Cronaca

Trivelle, si farà un referendum. Emiliano: “Renzi sia contento”

Ora anche la Corte Costituzionale, dopo la Cassazione, ha detto “SI” al referendum sulle trivelle richiesto da 10 consiglio regionali. Il quesito ammesso al voto popolare riguarda la durata delle autorizzazioni a esplorazioni e trivellazioni dei giacimenti già rilasciate. Questo stesso quesito, come è noto, era già stato dichiarato ammissibile dalla Cassazione che, invece, ha ritenuto non più attuali altri 5 quesiti referendari, perché superati da norme successive, introdotte dal governo Renzi con la Legge di stabilità per il 2016. Infatti, come si ricorderà, inizialmente i quesiti referendari, proposti dalle dieci Regioni (Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna, Abruzzo, Veneto, Calabria, Liguria, Campania e Molise) richiedenti il referendum, erano in tutto sei. E, in un primo tempo, l’Ufficio centrale presso la Corte di Cassazione li aveva accolti tutti. Po, però, il governo Renzi ha introdotto con emendamenti una serie di norme nella Legge di stabilità che hanno messo mano alla materia, accogliendo il divieto di trivellazioni in mare entro le 12 miglia dalla costa. La Cassazione, quindi, ha dovuto nuovamente valutare i quesiti referendari ed a quel punto ne ha ritenuto ammissibile solo uno, il sesto. Quest’ultimo riguarda nello specifico la norma che prevede che i permessi e le concessioni già rilasciati abbiano la “durata della vita utile del giacimento”. Nella seduta di ieri, 19 gennaio, la Corte Costituzionale ha ritenuto ammissibile il quesito per l’abrogazione della norma sulla durata dei permessi e concessioni già rilasciate, mentre per gli altri richieste è stata dichiarata l’improcedibilità, come già pronunciatosi in merito l’Ufficio centrale per il Referendum della Cassazione, che aveva dichiarato che “non hanno più corso le operazioni concernenti le prime cinque richieste referendarie” a seguito delle mutazioni normative introdotte dal governo con la recente Legge di stabilità, e conseguentemente la pronuncia di avvenuta estinzione del giudizio di legittimità. Pertanto, nella nuova formulazione il referendum viene ad incentrarsi sulla previsione che le concessioni petrolifere già rilasciate durino fino all’esaurimento dei giacimenti, in tal modo prorogando di fatto – come rilevato dall’Ufficio centrale della Cassazione – i termini previsti dalle concessioni stesse. La sentenza della Corte Costituzionale sarà depositata entro il 10 febbraio prossimo, come nella fattispecie previsto dalla legge. Il costituzionalista di riferimento delle Regioni, Enzo Di Salvatore (colui che ha materialmente scritto i quesiti), si è dichiarato soddisfatto, affermando: “Tre quesiti erano stati superati in senso positivo dalle nuove norme poste in Legge di stabilità, due andranno di fronte alla Corte per il conflitto di attribuzione, uno è passato: al momento il fronte referendario è sul 4-2 con Renzi”. “Il Governo – prosegue Di Salvatore, professore di diritto costituzionale all’Università di Teramo – voleva far saltare i referendum per non sovrapporli alle amministrative, visto che i sondaggi davano la vittoria anti trivelle al 67%. Ora restano in piedi i quesiti su Piano Aree e durata titoli”. Mentre l’avvocato Stelio Mangiameli, che ha rappresentato le Regioni (divenute nel frattempo 9, l’Abruzzo si è sfilato cambiando strategia) nel giudizio di legittimità dinnanzi alla Corte Costituzionale, ha dichiarato: “Sappiamo che su uno dei quesiti centrali, quello che riguarda un prolungamento ‘sine die’ delle autorizzazioni già concesse, ci sarà il referendum, a meno che governo e parlamento intervengano sulla materia”. “Le norme precedenti – ha spiegato il legale – prevedevano, per i titoli già concessi, proroghe di 30 anni, aumentabili di altri 10 e altri 5. Le modifiche introdotte con la Legge di stabilità eliminano la scadenza trentennale e fanno sì che in sostanza non ci sia più un termine. Su questo punto ci sarà il referendum”. “La Corte Costituzionale – ha aggiunto Mangiameli – ha dichiarato invece improcedibili gli altri cinque quesiti”. Quindi, “per tre – ha chiarito inoltre il legale delle Regioni – la Legge di Stabilità ha adottato le misure che le Regioni chiedevano col referendum e non c’é più materia del contendere e anzi le Regioni hanno avuto grande successo da questo punto di vista. Per due, invece, c’é ancora una battaglia aperta. Si tratta del quesito sul piano aree, che le Regioni chiedevano di rafforzare e la legge di Stabilità ha di fatto abrogato; e di quello sulle proroghe in senso lato, relative anche a nuove concessioni”. In definitiva, quindi, la battaglia legale sul tema tra le Regioni ‘pro Referendum’ ed il Governo centrale non è ancora terminata. Mentre la battaglia politica contro il governo Renzi per il “No” alle trivelle è appena agli inizi. Infatti, il neo presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, commentando con i giornalisti la decisione della Consulta sul referendum anti trivelle, ha affermato: “La campagna referendaria contro le trivelle comincia subito”. E sempre Emiliano: “I consigli regionali per la prima volta nella storia di Italia hanno capito che basta che cinque di essi non siano d’accordo su una legge dello Stato perché sia possibile chiedere il parere ai cittadini. E questa possibilità va utilizzata anche per altre leggi sopratutto quando, come succede i questo periodo, spesso i governi legiferano senza un adeguato coinvolgimento dal basso degli organismi intermedi e più in generale dei partiti”. Più cauto, invece, il commento del presidente del Consiglio regionale pugliese, Mario Loizzo (Pd), che, alla luce della recente sentenza favorevole al referendum ha dichiarato: “La Puglia é unita contro le trivelle” e questa “non é una sfida al governo”. “L’ampio movimento istituzionale e d’opinione contro le trivelle – ha evidenziato Loizzo – dovrà impegnarsi nella campagna per informare, motivare e portare alle urne referendarie tutti i cittadini”, aggiungendo: “C’è nei nostri mari un patrimonio naturale, ambientale e economico che va tutelato, per questo il referendum abrogativo non era e non è una sfida al Governo centrale” ha sottolineato ancora Loizzo. Infatti, il Presidente dell’Assemblea pugliese ha evidenziato che “ci sono ancora le condizioni per aprire un confronto nazionale, tra Palazzo Chigi, Regioni e Comuni su questo tema” perché, nelle regioni costiere soprattutto, “c’è una sensibilità diffusa che ha sempre espresso in maniera democratica il dissenso sulla scelta di andare a pesca di idrocarburi in mare, a cominciare dalle prospezioni geosismiche sui fondali, che danneggiano pesantemente l’habitat marino e la fauna ittica”. E Loizzo conclude con un invito a Renzi ed al suo governo: “La nostra battaglia pacifica segna un successo importante, ma non è finita. Il Governo nazionale ci ascolti”. Di ben altro tono, invece, il commento del capogruppo di “Noi a Sinistra” alla Regione, Guglielmo Minervini (ex Pd), che commentando la decisione della Consulta ha detto: “Adesso viene il bello. Ci sarà da divertirsi, ne sono certo”. Infatti, l’esponente dell’area vendoliana nell’Assemblea di via Capruzzi ha poi affermato: “Dopo mesi di battaglie finalmente i cittadini, anche se solo su un unico quesito, potranno esprimere attraverso lo strumento referendario il loro no alle trivellazioni”. “Al Governo – ha inoltre sottolineato Minervini – non sono bastati il pronunciamento dei vari consigli regionali, tra cui quello pugliese, le tante manifestazioni degli ultimi mesi e le autorevoli prese di posizione di chi ha sottolineato che le trivellazioni sono uno straordinario errore”. Ma, per il capogruppo dei vendoliani alla Regione, “al di là del dato squisitamente tecnico non si potrà non tenere conto dell’implicazione politica”. Infatti, per Minervini: “ Sarà un referendum tra passato e futuro, tra energie fossili e rinnovabili, tra sviluppo tossico e sviluppo sostenibile. E sarà anche un referendum, quello vero, anche su Renzi e la sua politica neocentralista”, ribadendo: “Sono sicuro che ne vedremo delle belle”. Ed almeno su questo tema è certo che tra il neo governatore pugliese, Emiliano, e l’assessore alla Trasparenza dell’ex governatore Nichi Vendola, diversamente da altre tematiche, c’è un’assoluta coincidenza di vedute. Quindi, Il “bello” in Puglia tra il premier Renzi (Pd) e maggioranza di governo regionale di centrosinistra è tutto da venire.

Giuseppe Palella


Pubblicato il 20 Gennaio 2016

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