Cultura e Spettacoli

“l’aurora primordiale che incendia l’orizzonte”

Un radicato luogo comune vuole i poeti col capo fra le nubi e perciò idiosincratici a capire come gira il mondo. Forse ciò è valido per poetastri e sognatori morbosi. Militante del sentimento e ‘resistente’ per natura, il poeta, invece, sa osservare e comprendere la società nella quale suo malgrado è immerso meglio di un capitano d’industria o d’un tabaccaio. Tale superiore capacità di ‘vedere’ gli consente di penetrare la crosta che avvolge sia le cose che i cuori, e contro cui s’infrange la spocchia ridicola dell’homo pragmaticus. Numerosi libri di poesia confermano questa lungimiranza ‘altra’ e socialmente utile. In mezzo alle tante e più recenti testimonianze in tal senso abbiamo scelto ‘Dal Santuario’, una breve silloge edita qualche settimana fa da Edizioni Helicon e che reca la firma del molfettese Marco Ignazio de Santis. Saggista e narratore, il Nostro non disdegna l’esercizio lirico, per quanto la sua fedeltà alla Musa sia tendenzialmente “silenziosa”, sicché, “quando la poesia attraversa la stanza / la scrittura si fa circoscritto pudore”. Nondimeno, “quando giunge l’ora” de Santis non si sottrae al “corpo a corpo con l’arte” che spalanca le porte al “guizzo solenne che incendia la polveriera della fantasia”. E’ però quella di de Santis un’attenzione che, pur non insensibile ai “celestiali incanti”, sa volgersi anche alle “macerie del mondo / dove batte il plettro del tempo” e  la cui vista è ragione d’interrogativi spinosi (“Perché il gabbiano fugge / l’immensità del mare / e fruga tra mucchi di pattume?”). Soffocato dalla “ciurma brulicante del mondo”, questa massa che alimenta il “Moloc che divora”, il poeta vive una lacerazione : Ha ancora un senso “la tenera prole dei versi”? Ugualmente si conferma saldo nei suoi propositi, “smagato uomo metafisico / che non demorde”. C’è odore di commiato e solitudine in questa silloge. Nel silenzio di una casa, supino sul letto, un uomo si lascia catturare da un geco che guizza sul muro, dallo stormire di pini “contro muri di cinta”. Stila allora un inventario e “gli schematismi della vita crollano”. Impossibile definire questa delicata silloge. Temi diversi convergono e come venti in contrasto su un braccio di mare scatenano la procella. Non più giovane, Marco De Santis vive un rabbioso rigurgito di vita che, quasi un’onda anomala, vuol avere ragione della marea “lenta, inesorabile” del tempo. “E’ l’ansia della vita che sfugge / sabbia fra le dita”. Ma lasciati gli studi per uscire “alla campagna”, basta “l’aurora primordiale / che incendia l’orizzonte” per vedere spenta anche “la pena più segreta” e avvertire il volto bagnato “all’aria del mattino” che “torna a gioire / e a sbocciare come fa la rosa”.

Italo Interesse

 


Pubblicato il 27 Febbraio 2014

Articoli Correlati

Pulsante per tornare all'inizio