Cultura e Spettacoli

Luciani, il papa scomodo

Quarantacinque anni fa, ‘misteriosamente’, si spegneva nel suo letto Papa Giovanni Paolo I

C’è ancora chi crede fermamente nel fatto che Giovanni Paolo I non morì di cause naturali il 28 settembre di quarantacinque anni fa, ma fu vittima di un complotto. E ad ucciderlo dopo soli trentatré giorni di pontificato sarebbe stati quei cardinali che si opponevano agli interventi di riforma programmati da papa Luciani, in particolare quelli che riguardavano l’Istituto per le opere di religione (IOR), allora gestito da Paul Marcinkus. Vero o falso che sia, è fuori discussione che il successore di Paolo VI fosse malvisto in alcuni ambienti del Vaticano. D’altronde, che egli fosse in qualche modo un tipo ‘temibile’ era noto anche fuori della Chiesa e già molto prima della sua elezione. Le prime avvisaglie in tal senso risalgono al 1966. Quell’anno il futuro Papa era vescovo di Vittorio Veneto. Quando decedette don Giuseppe Faè, parroco di Montaner, un piccolissimo centro abitato del trevigiano, Albino Luciano nominò in sua vece un altro presbitero, Don Giovanni Gava. I parrocchiani invece premevano perché successore fosse il cappellano don Antonio Botteon, il quale aveva assistito don Faè nei suoi ultimi tre anni di vita ; in sub ordine essi chiedevano che Botteon venisse nominato almeno vice parroco. Inutilmente il vescovo fece osservare come il cappellano Botteon fosse troppo giovane per amministrare da solo una parrocchia ; al contempo la nomina di un viceparroco appariva sproporzionata per un paese di nemmeno mille anime. Di fronte alle anche plateali rimostranze della popolazione di Montaner, Luciani cambiò il tiro nominando nuovo parroco don Pietro Varnier, che giunse in paese la mattina del 12 settembre 1967, prendendo possesso della canonica. Appresa la notizia, la popolazione si riversò in massa in piazza e mosse in corteo verso la casa parrocchiale, che fu assaltata: il prevosto fu rinchiuso in soffitta e solo dopo diverse ore gli fu permesso di telefonare al vescovo per informarlo della situazione. Nel pomeriggio dello stesso giorno mons. Luciani in persona raggiunse Montaner, accompagnato dal vicequestore di Treviso, insieme ad alcuni commissari, poliziotti e un autobus di carabinieri ; per punire l’insubordinazione dei parrocchiani, Luciani entrò in chiesa, prelevò le ostie consacrate dal tabernacolo e, prima di ripartire, decretò l’interdetto contro la parrocchia: da quel momento in poi nessun sacerdote vi avrebbe più potuto celebrare funzioni o amministrare i sacramenti, pena la sospensione a divinis. La popolazione, non rassegnata, diede vita ad scisma costituendo in paese una comunità ortodossa. La comunità ortodossa proveniva da Montalto Dora, vicino a Torino. A rappresentarla era padre Claudio Vettorazzo, che si stabilì definitivamente a Montaner nel giugno del 1969. Successivamente venne edificata la chiesa ortodossa e consacrata il 7 settembre 1969 da Antonio Bloom, esarca per il patriarcato di Mosca, insieme a padre Evloghios di Milano. Ma le nuove guide spirituali non si rivelarono all’altezza della situazione, sicché la chiesa di Montaner attraversò un periodo di profonda confusione. Per un periodo seguì il rito liturgico russo, poi quello polacco, poi ancora quello assiro di tipo nestoriano. Poco a poco, gran parte della popolazione tornò cattolica o smise di praticare. Solo dal 1998, grazie all’attività di alcuni fedeli, la comunità ha finalmente assunto una maggiore consapevolezza religiosa. Da allora segue definitivamente il rito bizantino. Attualmente la chiesa, non più parrocchiale, è parte integrante di un monastero femminile fondato nel 2000, posto sotto la giurisdizione del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli ; è frequentata, oltre che dai cristiani di Montaner rimasti legati al rito ortodosso, da un numero crescente di immigrati ortodossi provenienti dall’Europa orientale.

 

Italo Interesse


Pubblicato il 28 Settembre 2023

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