Cultura e Spettacoli

Padre o papà, è sempre totem

E’ il non-luogo una specie di limbo per cui si può solo passare o sostare in attesa di ripartire. Si tratta di realtà amorfe, posti senza colore che puoi trovare in Argentina come in Tunisia o Corea. Una sala d’attesa, un Mc Donald’s, uno stadio sono altrettanti non luoghi dove è possibile consumare incontri, talora anche intensi. Nella società globale è l’aeroporto il posto anonimo per eccellenza, punto di snodo per una congerie di esistenze irrequiete. Senza citarlo, in ‘La parola padre’ Gabriele Vacis prende uno di questi crocevia del presente e vi ambienta l’incontro di sei giovani donne (tre italiane, una polacca, una bulgara e una macedone). E come possono passare il tempo ragazze europee che, provenienti da località diverse, si ritrovano in poltrona a condividere qualche ora d’attesa prima di ripartire? Fraternizzano, con quella svelta naturalezza tipica del genere femminile. E di che parlano, solo di fidanzati e cosmetici? altre cose possono avere in comune inquiete fanciulle accomunate da una bandiera azzurra trapunta di stelle. Per esempio, un sofferto rapporto con la figura paterna, concreta o ideale che sia (Alessandro Magno o il Maresciallo Tito). ‘La parola padre’ (una produzione Koreja che si avvale del coordinamento di Salvatore Tramacere) è auto terapia di gruppo. A turno le protagoniste si raccontano tra tenerezza, nostalgia, rabbia. Il contesto della confessione è vago, mutevole. Periodici, prolungati rombi richiamano l’immagine di un jet in decollo. Una parete composta da bottiglioni di plastica trasparente attende d’essere infranto per poi venire elevato e nuovamente abbattuto. Non simboleggia solo il Muro o altri ‘muri’ che ancora separano sessi, classi, sistemi economici ; richiama ancora il totem di partenza, questa figura paterna-padronale – e sotto sotto pure divina – da contestare, distruggere, ricomporre ; modalità quest’ultima che può aver luogo anche diversamente (interessante nel finale questo rimodulare i ‘mattoni’ in modo da disegnare percorsi mutevoli dove muoversi in cerca di un bandolo che ora pare introvabile, ora pare celarsi oltre il primo angolo. Frequenti, nervosi cambi d’abito collimano con proiezioni in tema e accenni coreutici corali. Nel complesso una messinscena carica di simpatia e calore umano (grande emozione tra il cast nel finale). Molti applausi per Irina Andreeva, Alessandra Crocco, Aleksandra Gronowska, Anna Chiara Ingrosso, Maria Rosaria Ponzetta, Simona Spiroska). – Scenofonia e allestimento : Roberto Tarasco, assistente alla regia : Carlo Durante, training : Barbara Bonriposi, Tecnici : Mario Daniele e Angelo Piccinni, organizzazione : Laura Scorrano.

Italo Interesse


Pubblicato il 30 Ottobre 2012

Articoli Correlati

Pulsante per tornare all'inizio