Cultura e Spettacoli

Minima moralia (Meditazioni sulla Vita Offesa. T. Adorno) (33)

Su ”facebook” il Sig. Andrea… ha postato quanto segue: ”Mi fate morire quando postate messaggi, appelli , per salvare cani e gatti e poi la nonnina avete deciso di ricoverarla all’ospizio”. NOI, così, gli abbiamo Risposto: ”Caro Andrea, la coperta della umana misericordia è strettissima: se l’uomo percepisce le sofferenze dei cani e dei gatti, si distrae dalla nonnina; se, invece, si impegna in una “zoomata” sulla dolorosa, disagiata solitudine della nonnina, non gli cale niente dei cani e dei gatti. Che dire, poi, delle insistite, inaudite violenze dall’uomo alla Natura inferte? Che fare, allora? Non lo so, comunque, è incontrovertibile la incapacità dell’uomo, dalla Lettura della Storia, di cui è stato protagonista e, quindi, fattore, autore,  di Creare Rapporti, Relazioni con tutti gli esseri viventi (animalia), grazie ai quali ciascuno avesse, abbia ”secondo i suoi bisogni e capacità” (C.Marx).”Sic stanti bus rebus”, NOI non abbiamo altro da Sperare, se non che Eventi Estremi Apocalittici spazzino via codesto uomo dalla “Terra” e dall’”Universo intero”; che dalle ceneri di esso Rinasca un Fiore e, poi, tanti altri fiori, gli unici esseri viventi non solo di rara, inerme Bellezza, ma, giammai, eccitati dalla violenza tra essi e nei confronti delle altre specie viventi. Folle, troppo sbrigativamente, semplicistico il nostro Argomentare? Poco sopra, abbiamo Fatto Riferimento alla Storia: Essa Può, oggettivamente, Valutare la Razionalità Etica del nostro ”J’Accuse” nei confronti dei millenari comportamenti irrazionali dei nostri simili. Se la Storia non ci Convincesse, dovremmo,”extrema ratio”, trovare il modo di metterci in contatto con Coloro che Sono nel Mondo della Verità e dei Giusti”.

 

L’on. di ”Forza Italia”, michela brambilla, si dimena per la difesa dei suini e proclama: ”Basta con le fabbriche di carni, senza il minimo rispetto per gli animali”. Insomma, se abbiamo capito bene, la brambilla non si oppone al macello degli animali, in particolare dei suini, ma per essi immagina ”la buona morte”, rispettosamente, senza sofferenze. Pura, ipocrita “filanimalia”, da “damine o dame della carità”! CI sovviene, mentre Scriviamo, che in passato, specialmente, nel sud italiettino, inquinato da una nobiltà parassitaria, corrotta, sfruttatrice del bracciantato agricolo, i nobili si riunivano nelle confraternite della “Buona Morte”, cioè, si illudevano di meritare il paradiso, ad onta della loro vita dissipata in ogni sorta  di oziosa mollezza e, non rare volte, di crimini, assistendo i condannati a morte nelle ultime ore di vita, consolandoli e cercando di lenire in loro la paura del Mistero, a cui andavano incontro. Di  queste congreghe ci Parla Dacia Maraini nel suo Romanzo: ”La principessa Marianna D’Ucria”. Bambina, ancora, questa nobile donna era sta violentata dal fratello del padre e, per il trauma subito, era diventata muta. Il principe padre ritenne, per il buon nome del casato, di “lavare i panni sporchi in famiglia, ma impose al fratello le nozze con la nepote, da lui profanata nella sua verginità. Mutismo della giovane immedicabile, secondo i medici! Forse, qualcosa si sarebbe potuto sperare col metodo del “chiodo schiaccia chiodo”, cioè, bisognava far subire a Marianna un altro trauma che potesse prevalere non solo sul trauma precedente, ma anche sulle conseguenze (il mutismo) che esso aveva provocato nella/ sulla sua psiche. E traumatizzante per la fanciulla poteva risultare il costringerla ad assistere alla impiccagione di un adolescente, in attesa che si compisse il suo destino sulla forca. Sì che il principe, approfittando del suo “status” di componente autorevole della ”confraternita della buona morte” del suo paese, prima conduce la figlia a far visita al piccolo condannato e, poi, le permette, si fa per dire, di essere spettatrice della impiccagione del suo coetaneo. Però, nonostante il nuovo trauma subito, Marianna rimane muta. Immane ipocrisia viene usata negli ”states” nei confronti dei condannati a morte, permettendo loro di scegliere il modo con cui lo “stato”, per mezzo dei suoi aguzzini, farà eseguire la condanna a loro inflitta: se con la “sedia elettrica”, se con la”camera a gas”, se con l’impiccagione, se con la fucilazione, se con l’ ”iniezione letale”, a detta degli esperti, il modo di esecuzione della pena capitale, che fa meno soffrire un condannato. Pura ipotesi, in quanto un condannato a morte, a uno psicologo che lo assisteva nelle ultime ore di vita, rassicurandolo che l’iniezione letale lo avrebbe fatto soffrire di meno, replicò: ” Lai dice cose, di cui non ha esperienza”. Tra i tanti illusori mezzucci, messi in campo negli “states”, per fare morire ”bene” i condannati, c’è l’impiego di uno stuolo di psicologi, di religiosi, che non hanno altro compito, se non quello di fare capire, magari con discorsi alati, ai condannati che, comunque, spetta loro morire. Per esaurire  il discorso sui”De profundis”, fatti recitare dai poteri statali che, ancora,  usano la pena di morte o la usavano in passato, vorrei Parlare del defunto ex presidente della repubblichetta italiettina che, prima di ascendere al più alto scranno di essa, era stato magistrato, per la precisione pubblico ministero, e in tale veste si era speso (locuzione moderna di tendenza) nel fare condannare a morte da un tribunale speciale, istituito per punire i reati dei fascisti, commessi durante la ”resistenza”. Ebbene, da buon parruccone del più retrivo cattolicesimo,  egli accompagnò, pregando, in cella il condannato nelle ultime sue ore, non posso dire se “sua sponte” autoritaria o col consenso dell’ ”uomo che ancora camminava”. Nauseati e depressi dal racconto della ipocrisia umana nei confronti dei nostri simili, ma anche nei confronti di “animali”, di esseri viventi di altra specie, nel volere, per le più disparate esigenze, motivazioni afferenti al ”Contratto Sociale”, o per bisogni nutrizionistici, la loro morte, che sia, tuttavia, una “buona morte”, non possiamo esimerCi dallo stigmatizzare il coraggio della accorata faccia tosta, esposta, delle lacrime di coccodrillo, versate, dalla molto onorevole brambilla michela.

 

Nei “Minima moralia” N.32 avevamo Fatto Cenno alla delusione che, spesso, abbiamo Provato nello scorrere”facebooK”, quando ci siamo imbattuti in pensieri di grandi giornalisti, di grandi politici, di grandi filosofi,di grandi scienziati, di grandi letterati, di uomini di spettacolo di successo, che, a conti fatti, sono risultati autentici “apri le porte aperte”o vere e proprie banalità. Pur tenendo conto che i contenuti dei pensierini, da NOI trascritti da “facebook, saranno stati estrapolati da un contesto non controllabile, “tamen”, la loro insulsaggine, risulta evidente, per non ribadire che non sono inoppugnabili dal punto di vista di quel poco di Verità, sempre provvisoria, sempre modificabile, che l’uomo può Raggiungere. Ad esempio: ”Le verità che contano, i grandi principi, alla fine, restano due o tre. Sono quelli che ti ha insegnato tua madre da bambino”(Enzi Biagi). Innanzitutto, si riscontra in questa specie di aforisma biagiano una indigesta, dal Punto di Vista Filosofico,”Petizione di Principio”, che è un errore di Logica, per il quale si pone a fondamento della dimostrazione ciò che, appunto, si dovrebbe dimostrare. Infatti, nell’affermazione biagiana, si dovrebbe dimostrare che le madri Possiedano Verità,  Principi, scientificamente, eticamente, inappellabili,  e, poi, si dovrebbe precisare la natura, l’identità di Essi, mentre biagi si bea, si crogiola nell’usare le parole, Verità e Principi, con assoluta,  retorica genericità, pensando o illudendosi che l’Essenza delle Verità, dei Principi, Fondanti il Viver  umano,Risieda negli altisonanti fonemi giustapposti nelle due parole, di cui sopra. Per Leonardo Sciascia, invece, le metastasi dei comportamenti mafiosi si perpetuano nelle nuove generazioni, attraverso le parole, gli ammonimenti, gli insegnamenti delle madri,  se si tratti, specialmente, di tramandare in esse l’odio, i risentimenti,  i progetti di cruenta vendetta nelle faide tra i diversi clan mafiosi. In sicilia, in calabria, in campania  la mafia, la ndrangta, la camorra saranno inestirpabili, finché ci saranno le madri a nutrire i loro figli con la sottocultura, con i codici di comportamento delle società criminali di appartenenza. Così come, Sostiene, Sciascia, giammai, gli ebrei di israele e i palestinesi si riappacificheranno, ché le nuove generazioni crescono con il pregiudizio dei palestinesi che qualsiasi  israeliano, a prescindere dalla sua irripetibile singolarità, sia un loro nemico,da annientare e viceversa., per quanto riguarda gli israeliani. ”La satira deve colpire le ipocrisie che si annidano nel potere”. A pontificare, questa volta, è un comico, che NOI, pur, Stimiamo, Maurizio Crozza. Intanto, il Genere Letterario ”Satira”deriva da Latino ”satura lanx”,cioè, ”vassoio riempito di primizie in offerta agli dei”. L’iniziatore della ”Satira” Fu, secondo Orazio, Gaio Lucilio e Quintiliano Si Espresse in favore della Autonomia e Originalità Latina della “Satira”, rispetto ai modelli e generi letterari greci. Quintiliano, infatti, Dice: ”La satira appartiene a noi soltanto”. Secondo NOI, è troppo facile, semplicistico, direi  istintivo, deterministico, sbrigativo affermare, come fa il caro Crozza, che la satira  “colpisce le ipocrisie del potere”, soltanto. Invece, la ”Satira”,sempre, fin dal suo iniziatore, di cui sopra, ha preso di mira tutti gli aspetti delle società, in cui ha operato. Sotto i suoi strali: la disonestà, la corruzione del potere, che contamina i suoi sudditi o i governati da esso; la superstizione in generale  e quella religiosa, molto collaterale agli interessi , ai disegni del potere, tanto che il popolicchio, nutrito di codesta robaccia  dai “colletti bianchi” di esso, non può non inabissarsi  nel degrado, nella miseria (“u dscign” nella Lingua di bitonto) sottoculturale; il lusso dei ricchi, che i non ricchi bramano, ridicolmente, di imitare; per esso, per vivere in esso e di esso, dandosi a comportamenti illeciti e delinquenziali o investendo le limitate risorse economiche, a disposizione, illudendosi di aver afferrato l’ascensore sociale, nel consumo, nel’acquisto di cose, nel permettersi “vissuti”, non adeguati alla scarsità dei loro mezzi economici. Insomma, l’ironia, il sarcasmo  della”Satira” colpiscono tutti gli strati sociali,”ce n’è per tutti, Dice Orazio, grandi e piccini, poveri e ricchi”. Indubitabile, comunque, è Suffragare che non ci sarebbe motivo di  Produrre ”Satira”, se non ci fosse il potere o i detentori del potere, regista o registi, responsabili del contesto. in cui si evidenziano, si rivelano e rilevano le malefatte degli uomini, che vivono, agiscono in quel contesto, e l’irrazionalità del loro agire e dei loro rapporti. Ma la Caratteristica precipua della”Satira” rimane, nel profondo del riso, che essa ispira, l’amarezza stizzita, se pur raffinata, per la , non rara, cruenta irragionevolezza degli uomini nel non Capire,   nel non Soffermarsi sul fatto che viviamo in una zolla di terra, sperduta in uno spazio ignoto e infinito, in preda alla precarietà, alla fralezza, al rischio continuo, tutte constatazioni omesse, annosamente, per cui ”homo lupus homini”. Il Divino Totò E’ Stato il mirabile Interprete della “Satira”, la sua “Maschera”, Allenata nel Vivere la ”Strada”, Riusciva a Cogliere tutte le imperfezioni, a Dire poco,  del mondo che Lo circondava e Lo intristiva, profondamente.” Giustizia non esiste là ove non v’è libertà” (Luigi Einaudi). E, pur, fu costui, ritenuto un grande economista, il primo presidente eletto della repubblichetta italiettina! Caso mai, caro presidente, dovrebbe essere il contrario, cioè, “non c’è Libertà, se non c’è Giustizia”, quella Giustizia sociale, come altre volte, abbiamo Sostenuto, che dà, marxianamente, a ciascuno secondo i suoi bisogni e le sue capacità. Perché la Liberta è un Valore, è un Ideale da Perseguire e Lo Si Persegue attimo dopo attimo, giorno dopo giorno della/ nella nostra vita, Liberandoci, marxianamente, delle secolari catene del bisogno o dei bisogni materiali(la fame, la sete,un tetto, ad esempio) e dai Bisogni Spirituali, Culturali, Intellettuali, che società ingiuste, ancora oggi, nella più parte del pianeta, impediscono a miliardi di uomini di Soddisfare. Sì che nell’Impegnarci per un Mondo più Giusto, ci Impegniamo, contestualmente, per Uomini, sempre più, Liberati. Non, assolutamente, liberi, ché solo la Morte ci Libera, totalmente, dai bisogni del corpo e della Mente, dalla Necessità di Relazionarci con il nostro Prossimo e con l’Alma Natura.

 

Misfatti italiettini. E’ possibile che nell’aula di Montecitorio chieda la parola un tal di mauro o di muro, leghista, che, invece, di iniziare il suo intervento in consonanza con i temi, oggetto dell’ordine del giorno, si rivolge alla sua fidanzata, situata nelle tribune, adibite a coloro che hanno voglia, naso, stomaco di assistere ai pietosi spettacoli, inscenati dai rappresentanti, degni, del popolicchio italiettino, e mostrandole un anellino con un brillantino, le dice: ”Elisa mi vuoi sposare?”. E’ stato, poi, accertato che la sceneggiata era stata premeditata e concertata dal poco onorevole con la fidanzata sua, ché le nozze erano state già fissate. E’ possibile che nell’aula di “palazzo madama”, sede del senato della repubblichetta italiettina, si presenti, non si sa da chi invitato, per quale motivazione, amedeo minghi e, cambronnando i senatori presenti, capitanati dalla presidentessa, detta la casellati, intoni il ”trottolino amoroso”, uno dei successi di codesto cantante “pop”. Mentre non è stato possibile, quest’anno, Eseguire  il “Requiem di Mozart” nella”Basilica di Santa Croce” in Firenze, per espresso divieto del priore dei frati francescani, ché, secondo codesto sconsacrato, in quanto Ciò che Eleva in”più spirabil aere” , a Dio Eleva, la Musica di Mozart non era adatta al periodo dell’”avvento”. O miei 25 Lettori, se nel periodo natalizio Dio si prepara alla venuta in terra, incarnandosi nell’”uomo”, la Musica di Mozart, il”Requiem” di Mozart, avrebbe Elevato il Cuore dei credenti in Lui e li avrebbe fatti incontrare con Lui,a metà strada, a metà percorso tra il Cielo e la terra.

Pietro Aretino, già detto Avena Gaetano

 


Pubblicato il 10 Dicembre 2019

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