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Il Pd barese si spacca ed una parte significativa si schiera per Laforgia

In una lettera aperta ben 9 dirigenti locali e nazionali del partito invitano a sostenere il noto penalista. E Decaro spera ancora nell'abolizione del limite di mandato

Mentre a Roma la segretaria dei dem, Elly Schlein, ed il suo “braccio” pugliese e nazionale, il senatore Francesco Boccia, stanno tentando di trovare una via d’uscita al caos barese del centrosinistra per la scelta di un candidato sindaco unitario, il Pd locale si è spaccato e una parte significativa del partito nel capoluogo ha deciso di sostenere apertamente l’avvocato Michele Laforgia come candidato unico del campo largo dei progressisti. Questo è ciò che emerge da una lettera aperta firmata da nove dirigenti del Pd barese, tra i quali figurano anche la presidente dei democratici di Bari e componente della direzione nazionale, Titti De Simone,  un ex assessore comunale al Patrimonio e, poi, regionale ai Trasporti ed Infrastrutture, Giovanni Giannini, un ex presidente dell’Assemblea regionale pugliese, Mario Loizzo ed Antonella Morga, componente dell’assemblea cittadina e nazionale Pd, che hanno lanciato una serie di interrogativi con il conseguenziale invito  a non perdere ulteriore tempo ed a salvaguardare l’unità dell’alleanza progressista, sostenendo l’unico candidato sindaco già in campo, ossia Laforgia. “Se la sintesi unitaria – si legge nella lettera-appello – su un nome del Pd non ha avuto sbocchi perché non c’è accordo, per quali ragioni si propone un nome esterno, nello specifico quello di Vito Leccese ex capo di gabinetto del sindaco, piuttosto che convergere su quello già in campo dell’avvocato Michele Laforgia?” Per poi aggiungere un’altra specifica domanda: “Quali sono le ragioni?” e rilevare che tutto ciò “non si comprende”. Infatti, la candidatura di Laforgia, sostenuta da alcuni partiti (Sinistra italiana, Socialisti, Verdi ed Italia Viva) e movimenti di sinistra, una volta accolta la richiesta del M5S pugliese di non scegliere il prossimo candidato sindaco non è stata inspiegabilmente condivisa dai vertici del Pd pugliese.  Quindi, “senza la sintesi – si legge nella lettera – su un nome del Pd noi pensiamo che a questo punto il Partito democratico abbia innanzitutto il dovere di tenere unita la coalizione e di assumere il ruolo di federatore della coalizione, e per questo dovrebbe riunire subito il tavolo della coalizione invitando l’unico candidato in campo, ovvero l’avvocato Michele Laforgia, per un confronto politico che faccia fare un passo avanti alla coalizione nell’interesse della città. Ascoltiamoci, confrontiamoci e troviamo una intesa politica. Noi pensiamo che questa proposta goda del sostegno di una significativa parte di elettori del Pd e del centrosinistra e possa rappresentare bene comune, valori e principi, su cui lavorare per il futuro di Bari”. Per poi concludere: “La strada per uscire dall’impasse non può essere quella di altri nomi esterni imposti dall’alto (ndr – il riferimento è verosimilmente all’intesa di vertice Decaro-Emiliano, per tentare di far convergere il Pd ed i suoi “satelliti” su Leccese), ma quella dell’unità di tutta la coalizione che raccoglie tutte le forze politiche e sociali di opposizione alle destre. Questo è un appello aperto a chiunque”. Nella serata di ieri Laforgia, a margine di un incontro pubblico a Bari nella sede dell’associazione “La Giusta causa”, rispondendo alla domanda dei cronisti che gli chiedevano cosa ne pensasse della lettera citata, di alcuni dirigenti del Pd barese che hanno invitato il proprio partito a sostenere unitariamente la sua candidatura a sindaco, ha risposto: “Non credo che fosse un mistero per nessuno che dentro il Pd ci sono sensibilità diverse. Non c’è da parte mia nessuna ostilità nei confronti del Pd, anzi il Pd è parte integrante e sostanziale di qualsiasi ipotesi di governo e di coalizione progressista della città. Quindi, non sono io a dover essere convinto, io sono convinto” di poter essere il candidato anche del Pd. Intanto, la notizia che il governo Meloni, nell’ultima seduta di Consiglio dei ministri, ha approvato il decreto legge che ha esteso a tre i limiti di mandato per i sindaci dei Comuni con popolazione tra 5mila e 15mila abitanti, mentre per quelli fino a 5mila anime detto limite è stato eliminato totalmente, ha consentito al Primo cittadino uscente di Bari, nonché presidente dell’Anci, Antonio Decaro, di esclamare: “E’ un passo avanti molto importante!”. “A questo punto – ha rimarcato Decaro – diventa inevitabile andare fino in fondo, estendendo il numero dei mandati anche per i sindaci dei Comuni sopra ai 15 mila abitanti”. Infatti, il presidente barese dell’Associazione nazionale dei Comuni italiani, commentando la recente modifica alle norme elettorali per i Comuni inferiori a 15mila abitanti, ha affermato: “Finalmente viene data una risposta positiva alla richiesta che da anni viene da tutti i sindaci e si sana, almeno in parte, un vulnus democratico che abbiamo sempre giudicato gravissimo”. Per Decaro, “una volta chiarito che soltanto gli elettori devono avere il diritto di giudicare se i propri sindaci devono essere confermati o mandati a casa, una disparità di trattamento nei confronti di soli 730 Comuni più grandi, sul totale dei 7896 Comuni italiani, appare davvero incomprensibile, e probabilmente anticostituzionale”. Peccato, però, che il sindaco di Bari, Decaro, in scadenza del suo secondo mandato consecutivo e – come è noto – attualmente ineleggibile per un terzo, negli ultimi tempi stia chiedendo con assillante insistenza, a Governo e Parlamento, la modifica di una norma, quella del limite dei due mandati per l’appunto, che lo riguarderebbe direttamente, poiché –  se accolta – gli consentirebbe di potersi candidare per la terza volta a sindaco di Bari, per cui paventa una presunta incostituzionalità del limite dei 10 anni consecutivi per i sindaci dei grandi centri, ma poi nulla rileva sulla norma che prevede la rotazione ogni tre anni dei dirigenti amministrativi apicali delle Ripartizioni dei grandi Comuni. Una norma, quest’ultima, la cui “ratio” etica e giuridica è la stessa alla base del limite dei due mandati per i sindaci dei Comuni con più di 15mila abitanti. Ossia evitare che nella Pubblica Amministrazione si possano creare incrostazioni clientelari e di potere. Ma evidentemente la nota e vecchia affermazione “andreottiana” che “il potere logora chi non ce l’ha”, nel caso dei sindaci in scadenza di secondo mandato (come Decaro) che non possono ricandidarsi e, quindi, chiedono l’abolizione del limite, paventandone l’incostituzionalità in maniera avulsa da ogni altro principio ordinamentale e di democrazia sostanziale, andrebbe forse aggiornata ed integrata con il fatto che forse “il potere logora anche chi sta per perderlo”.

 

Giuseppe Palella


Pubblicato il 26 Gennaio 2024

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