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La Consulta “boccia” Emiliano: divieto di iscrizione ai partiti anche per i magistrati fuori ruolo

Sono infondate le eccezioni di incostituzionalità sollevate dai difensori del governatore pugliese, Michele Emiliano (Pd), nel procedimento in discussione dinanzi alla Sezione disciplinare del Csm (Consiglio superiore della magistratura) ed avviato a suo carico circa tre anni fa dalla Procura generale della Cassazione. Infatti, come è noto, Emiliano è finito sotto processo disciplinare davanti al Csm per aver violato il divieto per i magistrati di iscriversi a partiti politici previsto e previsto nell’articolo 3, comma 1, lettera h, del decreto legislativo 109/2006 di riforma del sistema disciplinare dei magistrati. La disposizione contenuta in detto articolo di legge era stata contestata dal collegio difensivo di Emiliano (Aldo Loiodice, Vincenzo Tondi della Mura, Isabella Loiodice) che avevano eccepito una probabile incostituzionalità della norma che vieta ai magistrati fuori ruolo, ossia in aspettativa, di iscriversi a partiti politici e di svolgere, quindi, attività di partito, assumendo eventualmente anche incarichi dirigenziali nell’ambito di dette formazioni politiche. Così come aveva fatto Emiliano dal 14 Ottobre del 2007, ossia da quando si era fatto eleggere segretario del Pd pugliese e, successivamente, assumendo anche altri incarichi di partito (componente della Direzione nazionale, presidente del Pd della Puglia, ecc.) fino ad assurgere a leader di una corrente interna al suo partito (Fronte democratico) ed a candidarsi alle primarie dello scorso anno per concorrere, insieme a Matteo Renzi e ad Andrea Orlando, alla carica di segretario nazionale del Pd. I membri della Commissione disciplinare del Csm, avendo ritenuto non manifestamente infondati i rilievi di incostituzionalità sollevati dal pool difensivo di Emiliano, avevano portato la questione dinanzi alla Corte Costituzionale, per le valutazioni del caso. Ora è giunto il verdetto della Consulta, che “ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale riguardanti l’illecito disciplinare che vieta l’iscrizione o la partecipazione sistematica e continuativa dei magistrati a partiti politici”. I dubbi di incostituzionalità sull’estensione del divieto a “far politica” anche per i magistrati fuori ruolo e che avevano indotto la Sezione disciplinare del Csm a chiedere alla Corte costituzionale di esprimersi sul caso, riguardavano la possibile violazione degli articoli 2, 3, 18, 49 e 98 della Costituzione. Però, così non è. La motivazione della sentenza, con cui la Corte delle leggi ha respinto le eccezioni di incostituzionalità opposte dai legali di Emiliano nel procedimento disciplinare che lo riguarda, sarà resa nota nelle prossime settimane. Per cui il collegio difensivo che rappresentava Emiliano davanti alla Corte Costituzionale, con una proprio comunicato, ha precisato che “la motivazione della sentenza sarà depositata nelle prossime settimane (ndr – come reso noto dall’Ufficio stampa della Corte), senza tuttavia specificare il tipo di sentenza di prossima adozione”. E, “dal comunicato – ha sottolineato la squadra di legali del governatore – non è dunque possibile dedurre contenuti e conseguenze processuali e sostanziali della sentenza, se da intendersi o meno come applicabile in senso lineare a tutti i magistrati collocati fuori ruolo per lo svolgimento di un mandato elettivo”. Però, quel che è certo è che il procedimento contro Emiliano apertosi dinanzi al Csm ora potrà continuare e, stante a quanto stabilito dalla Consulta, non è escluso che il governatore pugliese, in quanto magistrato in aspettativa iscritto ad un partito politico, possa andare incontro ad una sanzione disciplinare (verosimilmente un ammonimento), che lo costringerebbe a decidere se continuare a fare il leader di partito, dimettendosi però dall’Ordine giudiziario, oppure conservare la posizione di magistrato fuori ruolo e svolgere comunque da “indipendente” l’attività istituzionale di amministratore pubblico. In altri termini, Emiliano dovrebbe trovarsi di fronte al dilemma se lasciare la tessera del Pd e quindi il partito, per continuare a mantenere lo “status” di magistrato seppur fuori ruolo, limitandosi unicamente a ricoprire solo incarichi istituzionali, benché elettivi. Ed è assai probabile che quest’ultima ipotesi, alla fine, potrebbe forse essere quella preferita dal governatore pugliese. Infatti, in questo caso, Emiliano potrebbe ben ritenere che – come suole dirsi – “non tutti i mali vengono per nuocere” e, quindi, cogliere la palla al balzo per lasciare il Pd. Una decisone per lui sicuramente dolorosa, ma a questo punto necessaria per salvare “capre e cavoli”.

 

Giuseppe Palella


Pubblicato il 5 Luglio 2018

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