Cultura e Spettacoli

Perché l’Everest? Perché è lì

Funambolo viene dal latino ‘funis ambulare’, ovvero : camminare sulla fune. A Gravina hanno ancora negli occhi l’impresa di Andrea Loreni, il quale, camminando su un lunghissimo cavo d’acciaio sospeso a settanta metri d’altezza ha superato il celebre ponte acquedotto della città. Uno spettacolo che da molto tempo non si vedeva in Puglia. L’ultima volta risale alla fine degli anni ottanta : A Bari, un funambolo riuscì in motocicletta e in salita (!) ad arrampicarsi su un cavo d’acciaio teso fra un palazzetto di Piazza del Ferrarese e l’edifico che svetta all’angolo tra Corso Vittorio Emanuele e Corso Cavour. Ma c’è chi è andato ben oltre. E’ il caso di Philippe Petit, il cui lungo curriculum comprende la traversata dei campanili di Notre-Dame, delle cascate del Niagara, delle guglie della cattedrale di Laon e, soprattutto, quella delle Torri Gemelle (vedi immagine). Al termine dell’esibizione newyorkese Petit viene arrestato dalla polizia di New York. Tuttavia, valutata la copertura mediatica dell’impresa, il procuratore distrettuale fece cadere le accuse formali e tramutò la condanna nell’obbligo di esibirsi per i bambini a Central Park. Dopo l’accaduto la Port Authority of New York & New Jersey concesse a Petit un pass a vita per l’Observation Deck delle Torri Gemelle. La storia del grande funambolismo annovera anche una donna. nata a Berlino, ma originaria di Livorno, Maria Spelterini (1853-1912) divenne famosa per essere stata la prima e forse anche unica donna ad attraversare le Cascate del Niagara, impresa che compì più volte nel luglio del 1876. Funamboli si nasce. L’arte del grande equilibrismo si apprende con l’esercizio, sì, ma sulla spinta di una irresistibile vocazione. Ma perché rischiare di sfracellarsi al primo colpo di vento, al primo cedimento di concentrazione? Si chiede la gente. Analogamente, per quale motivo attraversare a piedi banchise e deserti, scendere in apnea a profondità impossibili o girare il mondo in bicicletta? Per chi non sia ‘comune’, nulla supera il piacere della sfida con sé stesso. E’ difficile partecipare tanta temeraria emozione all’uomo della strada. Emblematica di questa difficoltà senza tempo rimane la risposta che un alpinista diede a un giornalista. Era il 1921 quando un inviato del New York Times riusciva a strappare un’intervista a George Mallory, lo scalatore britannico in procinto di raggiungere – e per la prima volta in assoluto – la cima più alta del mondo. ‘Perché vuol scalare l’Everest?’ domandò il giornalista al temerario alpinista, destinato a incontrare la morte in quella sfortunata impresa insieme al compagno Andrew Irvin. La risposta entrò nella Storia : “Perché è lì”.

Italo Interesse


Pubblicato il 22 Maggio 2019

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