Cultura e Spettacoli

Valentino regista, chissà

E’ noto che a Castellaneta, città natale di Rodolfo Valentino, hanno eretto più di cinquant’anni fa una statua che non piace a tutti (siamo con questi) e che commemora il più celebre attore del cinema muto. Meno noto è che al grande artista pugliese è stato dedicato un museo allogato nel convento di Santa Chiara. Chi vi cercasse però epistolari, indumenti, ciocche di capelli o effetti personali resterebbe deluso. A parte qualche locandina, il letto adoperato da Valentino ragazzo e la fedele ricostruzione di un set de ‘Il figlio dello sceicco’, non c’è altro che possa eccitare il fanatismo (ma in un angolo attrezzato a piccolo studio fotografico il pubblico maschile può farsi ritrarre adorno delle riproduzioni degli abiti del Nostro). Il Museo Valentino è più che altro uno spazio commemorativo di significato concettuale. Da questo punto di vista  grande valore assume la stanza adorna di giganteschi fotogrammi  che ritraggono Valentino in primo piano o a mezzo busto, in posa ora da gabinetto fotografico, ora da fotogramma. Lo studio delle pose che lo vedono indifferentemente languido/raffinato oppure irresistibilmente seduttivo nei panni di cosacco, sceicco o gaucho inducono a riflettere. Poiché non avrebbe senso  aggiungere gocce ai fiumi d’inchiostro versati a proposito di chi e cosa abbia rappresentato questo mito del muto, proviamo invece a immaginare Valentino sopravvissuto all’attacco di peritonite e costretto a misurarsi col sonoro. In proposito i suoi detrattori non hanno mai avuto dubbi : La morte l’ha salvato consegnandolo alla leggenda poiché l’avvento del sonoro avrebbe spazzato via da Hollywood un divo incapace di andare oltre il ruolo del belloccio fatale, non potendo vantare l’intelligenza, la cultura e la geniale capacità di adattamento di un Chaplin (il quale invece aveva grande stima di Valentino). Ma Rodolfo Valentino non era un ignorante. Era un poeta di buona caratura, leggeva molto, amava i libri rari e durante uno dei suoi viaggi in Italia entrò in contatto con i maggiori rappresentanti della letteratura (D’Annunzio fu uno di questi). Intelligente com’era, avrebbe fiutato che rilanciarsi nella settima arte arricchita della grande novità del sonoro confermando lo stereotipo del latin-lover equivaleva a scadere nella caricatura di sé stesso. Probabilmente avrebbe abbandonato le scene per farvi ritorno più avanti, maturato come uomo e come interprete. Un ritorno da consumare in una veste nuova, magari quella del regista, anche a costo di spezzare il cuore di milioni di fans femminili. Un modo diverso e certamente più ‘vitale’ di consegnarsi al mito.

Italo Interesse


Pubblicato il 9 Settembre 2014

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