bari”, alle prossime elezioni amministrative, a sostegno del candidato sindaco Vito Leccese, di cui – come è noto – Decaro è il principale sponsor politico e come lo stesso Leccese ha confessato durante un confronto pubblico con il suo competitor Michele Laforgia. E sempre per rimanere in tema di “tegole” che in questi ultimi tempi si stanno abbattendo sia sul Comune di Bari che sulla Regione Puglia, ieri anche sul governatore pugliese, Michele Emiliano, e sulla sua maggioranza regionale è caduta un’altra “tegola” politica. Infatti, l’ex capogruppo di “Con”, Giuseppe Tupputi, dimessosi – come è noto – la scorsa settimana, ha annunciato di uscire dal Gruppo e di dichiararsi indipendente. “Politica è dire sempre noi e mai io” – ha dichiarato Tupputi in una nota e continuando ha detto: “parto da questo caposaldo per spiegare le ragioni che mi hanno spinto a lasciare il movimento di Con, dichiarandomi da oggi ufficialmente indipendente”. Infatti, per l’ex capogruppo, “Con ha smarrito la sua identità, le sue prerogative”. Ragioni, queste, che lo avevano a suo tempo convinto a credere nella “nuova sfida in occasione delle elezioni regionali del 2020”. “La linea politica tracciata ‘ab origine’, è oggi appena accennata, – ha aggiunto Tupputi – non offre prospettive future così come merita la seconda forza politica più suffragata della maggioranza”. “Nessuna capacità di autodeterminazione, né di autonomia politico-amministrativa – ha sottolineato, inoltre, il consigliere della Bat – è stata raggiunta dal movimento che, al contrario, appare troppo spesso semplice strumento nelle mani di altri”. Infatti, Tupputi sostiene che “il tentativo di riconciliazione è apparso irrecuperabile quando non ho percepito condivisione di intenti alla richiesta di azzeramento della Giunta Regionale e di tutti i ruoli apicali delle agenzie partecipate della regione, per dare un segnale forte dopo le ultime vicende giudiziarie che hanno colpito il cuore della politica pugliese”. Siamo ormai ad una serie di scosse, una dietro l’altra, che giorno dopo giorno, sia al Comune di Bari che alla Regione Puglia, rischiano di far crollare politicamente i due principali protagonisti della politica pugliesi dell’ultimo decennio. Ovvero Decaro da un lato ed Emiliano dall’altro. Come a dire che anche per destino: “Simul stabant, simul cadent”.

Giuseppe Palella


Pubblicato il 18 Aprile 2024

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