Cultura e Spettacoli

Ruvo, il mistero di Castore e Polluce

In una delle ceramiche più pregiate conservate nel Museo Archeologico Nazionale di Ruvo si è voluto vedere raffigurata la morte di Talos, figura mitologica. La scheda che illustra questo vaso parla di Talos come di un invincibile gigante-custode  dell’isola di Creta di cui gli Argonauti guidati da Giasone riescono ad avere ragione grazie all’intervento di Medea che individua l’unico punto vulnerabile del mostro (la caviglia). Sul vaso in questione Talos sarebbe raffigurato morente tra le braccia di Castore e Polluce, i due Dioscuri (figli di Zeus) che presero parte alla spedizione del vello d’oro come raccontato in ‘Le argonautiche’, poema di Apollonio Rodio. Nel racconto dell’autore greco si parla di Talos come di una creatura ‘di ferro’ che uccide gli invasori con palle di bronzo infuocate. Un automa, dunque. Perché allora rappresentarlo nudo? E’ vero, il mito svela la natura solo in parte meccanica di Talos, per cui una raffigurazione ‘umana’ del personaggio ci può anche stare, ma, a parte la strana somiglianza con l’altro mito di Achille, non si vede la ragione qui di sorvolare sul ‘segreto di Talos’, che a questo punto diventa l’unico elemento di identificazione del protagonista e della sua vicenda. E invece nessuna delle caviglie del guardiano meccanico mostra rivoli di sangue… En passant facciamo pure osservare che a proposito di Talos il Dizionario di Mitologia  Gislon/Palazzi parla di un “nipote e discepolo di Dedalo” che “inventò la sega, il compasso, il tornio e altri strumenti meccanici” ; poi, ingelosito, lo zio lo uccise e gli Dei mutarono il giovane in pernice… La nostra idea è che a tirare in mezzo la storia di Talos sia stata la presenza dei Dioscuri, facilmente riconoscibili per l’identità della veste. A proposito di Castore e Polluce, il mito racconta che, dopo la spedizione degli Argonauti, i due gemelli, innamorati delle figlie di Leucippo ed Arsinoe, combatterono contro i figli di Afareo, Linceo e Idas ai quali le fanciulle erano state promesse. Che il meraviglioso vaso conservato al Museo di Ruvo non raffiguri invece Castore e Polluce in lotta contro uno dei loro rivali?… Il meraviglioso manufatto conservato al Museo Jatta sollecita infine un altro appassionante interrogativo : Questi temi decorativi venivano commissionati, oppure nelle botteghe dei figuli il cliente aveva ampia facoltà di scelta tra numerosi temi mitologici? Nel secondo caso non si può escludere che alcune ‘partite’ di ceramiche fossero dedicate a un ciclo mitologico completo, ad esempio le dodici fatiche d’Ercole, sì ché il cliente era in libertà di scegliere quello o quell’altro episodio (né escludiamo l’acquisto dell’intero stock da parte di amatori). In conclusione,  il Vaso di Castore e Polluce (chiamiamolo così) potrebbe essere l’ultimo superstite di una inestimabile collezione andata perduta.

Italo Interesse

 


Pubblicato il 30 Aprile 2014

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