Cultura e Spettacoli

Senza munizioni, si difesero con le baionette

A due passi dall’ex macello comunale, a Bari, si estende per un centinaio di metri via Eroi di Dogali ; a Torre a Mare esiste via Dogali, che, superata la ferrovia, evolve nella strada Provinciale per Noicattaro. Al toponimo Dogali corrisponde una località dell’Eritrea a 20 km da Massaua, un posto insignificante passato alla storia per un sanguinoso scontro tra una colonna militare italiana e indigeni. Lo scontro, avvenuto il 26 gennaio 1887 nell’ambito della prima fase di espansione coloniale del Regno d’Italia nel Corno d’Africa, si risolse in un massacro per i nostri. In precedenza, la  mattina del 25 gennaio 1887 una forza di circa 25.000 abissini guidati da Ras Alula Engida, signore di Asmara, aveva assalito il forte italiano di Saati al comando del maggiore Giovanni Battista Boretti. Nonostante la disparità di forze – Boretti disponeva solo di 700 uomini e 2 cannoni – i nostri seppero difendersi respingendo il nemico dopo quattro ore di lotta. Boretti si rese conto però che non avrebbe potuto resistere ad un secondo attacco. Mandò quindi un portaordini a chiedere aiuto al forte di Moncullo, lontano mezza giornata di cammino. Di lì, l’indomani si mise in marcia una colonna di rinforzo di 548 soldati, comandata dal tenente colonnello Tommaso De Cristoforis. Ma dopo tre ore di marcia, in località Dogali, la colonna fu avvistata da pattuglie di Ras Alula, che tornarono a riferire. L’uomo forte di Asmara, allora, non esitò : spostati tutti i suoi uomini da Saati, li scagliò contro i soldati di De Cristoforis. In grave inferiorità numerica, gli italiani si disposero su due alture unite da un leggero avvallamento, in formazione a semicerchio. Nel corso del durissimo e lungo scontro, De Cristoforis inviò staffette a Moncullo per chiedere sostegno. Tardando i rinforzi, il generale ordinò il ripiegamento verso lo stesso forte. Gli avversari però riuscirono ad aggirare le posizioni italiane. Con le mitragliatrici inceppate dal lungo sparare e le munizioni esaurite, gli uomini di De Cristoforis si difesero con le baionette. Travolti, morirono in 430, il generale incluso. Tra i testimoni oculari della battaglia vi fu il dottor Salimbeni che, fatto prigioniero dagli etiopi, fu poi costretto a curare i feriti abissini senza potersi occupare di quelli italiani. Quando, nel tardo pomeriggio giunse la colonna di soccorso guidata dal capitano Tarturro, fu solo possibile raccogliere gli ultimi feriti e portarli a Moncullo. Al generale De Cristoforis (cui Bari ha dedicato una via nel quartiere Libertà, non lontano dall’ex Manifattura dei Tabacchi) fu assegnata la medaglia d’oro al valor militare, mentre a tutti gli altri caduti venne conferita quella d’argento. – Nell’immagine, la battaglia di Dogali rappresentata in un olio su tela di Michele Cammarano. Già autore di alcuni dipinti militari celebri (‘La breccia di Porta Pia’ e ‘La battaglia di San Martino’) Cammarano ricevette l’incarico dal Ministro dell’Istruzione Paolo Boselli, dietro compenso di 12mila lire. Nel rispetto delle sue convinzioni di pittore realista, Cammarano partì per il Corno d’Africa, deciso a studiare le luce, i colori e i costumi del posto.  Dopo due anni di lavoro – scrisse in una lettera alla figlia – si rese conto che il risultato non era convincente, e dopo essere nuovamente tornato sulla collina di Dogali realizzò un secondo e più grande bozzetto che riportò in Italia. Dopo aver riflettuto sul nuovo bozzetto e averlo mostrato ad alcuni amici fidati, Cammarano ripartì. Giunto nuovamente a Massaua, sentì necessario rifare il dipinto. Dopo cinque anni di studi l’enorme tela (quasi 8 mq!) venne riportata a Roma e finita solo nel ’96.

 

Italo Interesse

 

 


Pubblicato il 26 Gennaio 2022

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