Cultura e Spettacoli

Lettera aperta al fra non molto solo sig. Giorgio Napolitano

O, ancora, presidente giorgio napolitano,

finalmente, ha proclamato che se ne va dal “colle”. Sinceramente, NOI non ne possiamo più di lei. Avendo lei 13 anni (non c’è, a dire il vero, stratosferica differenza d’età) più di NOI, essendo lei del 1925 e NOI del 1938, l’abbiamo seguito, sin dalla nostra Gioventù, nelle sue frequenti apparizioni nella tribune politiche della rai. Sempre, con quel “look” facciale, non Diremmo serio, ma rivelamte (Potremmo SbagliarCI! Se la nostra Impressione è fallace, CE  NE Scusiamo, fortemente) una sorta di altezzoso disprezzo nei confronti del popolo televisivo, che voleva essere informato della politica del pci, di cui lei era un dirigente, non sappiamo se autorevole, “sed”, certamente, dei piani alti, i piani dove aveva l’ufficio “il migliore”, per IntenderCI. Del resto,“noblesse oblige”! La nobiltà comportava obblighi: prima di tutto l’obbligo di mantenere le distanze da coloro che non facevano parte del ceto sociale nativo, anche se era importante, laddove la “politicante” visibilità comunale, regionale, nazionale non era possibile, ché troppo ingolfata di questuanti, nelle congreghe, lapalissianamente, appaltatrici del potere o dei poteri, iscriversi nelle “liste” di coloro che, per censo o perché non scaturiti dai pariniani “magnanimi lombi”, avevano bisogno di “intellettuali” (così Sentivamo dire nelle sezioni del pci, che Frequentavamo, quando esse erano piene, zeppe di mani callose, che avevano, appena, smesso, di arare nei campi o il duro lavoro nelle officine, nelle botteghe artigiane), dagli ”intellettuali”, come lei, guardati, poco ascoltati, con circospetta alterigia. “Intellettuali”, come lei, che agli operai, ai braccianti agricoli, ai disoccupati parlavano con le labbra che accentuavano la loro mandarinata  mobilità, per celare il poco o il nulla che comunicavano a coloro che avevano bisogno del Calore di una Promessa d’Impegno Politico in loro favore. Se lei scorre “internet” (Siamo Sicuri che l’avrà fatto, almeno, per sorridere di certe maldicenze alla signorini, se non sbaglio, capo gabinetto di un settimanale gossipparo), avrà preso contezza di quali paternità è accusato di occultare e di quali società segrete farebbe parte, peraltro, familiari alla famiglia da cui le male lingue immaginano possa lei discendere. D’altronde, come direbbe la malanima di andreotti, è lei che si va a cercare la conferma di ceri pettegolezzi da taverna. E sì, e – grege, ancora, presidente, non erano trascorsi molti “istanti”, si fa per dire, dalla sua elezione a presidente della repubblichetta italiettina, da lei, poi, trasformata, pian, pianino, con gli italiettini, a palate, interessati agli annuali festival sanremesi, ai piedi dei mercenari juventini, interisti, milanisti, romanisti, in una monarchietta, che un vittorio emanuele, figlio del re di maggio, umberto II, si fa arrestare e, per ordine del p.m. Henry John Woodcock, trasferito nel carcere di potenza. Non si capisce bene quale sia stata la pulsione istintiva di un atto, a dir poco, irrituale, non in consonanza con le sue prerogative costituzionali, certo è che nella primavera del 2007 lei si premura di richiedere al c.s.m. il fascicolo personale del Magistrato, testé Nomato. Per farne cosa ? Per sapere di Costui cosa ? Perché per un savoia tanto presto interessamento, da costituire un precedente che avrebbe dovuto, potuto costringerla a trascorrere  il suo settennato a consultare tutti i fascicoli dei p.m. che avessero o che in futuro avrebbero fatto arrestare illustri sconosciuti ? Marco Travaglio in una trasmissione televisiva Denunciò “urbi et orbi” che la sua pretesa di rovistare nel fascicolo personale di un Magistrato, che aveva Chiesto la custodia cautelare, addirittura, per un “savoia”, fu, forse, l’annuncio, che lei volle lanciare agli italiettini, della ripristinata monarchietta. Comunque, per la verità anagrafica o per la verità “tout court” lei nacque da giovanni napolitano, poeta, saggista, avvocato, e da  carolina bobbio, secondo il Giornalista Cristiano Lovalelli Ravarino, dama di compagnia della regina maria josè. L’essere sua madre contessa di napoli, lei, o ancora, presidente, tenne, tenacemente, pervicacemente, nascosto, da buon, sedicente comunista, Afferma il Giornalista, di cui testé abbiamo fatto cenno, come berlinguer, suo non proprio sodale, tenne nascosto, quasi scheletro nell’armadio, di essere un marchese. Quando si dice la “Sinistra”: al mondo non c’è, mai, stata! Come la Cristianità! Sono due Utopie, non Impossibili, Realizzabili, come Dice l’Anarchico Bitontino, Gino Ancona, “sed” NOI Aggiungiamo, non dall’uomo che ha agito nella Storia, trasformandoLa in un fiume di sangue, quando ha sconvolto l’esistente con rivoluzioni che, sotto mentite spoglie, non hanno fatto altro che ripristinare gli antichi privilegi, pur, se per caste, classi, oligarchie nuove. Ci vuole un Uomo Nuovo, Allevato, Formato, Educato in Istituzioni Nuove, Tutte da Inventare, come è da Inventare un’Etica Nuova, cioè, una nuova Scienza della Condotta su cui Costruire un Nuovo Modo di Esteriorizzazione dell’Uomo al Prossimo, che Coinvolga la Totalità del suo Essere al Mondo, la Novità del suo Essere  Corpo, Segnato da una Nuova Spiritualità, da una Nuova Cultura, da una Nuova Teleologia della sua Sessualità. Se è vero, marxianamente, che la struttura sociale è condizionata dall’economico, dai rapporti economici giusti o ingiusti con cui in un dato periodo storico gli uomini commerciano tra loro in un dato spazio, è, anche, vero che su di essi incombe la sovrastruttura costituita di Valori o disvalori giuridici, morali, ideologici, religiosi, culturali, insomma, ispiratori di determinate visioni del mondo che, pesantemente, agiscono sulla struttura, come abbiamo detto,  informata dalla modalità dei rapporti economici che gli uomini stabiliscono tra loro. Quindi, se la sovrastruttura non è Nuova, cioè , se l’uomo non è Nuovo, dalle sue rivoluzioni sortiranno risultati vecchi, vecchie ingiustizie, vecchie grassazioni dalle classi in ascesa. Sartre, nella “Critica della Ragione Dialettica”, Conclude che l’Uomo Fa la Storia: tale l’uomo, tale l’economico. Le rivoluzioni, così come l’etimologia di esse c’insegna, sono partite da un punto, per ritornare al medesimo punto. Anche esse hanno favorito, premiato cattivi ladroni nuovi! E – grege, ancora, presidente, s’è, mai, chiesta la motivazione per la quale tutte le rivoluzioni storiche sono fallite ? Secondo NOI, perché il gramsciano principe, cioè le avanguardie di esse erano composte non solo da uomini, culturalmente, vecchi, ma appartenenti per lo più a quelle medie e alte borghesie, se non alla nobiltà, che, avendo fiutato il vento della, sempre più, pericolosa irrequietezza degli “ultimi”, di essi si fecero e si fanno mèntori per indirizzare le richieste di essi, aspirazioni verso innocui, nominalistici cambiamenti che non destabilizzavano gli ingranaggi istituzionali degli antichi regimi; perchè le masse, che li seguivano, li seguono, a parte l’ignoranza, l’analfabetismo dilagante in esse, erano, sono “oppiate” da una religiosità, da un moralismo indefettibili, coperture sovrastrutturali dell’economico che si voleva, a parole, demolire per costruire, a parole, società ove esse  dovevano liberarsi dalle secolari catene materiali e spirituali e in cui a “ognuno fosse dato, secondo i suoi bisogni e le sue capacita”. E – grege, ancora, presidente napolitano, tra l’ottobre e il novembre del 1956 del secolo scorso l’unione sovietica represse nel sangue i moti ungheresi, che la dirigenza pciniana condannò, come controrivoluzionari e lei in un articolo, apparso su l’ ”Unità”, dichiarò che l’intervento armato sovietico non solo aveva impedito che l’ungheria cadesse nel caos e nella controrivoluzione, ma aveva salvato la pace nel mondo. Molti anni dopo, nella sua “autobiografia”, a giustificarsi, quasi, della volgare enormità della dichiarazione di elogio dell’intervento armato sovietico in ungheria, scrisse: ”La storia non à rimasta eguale al punto di partenza, ma è passata attraverso decisive evoluzioni della realtà internazionale e nazionale e  attraverso profonde personali dichiarate revisioni” Modo singolare, sbrigativo di sciacquarsi la coscienza, e – grege, ancora, presidente napolitano! No, secondo NOI, la Storia è il dispiegamento dell’”identico”, e lei è, sempre, stato il rampollo di un borghese, iscritto ad un partito “sedicente rivoluzionario” per condurlo, fisiologicamente, in combutta con altri “compagni”, come lei, verso approdi che, rinnegando la “familiare lotta di classe”, accettasse lo stato liberale, l’economia capitalistica, le ingiustizie sociali conseguenti che esso determinava e determina, specie, oggi, nell’era della globalizzazione. La sua falsa transumanza politica, di berlinguer, di d’alema, di veltroni, di ferrara, ecc., ecc., ecc., CI fa Riandare all’antica roma e all’istituzione in essa nel 421 a.c. del “tribunato” della plebe, la sola magistratura a cui i plebei potevano accedere e, ovviamente, ad essi riservata. Negli ultimi periodi della repubblica romana, però, codesta magistratura aveva assunto un’importanza e un potere, talmente, grande che alcuni patrizi ricorsero ad un espediente per conseguirla: facendosi adottare da un ramo plebeo della loro famiglia, poterono candidarsi con successo alla carica di tribuni. Nei patrizi, giammai, ci fu evoluzione: semplicemente, si servirono della plebe, della magistratura di essa per scalare, più facilmente, il potere. E, forse, Storia che cambia questa ? Tanto che, quando il pci si è dissolto, voi, coralmente, dei piani alti delle “botteghe oscure” siete stati ben contenti di confessare che non siete, mai, stati comunisti, sputando nel piatto che vi ha tenuto in forze per laute carriere politiche di non poco momento, fino, per quanto la riguarda, alla presidenza della repubblichetta italiettina. E – grege, ancora, presidente, non pochi hanno criticato la sua gestione del potere e delle prerogative presidenziali: da ministro dell’interno fu molto criticato per non aver attuato una tempestiva e adeguata sorveglianza su licio gelli, fuggito all’estero (dopo essere evaso dal carcere nel 1983) il 28 aprile del 1998, il giorno medesimo della divulgazione della sentenza definitiva di condanna per depistaggio e strage da parte della “corte di cassazione”. Per questi fatti il Direttore di “Micromega”, Paolo Flores D’Arcais, Chiese le sue dimissioni dall’importante incarico governativo. Non poche critiche le piovvero sulla groppa per essere stato troppo accondiscendente nei riguardi del berluska e di aver accettato di nominare ministri personaggi impresentabili, come bossi. A proposito di costui, come lei concilia l’enfatica, retorica, esagerata celebrazione dei 150 dell’unità dell’italietta (ha, mai, Letto il Romanzo di Pirandello ”I vecchi e i giovani” ? Quanta delusione Esprime il Grande Luigi per il modo con cui era stata fatta quell’unità dalla borghesia settentrionale, tradendo le Istanze, le Speranze delle plebi meridionali,  il cui perpetuare lo “stare” di esse, da parte dei governi sabaudi, nella inopia, nell’indigenza era funzionale alla ricchezza, alla prosperità, allo sviluppo economico delle classi sociali settentrionali) con l’accettare nel governo della repubblichetta italiettina unita un individuo che aveva invitato una signora a pulirsi il “culo” con il tricolore, da lei sbandierato ad un suo comizio ? Non poche volte, è stato attaccato per aver firmato alcune leggi, approvate dal parlamento, su proposta del governo, giudicate “delinquenziali” dall’opposizione. Nel 2008 grillo, a proposito del “lodo alfano”, la ritiene colpevole di aver firmato, legittimato una legge ritenuta anticostituzionale dalla “corte costituzionale”. Il 30 giugno 2014, sempre il “leader” del “m5s” deposita in parlamento la messa in stato d’accusa nei suoi riguardi per ”attentato alla Costituzione, per aver avvallato leggi anticostituzionali”, per il suo presunto coinvolgimento nelle trattative “stato – mafia”. Però, però, e – grege, ancora, presidente, se lei, come NOI Cerchiamo di essere Certi, non ha niente da farsi perdonare su siffatte trattative che, inequivocabilmente, vennero intavolate tra altissimi, si fa per dire, rappresentanti politici, istituzionali dello stato italiettino e i capi di “cosa nostra”, perché, mai, ordinò la distruzione delle intercettazioni dei suoi colloqui telefonici con mancino, imputato nel processo in cui di tali trattative inopportune, dal punto di vista etico e legale, si discute ? Come mai, per moro, all’unanimità, voi comunisti, mettendovi sulla medesima lunghezza d’onda di cossiga, di andreotti, di zaccagnini. di pertini ribadiste che non si poteva, non si doveva scendere a patti con i brigatisti: lo stato, nonostante, ieri e oggi, inquinato dalla corruzione, dagli scandali,  rosso di sangue per le stragi di stato, compiute sin dalla sua nascita con la fucilazione senza processo di mussolini e dei suoi gerarchi, voi blateravate, ne sarebbe uscito diminuito nel suo prestigio, e per un insulso politicante napoletano, come cirillo, il capo della camorra fu sollecitato a scomodarsi  per liberarlo dalla prigione del popolo brigatista e, per calmare i mafiosi nella loro schizofrenia stragista, si trattò con essi ? Tra l’altro, lei, e – grege, ancora, presidente, ha militato in un partito che aveva un apparato d’ ”intelligence”, forse, superiore a quello statale italiettino, anche perché, indubbiamente, supportato dai servizi segreti dell’ ”unione sovietica”; per ben nove anni lei è stato al “quirinale” con la greca di presidente del “c.s.m”, del “consiglio superiore della difesa”, è possibile che, mai, sia stato preso dalla indefettibile curiosità di farsi dire da chi di dovere chi furono i mandanti e gli esecutori della strage di “piazza fontana”, del treno “italicus”, della strage alla stazione di bologna; di quale nazione fu la responsabilità della caduta nel mare di ustica dell’aereo “itavia”; chi impedì alla polizia o ai carabinieri di sfondare la porta dell’appartamento di “via montalcini” in roma dove s’era, inequivocabilmente, appurato che moro fosse “prigione” ?  I quirinalizi presidenti, che l’hanno preceduto, si sono, sicilianamente, nascosti nel classico: ”nente saccio”; da lei abbiamo sperato una solare discontinuità dalla prassi omertosa, diremmo, dei suoi predecessori, “tamen”, siamo stati delusi. Nel 2009 di pietro la critica in occasione della promulgazione del cosiddetto “scudo fiscale” per aver lei firmato la legge senza rinvio alle camere. L’ex magistrato di “mani pulite” definisce il suo “imprimatur” a quella legge: ”un atto di viltà”. Nel 2010 di pietro chiede l’ ”impeachment” nei suoi  riguardi ché in occasione delle elezioni regionali, a seguito dell’esclusione delle liste del “pdl” nel lazio e in lombardia, lei avrebbe firmato di notte il decreto legge del governo per la riammissione delle liste escluse. Nell’aprile del 2010 lei promulgò la legge “sul legittimo impedimento” del capo del governo e dei ministri. La corte costituzionale, attivata dai p.m. di milano, ritenne la legge, parzialmente, anticostituzionale. E – grege, ancora, presidente, dopo tanto elenco di pepate critiche da più parti rivolte al suo novennale operato di capo dello stato italiettino, riteniamo doveroso, finalmente, il suo silenzio. Dopo di lei Sappiamo Dire, per Parafrasare Montale, ciò che non vogliamo, non siamo in grado di Dire ciò che Vogliamo ché non vediamo nella società italiettina, nel panorama politico italiettino un Uomo o una Donna dal Prestigio, dal Carisma Ineffabile, Indicibile in grado, per Vasta Cultura, per Nobiltà d’Animo, per Integerrimo Rigore, Severità Esistenziale, di Rappresentare l’Unità Nazionale, di Essere Imparziale “Arbitro” “super partes”, garante della Costituzione (Art. 87 della Costituzione). Ciò che non vogliamo, dunque: CI Esprimiamo con le Parole di Travaglio che la dipinge come colui che crede di essere il “padre della patria, un maestro, anzi, un istitutore che prende per mano i partiti e li conduce dove vuole lui perché solo lui sa  cos’è meglio per loro e per noi”. Avrà, infine, capito, e – grege, ancora, presidente, che non vogliamo, presidente della repubblichetta italiettina, un altro, come lei. Giacché un altro presidente dovrà, pure, uscire dalle urne delle camere riunite in comune seduta, e beh, che la fortuna ci assista!

Pietro Aretino, già detto Avena Gaetano

pietroaretino38@alice.it                 

 

 


Pubblicato il 6 Gennaio 2015

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